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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

DELLO SCRIVERE

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Avrete notato che scrivendo, non curo che le quattro sciocchezze che vado dicendo corrispondano a precisi canoni storici, scientifici e quanto meno letterari, essendo io interessato non alla precisione in genere, ma ai concetti, al significato, partendo dall’approssimativo e scavando, chissà forse qualcosa ne uscirà. Delle cose mi picco – sì, per una volta mi posso piccare, me lo consentite? – di trovare il lato recondito, il particolare nascosto, quello che è sotto l’apparenza e, soprattutto, della ricostruzione di un percorso evolutivo, quello che più mi intriga sono gli snodi, i bivi (una cosa ha preso una strada e non un’altra, perché?). Women and feminism, Enrico Pasquali, late 1960s from silver bromide gelatin/film 24x36 mm (Fondo Enrico Pasquali - Cineteca di Bologna) Gran compito quello di dare nome alle cose. Al posto di Adamo mi sarei sentito perso a dover nominare tutto, cose, animali, fenomeni e accadimenti (nel Paradiso terrestre ce n’erano? Non lo so). Ma certo c

PECULIARE 2

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In principio tutto era del padre. Si chiamava “patrimonium” formato da “patris” e “munus” che significava “compito e diritto del padre”, diritto di proprietà esclusiva e compito di amministrare in favore della famiglia. In corrispondenza del potere del padre, di esercitare la funzione a lui attribuita, c’era il potere della madre che si riassumeva nel “matrimonium”, formato a sua volta da ”matris” e “munus”, che riguardava l’ambito della procreazione e dell’educazione dei figli. Dunque il padre era padrone di tutto. Egli però, bontà sua, poteva costituire un fondo, un gruzzoletto, il così detto “peculium”, che consisteva nell’attribuzione ai figli di un potere limitato su determinati beni facenti parte del patrimonio, che comprendeva il possesso e l’amministrazione, ma non la proprietà, dei beni stessi. http://www.bikersincresta.com/la-pecora-sopravissana/ Nella economia familiare di tipo originario, il patrimonio di famiglia era costituito soprattutto dalla proprietà di animali

CAVALCARE LA TIGRE

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Mi addentro in un argomento che può essere facilmente frainteso. “Cavalcare la tigre” è un modo di dire, di origine orientale, cinese; sembra che anche Mao (non Di Maio!) vi abbia fatto ricorso ai tempi della “Grande Marcia”. Il suo significato, un po’ contorto, “in nuce” non è poi tanto difficile da capire: se sei in groppa ad una tigre (ma c’è da chiedersi perché ti sei messo in una così scomoda posizione), sei nella impossibilità di scendere, perché la tigre ti si mangerebbe. Questo anche quando sai che la corsa in groppa alla tigre non finirà bene. Fuor di metafora, se ti metti in una situazione che ti espone a pericoli, una volta dentro, anche se ti accorgi di avere sbagliato sei costretto, contro la tua volontà, ad andare avanti (“non arretreremo di un centimetro”) temendo che comunque finirà male, ma sapendo che a smettere andrebbe anche peggio. Vigili del fuoco ad una esibizione di aeronautica (Ferrara, 2014) “Cavalcare la tigre” è il titolo di un libro che è stato un m

STRAVAGANTE

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Ho letto una lunga dissertazione sullo “stravagare”, inteso come il passeggiare al di fuori dei sentieri comuni, dove era evidente la ricerca di una pietra filosofale, per costruire un castello di parole a sostegno di una passione per il paesaggio, per la libertà, per la valorizzazione di qualsiasi posto con l’apporto di quel tanto che ci dobbiamo mettere noi, con la nostra fantasia ed il nostro estro. Leo, 2014 Ma vi siete accorti che ogni cosa che noi diciamo facciamo in realtà è una metafora di qualcosa che è sempre presente e che pure ci sfugge, che ogni cosa anche la più semplice può essere il veicolo di altri intendimenti, che la nostra continua insoddisfazione deriva proprio da questo fenomeno, per cui ci sentiamo proiettati verso un destino che non conosciamo ed allora adombriamo con le parole con il pensiero, ogni cosa che ci circonda di un senso che va oltre il normale modo di sentire? L’autunno è metafora della vita che è giunta ad un punto in cui le foglie (le illu

STRAVAGANDO

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Non mi sembra di aver reso sufficiente giustizia ieri alla parola “babbeo”, in quanto mