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Visualizzazione dei post da dicembre, 2017

MAIEUTICO

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Quante volte, parlando con una persona che pure stimiamo, non condividendo quello che lui dice, ci piacerebbe trovare un argomento che non serva soltanto a controbattere la sua tesi, ma che possa illuminarlo su un punto fondamentale del suo discorso, che secondo noi lo porta fuori dal vero, che a noi appare tanto evidente e a portata di mano, ma non riusciamo a farlo? Ebbene in quel momento, ci gioverebbe avere un potere speciale, maieutico, che cioè attiene all'arte della maieutica, che è la tecnica dell'ostetrica per aiutare la partoriente a mettere alla luce il suo bambino, con i suoi stessi mezzi. Per quanto elementare, questo concetto è uno dei pilastri della nostra cultura occidentale che ci viene da un uomo, Socrate, filosofo del quinto secolo a.c., non per niente figlio di una levatrice. Come la madre di Socrate aiutava le donne a partorire, egli, il filosofo, aiutava i giovani, attraverso un metodo di domande e risposte, a "partorire" idee, non già scodella

SARCASTICO

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Il sarcasmo è una figura retorica, che come l'ironia, la satira e la caricatura, si avvale come mezzo espressivo della categoria del comico e del ridicolo. Sua caratteristica principale è quella di essere pungente, anzi tagliente ed il suo intento, più che allo scherzo, si indirizza allo scherno. Più che una osservazione è un'invettiva e solitamente è diretta non verso ma contro una persona determinata, al più un gruppo, quasi mai alla generalità della specie umana. Ciò lo distingue dall'ironia che quasi sempre è bonaria, mentre esso è malevolo. E' una forma di aggressività che tende a colpire ciò a cui tiene di più chi ne è vittima, la dignità e a diminuirne l'autostima. Il sarcasmo è un attacco violento, a parole o mediante altri mezzi, tra i quali ricorrente è quello delle vignette pubblicate sui giornali, che ha un contenuto aspro e tagliente, tale da incidere sulla personalità del bersagliato. La parola viene dal greco 'sarkaghein', che significa

USCITA

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Mio figlio Giuseppe, ieri, ha postato sul blog, a corredo del post intitolato 'Tranciante', un quadro della madre, che raffigura una processione funebre diretta all'ingresso di un cimitero. A tutta prima sembra difficile trovare un collegamento, comunque non essenziale, tra le due cose, la fine della vita e quella che, con una evidente forzatura, chiamerei 'la fine di una civiltà' (sono conscio della ridicolaggine di tale espressione, dato il tenore dello scritto), di cui in certo qual modo si avvertono i sintomi nel post stesso, per via di certe mode non condivise dallo scrivente. Se proprio si vuole cercare di dare un senso all'accostamento, di un quadro con uno scritto, quando l'immagine non è fatta per illustrare il contenuto dello scritto, ma solo per suscitare sensazioni che possano ampliare il campo di osservazione, con un richiamo ad un ventaglio di ipotesi, o altro ancora, allora, in senso del tutto ideale, si può pensare ad un collegamento tra

TRANCIANTE

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Scusate se mi ripeto; combatto da molto tempo contro l'involgarimento del nostro modo di parlare e di relazionarci, che si è verificato con quello che ho chiamato lo sdoganamento del turpiloquio col beneplacito dei mezzi di comunicazione che hanno influito su questo processo in maniera determinante. Foto nello stile di Giacomelli - 2016 E' bene poter disporre di strumenti adatti per l'esatta interpretazione dei testi scritti: è l'antica arte  dell'ermeneutica che ci aiuta anche a dare giudizi di valore, oltre che di autenticità di quanto esattamente intendiamo. Ora debbo dire che l'odierna ermeneutica si avvale di soluzioni pratiche, efficientissime, nella loro estrema sintesi, con l'uso di volgarismi ormai facenti parte del nostro eloquio quotidiano, al punto che nessuno se ne meraviglia più ed anzi molti ritengono che sia giocoforza farne uso per essere ascoltati: frasi come "questo libro è cazzuto", "questa è letteratura coi contr

ANALISI

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Ecco, direte, questo oggi si è svegliato con la vena dell'insegnante e vuole impartirci una bella lezioncina di analisi logica e grammaticale, sintattica e del periodo, che dio ne scampi. Tranquilli, non si tratta né di questo, né di tutte le altre innumerevoli occasioni in cui si usa la parola "analisi" in una quantità di contesti e contenuti veramente notevole. Nemmeno, pensate, di quella particolare analisi che fanno gli strizzacervelli, scomponendo i vari elementi che costituiscono le emozioni e i traumi profondi, per restituire a chi ne ha bisogno, la serenità attraverso la luce fatta sugli intricati incastri della psiche che arrecano disagi a volte insopportabili. Già sento i primi commenti: intanto "sto furbacchione ci ha già detto che l'analisi consiste in una scomposizione; ora verrà ad aggiungere che la parola deriva dal greco analusis , un derivato di analuo , scompongo , donde il nostro moderno uso di scomporre tutte le cose, per vedere come so

ANCORA NATALE

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Uffa, è già Natale. Non amo il Natale. Natale nonostante tutto. Natale svuotato di ogni contenuto spirituale. Natale la festa del consumismo e dell'ipocrisia capitalistica. Va di moda parlare male del Natale. Non tutte le stesse sono di Natale Secondo me c'è molto conformismo in questo atteggiamento artatamente anticonformistico. E' un atteggiamento da snob che si crede all'avanguardia di un pensiero dissacrante e invece ripete solo formule come luoghi comuni. Certo ci infastidisce vedere i preparativi natalizi, nei negozi e nelle vie cittadine, con un anticipo che non è più di giorni, rispetto alla data della ricorrenza, ma di mesi ; pensare a Natale, quando siamo ai primi giorni di Novembre, ci sembra proprio fuori luogo e scambiamo l'avversione che proviamo per questa violenza che ci viene fatta, per disamore verso il Natale in sé. Non sto a ripetere la tiritera dell'elogio del natale, dei buoni sentimenti, della magia del Presepe e della incursione

STELLA COMETA

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Giunti che furono di fronte a quel mare dall'onda scura e spessa come olio, che si parava davanti a loro, i tre arrestarono i cammelli che battevano gli zoccoli , girando in circolo sul terreno sabbioso e ristettero in una nube di polvere che poco alla volta si diradò. Sulla sponda, né una barca, né un pontile, ma solo acqua limacciosa che si estendeva lungo l'orizzonte da nord a sud, ininterrottamente. Impossibile andare avanti. "Siamo ormai vicini", disse il primo rivolto agli altri due che erano rimasti un po' discosti: "conviene che ci accampiamo qui per questa notte. Domattina troveremo un modo per attraversarlo. Il Mare sembra poco profondo, e all'apparenza, Morto, ci saranno pescatori nei dintorni, altrimenti dovremo aggirarlo, nel qual caso dobbiamo informarci per sapere se conviene passare da nord o da sud, per andare a Gerusalemme. Poi decideremo il da farsi". "Guarda", disse il secondo, "la stella si è già accesa e

MASCHERA

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Ecco un termine col quale abbiamo a che fare molto spesso. Non che sia sempre Carnevale; la maschera è quella che portiamo sempre, dentro e fuori di casa. E' l'atteggiamento che ci diamo di fronte ad ogni situazione, la faccia che facciamo, l'espressione che assumiamo per dissimulare le nostre emozioni o per simulare sensazioni che non proviamo o per emulare quelle di altri. La maschera, quella cosa che ci copre il volto quando non vogliamo farci riconoscere, ha un'origine che si perde nella notte dei tempi. Ha a che fare con le streghe e gli stregoni, può assumere connotati spaventosi, di orchi che si nutrono della carne dei bambini, oppure grotteschi, paradossali, tali da solleticare il gusto macabro di alcuni, tra sghignazzi e brividi di paura. Dal latino medioevale ci viene 'masca', che vuol dire strega; e nel tedesco antico 'masc' era lo stregone che evocava fantasmi. Dall'arabo, alcuni dicono importata in Europa al tempo dei crociati,

NOMOFILACHIA

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Lucio mi ha proposto di inserire 'nomofilachia' fra gli argomenti d'interesse delle mie estemporanee esternazioni sul questo blog. Ringrazio mio cognato per la considerazione che mi dimostra e, premesso che è la prima volta che sento questo termine, del quale quindi non so niente, posso solo dire che, dopo aver accertato che la parola è di uso esclusivamente tecnico nel campo del diritto, dichiaro di non avere alcuna competenza a parlare di essa. Tuttavia, per non deludere del tutto le sue attese ed allo scopo di incoraggiare chiunque altro avesse intenzione eventualmente di suggerire temi e argomenti che possano risultare interessanti per qualche motivo, alla comunità del gruppo (posto che ci sia), azzardo anche in questo caso una mia interpretazione del concetto di nomofilachia, basata solo su una definizione trovata su internet, senza alcun approfondimento (che mi porterebbe molto lontano - ai miei anni giovanili in cui studiavo giurisprudenza e, detto tra noi, non s

LETTERATURA (Quel che resta della)

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Un dubbio mi rodeva da tempo: esisterà una letteratura con i controcazzi? Finalmente è intervento un distinto signore sul blog di un circolo culturale, il quale volendo promuovere e proporre agli iscritti non so quale libro da lui letto, afferma, aulicamente e senza esitazione di sorta, che con quello, siamo, eccome, di fronte ad una 'letteratura con i controcazzi'. Ecco dunque trovata la prova che cercavo, della sua sicura esistenza. Siamo quindi certi che, d'ora in avanti, per giudicare un libro, bisognerà vedere se esso è degno di rientrare in quella parte delle letteratura, la più alta, che si qualifica 'con i controcazzi', risultando doveroso bocciare o stroncare qualunque altro scritto che non possa vantare simili genitali. Seriosi critici letterari, non affannativi più a scrivere recensioni, articoli o addirittura saggi (saggi, poi! Al giorno d'oggi, non se ne vedono!), chiunque potrà postare il succo delle proprie gonadi, sui vari net-work e nei grup

CANTICO DEI CANTICI

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"Il tuo grembo è come un tondo calice che sempre trabocca di bevanda. Il tuo corpo è un mucchio di frumento ornato da rose. I tuoi due seni sono come due cerbiatti gemelli. Il tuo collo somiglia ad una torre d’avorio. I tuoi occhi ricordano gli stagni ..." La descrizione continua con altri particolari, e mantiene il tasso di passionalità che si rileva in questi versi, per tutta la composizione, formando un testo di ammirevole modernità, in cui l'amore è il sublime dono di un Dio e la capacità di rappresentarlo, una facoltà umana che ha del divino. Siamo nel bel mezzo del libro che da oltre tremila anni ha costituito la base della nostra identità culturale, il Libro del Libri che narra delle nostre origini, chi siamo e da dove veniamo, fondato sul rapporto intimo tra un popolo e il suo Dio, con il quale quel popolo ha stretto un patto di alleanza, tradito e rinnovato, destinato a durare nei secoli. Indipendentemente dal fatto di essere credenti o meno, parlo di Dio

SOLSTIZIO

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'Sol stat', il sole si ferma, oggi alle 11,28, per lasciar passare il sig. Inverno che entra a prendere possesso del Meteo per il periodo di sua competenza. Senza fare sconti, come si vede già dalle premesse, considerando la temperatura tutt'altro che mite di questi ultimi giorni. Si ferma nella sua corsa pazza verso la notte. Oggi infatti sarà il giorno con il minor numero di ore di illuminazione solare e quindi quello in cui la notte è più lunga ed il giorno più corto. E' un vero e proprio 'stop', una frenata nemmeno tanto morbida, che procura u n improvviso rallentamento, appena una 'hesitation', giusto per ingranare la retromarcia e poi, via verso la riconquista della luce, un passetto alla volta, fino all'equinozio prossimo venturo che avverrà in primavera e lo scatenamento verso l'altro estremo, il giorno più lungo e la notte più breve che si ha d'estate, quando il sole dardeggia la terra al di sopra dell'equatore con giornate

CINCISCHIARE

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Chi usa con compiacimento questa parola in un senso che poi dirò, forse ignora, come me fino a poco tempo fa, il significato originario del termine, che è piuttosto sorprendente, come d'altro canto la parola stessa, abbastanza inusuale e buffa. Cincischiare, dall'etimo incerto, significava tagliuzzare, per esempio una stoffa, incidere un legno, rovinandolo, tagliare male un capo di vestiario, ecc., dopo di che, per estensione, prese anche il significato di sgualcire, es. un lenzuolo,un fazzoletto, pieghettare una gonna, un pantalone, una camicia, in genere, maneggiare senza cura o maldestramente, rovinando o sciupando quello che si prende in mano. Fotografo nell'atto di cincijskyare (G.S. Aielli, 2014) In tutte queste forme, però, era già insito un concetto di cosa fatta male per trascuratezza, da parte di chi di malavoglia e girandoci intorno indolentemente, perde tempo in operazioni inutili se non addirittura dannose. Perso quasi del tutto il significato origin

CARABATTOLA

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Perché dire di 'carabattola', dopo aver già troppo parlato di 'bagattella'? Ci siamo forse dimenticati di altri sinonimi che parlano di cose di così poco conto? O è il piacere di inseguire, di andare a trovare, tra le parole che indicano minuzie di cui nessuno si interesserebbe , un filo conduttore che parte proprio da ciò che non ha più valore? Le cose derelitte, vecchi oggetti d'affezione, brandelli di vita estinta, rappresi sotto grovigli di ragnatele, come rovistando in una soffitta alla ricerca di qualcosa che possa ricordarci emozioni sepolte nella polvere. Carabattole davvero inutili (G.S.Aielli, 2012) Basta con i sentimentalismi e torniamo alle cose serie. O allegre, che sono pur esse molto serie. Sulla scia di quel grande uomo che fu il sedicente principe Antonio De Curtis, in arte Totò, si potrebbe dire che 'carabattola' è “una bazzecola, quisquiglia, pinzellacchera”, tutti termini (l'ultimo inventato da Totò, ma entrato nell'uso comu

VIGILIA

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La vigilia è la veglia, lo stare svegli in attesa di qualcosa. E' anche lo stato di veglia contrapposto a quello di sonno. La vita in chiaro, che si svolge normalmente di giorno, rispetto a quella criptata, onirica che viviamo di notte. “La piccola vigilia dei nostri sensi” dice Dante a proposito di Ulisse che arringa gli uomini che compongono l'equipaggio del suo ultimo viaggio per mare in cerca dell'ignoto, per dire del poco tempo che restava loro di questa vita terrena, dato che erano tutti veterani che erano stati con lui in mille avventure ed ora non si potevano tirare indietro davanti a quest'ultima, quella suprema della conoscenza a costo della vita. La vita è una vigilia. Il momento che stiamo vivendo e che chiamiamo presente, è una vigilia rispetto a quello che verrà; ogni momento che precede il successivo. Noi viviamo in attesa dell'evento. L'Evento è quello millenario della nascita di Gesù, fissata ad una data convenzionale, alla quale tutto il mo

VANAGLORIA

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Dicono che la parola 'vanagloria', sia poco usata per quanto sia invece molto diffuso il vizio che essa intende denunciare. Infatti la parola è molto aperta, di significato così palese da non richiedere alcuna spiegazione e ciò ne scoraggerebbe l'uso, tanto più che, per converso, si potrebbe verificare che chi volesse utilizzarla, spesso ne sarebbe lui stesso portatore. Non necessita di ricerche circa la sua origine per coglierne l'intima essenza, eppure non è un neologismo, risultando dalla combinazione di una locuzione latina che la ripete pari pari (la combinazione ripete la locuzione e non viceversa, ovvio), senza neanche un poco di fantasia, ma comunque risale a tempo immemorabile. La locuzione è appunto 'vana gloria', che vuol dire e non potrebbe essere diversamente, gloria vuota, inesistente. Ora, per quanto possa essere odioso il vanaglorioso, sembra che un poco di questo difetto sia insito in ognuno di noi e questo spiegherebbe la ritrosia a far

REMORA

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La remora è un pesce. Un pesce parassita che si attacca con una ventosa ad altri pesci, o allo scafo di un'imbarcazione, lasciandosi trasportare, riuscendo così in qualche modo d'impaccio al suo trasportatore. L'idea del pesce parassita rende bene il senso di quello che la remora effettivamente è: una riserva di tipo morale o ideale, che si attacca al pensiero di una persona, impedendogli di portare a termine una sua azione programmata. La remora è un impedimento, un ostacolo, un freno all'azione. Vorrei fare un viaggio intorno al mondo, ma ho la remora di non dare fondo ai miei pochi risparmi, o di non lasciare soli i miei figli, ecc. La parola è composta da 're' e da 'mora', che è una sospensione, un lasso di tempo che intercorre tra due momenti, quello in cui si prende una decisione e quello in cui la si mette in atto. In campo giudiziario si dice ad esempio, 'nelle more dell'istruttoria', per significare il periodo di tempo che sep

DESTINAZIONE LIBRO

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Tra statistiche e fanatismi, quanto sono fichi questi emarginati del 7%; solo loro, chiusi in una torre d'avorio foderata di libri, contro un mondo di non lettori, insensibili alle loro pene, che mangiano, bevono, defecano ecc. e loro là, sulle sudate carte a reggere le sorti del mondo. Ne varrà la pena? Per un mondo così? Chi potrà mai ripagarli di essersi sacrificati con così poco sugo, a mantenere alta la fiaccola del sapere da tramandare con la parola scritta, quando gli altri pensano soltanto alle cose materiali? Beatevi della vostra "accesa solitudine", e, sapete che vi dico, giacché ci siete, chiudete tutte le porte di quella torre, chè nessuno venga con pretese assurde a disturbarvi fingendosi lettore di francobolli. Fotografia dello schermo Premesso che ogni statistica in questo campo può risultare menzognera, in quanto non ritengo che gli intervistati siano tutti e sempre sinceri (gli exit-pol sono quanto mai inaffidabili); sono convinto che molti che l

PROSPERO

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Sul mare luccica l'astro d'argento, Placido è il mare prospero il vento. (dalla canzone: “Santa Lucia”, di T. Cottrau, anno 1850). a Leonardo La nozione di 'prospero' è nel vento, il vento favorevole che soffia e spinge la nave; deriva da 'pro' ,'avanti' e 'sperus', da spirare, soffiare. Ma è anche nella speranza (dal latino 'pro', 'conforme a' e 'speres', voce antica di 'spes', speranza, che vuol dire 'conforme alla speranza'). O se si fa derivare dal greco 'prospheres', 'che apporta', composto da 'pros' 'presso' e pheres' da 'pherein' ,'portare', latino 'fero-ferre, assume il significato complessivo di 'portare un felice augurio'. Comunque la si metta, la prosperità è sinonimo di felicità, agiatezza, buoni auspici. Prosperare significa stare bene e crescere. Con buona volontà e spirito d'intrapresa. Non è un adagiarsi, è un dars

REPROBO

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Non si pensi che io insegua certi vocaboli di gusto ecclesiastico per una mia simpatia con quel linguaggio ridondante di tipo censorio e accusatorio. Tutt'altro: mi piace notare come anche nel linguaggio, i caratteri di un'epoca durata circa due millenni, con molte traversie e con una influenza via via scemante, si sia imposta una cultura di fondo che ha improntato di sé la vita delle nazioni occidentali, l'Italia in primis, per il privilegio di ospitare la Sede mondiale della religione cristiana. La parola 'reprobo', è una tipica espressione di questa condizione. Viene dal latino tardo ed ecclesiastico, formato dalla particella 're', che indica una notazione 'contro' e dall'aggettivo 'probus', che vuol dire 'buono'. Quindi il reprobo è il contrario di un uomo buono, e pertanto un cattivo per eccellenza. Tanto cattivo da meritare la condanna divina. Ecco l'aggancio con il giudizio morale, che apre le porte dell'Inferno

SMARGIASSO

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Lo smargiasso è innanzitutto antipatico. Un pallone gonfiato. Nonpertanto, uno dei tanti sinonimi che si trovano per descrivere questo personaggio singolare ed ingombrante è proprio, nella versione più benevola e quasi scherzosa (come se si potesse scherzare con uno smargiasso!), "pallonaro", che come tutti sanno, è un termine ironico per prendere in giro uno che si vanta di cose incredibili, come bolle d' aria, che presto si sgonfiano.                                                                                                   L'etimo della parola è incerto e non soccorre nel cercare di darne una definizione esatta. E' come se, di fronte ad uno smargiasso, chi si trova a doverlo fronteggiare, o solo sopportare, gli girasse intorno, ad una certa distanza, osservandolo con sospettoso interesse, per scoprirne l'intima consistenza e valutarlo per il suo giusto valore. Nel fare ciò, molte parole gli vengono in mente, nessuna che copra per intero i diversi

AGNOSTICO

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Il problema della esistenza di Dio o di un Dio o Essere Superiore che governa il mondo (1) è il 'busillis' (2) che ha ossessionato l'uomo fin dai tempi più antichi, tanto che. tra chi crede e chi non crede, o crede a metà, la partita è ancora aperta. Mentre è chiara la posizione di chi ha fatto una scelta e crede, o al contrario si è convinto della assoluta inesistenza di un dio, meno decifrabile e più articolata è quella di chi non ha fatto nessuna scelta, pur essendosi posto il dilemma, oppure è del tutto indifferente al problema e non si è mai preoccupato di risolverlo. In questo 'mare magnum' dell'indecisione o dell'indifferenza, si trovano un'infinità di posizioni che vanno con molte sfumature da quelli che sono rosi dal dubbio e possono essere, come ha detto il card. Martini, atei che vogliono credere o credenti che si sforzano di non credere, a quelli che sostengono che razionalmente non si riesce a dimostrare né l'esistenza di Dio, né la

ABIURA

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L'abiura, da 'ab' = da, e 'iurare' = giurare, è un atto solenne, pubblico, con il quale si dichiara di abbandonare e sconfessare una precedente credenza o fede. Detta così sembra una cosa innocua. Non nel rinnegare, cosa piuttosto difficile ed anche sconveniente perché il passato fa parte della nostra storia ed è inutile rinnegarlo, ma che acquista un grande valore quando consiste nel riconoscere e confessare di aver sbagliato. Se l'errore era in buona fede, non v'è ragione di rinnegare una precedente convinzione. Tutti possono sbagliare e solo chi è mentalmente libero, può serenamente ammettere di essere caduto in errore. Per questo non vedo la necessità, per esempio, di quell'atto dimostrativo, che per alcuni è indispensabile, come per mondarsi da qualcosa di infamante, che è il c.d. 'sbattezzo'. Io posso dichiarare di non avere più una fede, ma non mi sento di rinnegare quella dei miei genitori che, mettendomi al mondo, me l'hanno impost

BIZZARRO

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Per chi è solito guardare dall'esterno, forte della sua conformità al modo di essere e di apparire dei più, bizzarro è tutto ciò che da questo 'essere normale' si allontana. Bizzarro può essere, nella forma più soft, l'originale, che si distingue dal gruppo, per qualche particolarità. Che si mette in mostra per la stranezza di certi atteggiamenti, il modo di vestire, il parlare, esprimendo concetti non condivisi da tutti. Ma bizzarro soprattutto è lo stravagante, colui dal quale ti puoi attendere una reazione inconsulta, imprevedibile, anche irata. L'etimo della parola è incerto; sembra comunque che derivi dal tedesco 'bizzan', che vuol dire 'mordere', ma anche 'pungere', donde deriva 'puntiglio', 'puntiglioso' che è una delle particolarità del carattere bizzarro. E' facile collegare bizzarro a 'bizza', che vuol dire capriccio, come è quello dei bambini che si adombrano talvolta senza un motivo preciso.

SFARFALLEGGIARE

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C'è questo termine che da ieri mi ronza in testa e non sapevo se era effettivamente esistente o da me inventato, 'sfarfalleggiare', che ho appurato dopo, esiste eccome e reclama pari dignità di tanti altri. Dal mio sommario accertamento, in verità, è risultato un unico esempio dell'utilizzo di questa parola in letteratura e risale a Luigi Capuana, ma la cosa non deve farci arretrare perché sento che la parola è viva, anche se poco usata ed ha un senso ben preciso. Sfarfalleggiare, o sfarfallare, (*) viene da 'farfalla', il nome comune dell'insetto appartenente alla categoria dei lepidotteri, che per la sua singolarità di subire in natura continue metamorfosi nel corso della sua breve esistenza, da bruco ad essere alato, leggero e bello da vedersi, ha rappresentato fin dai tempi più antichi, una serie di significati allegorici di ogni tipo, fino ad essere considerato l'elemento spirituale della persona umana che alla morte del corpo, vola al cielo.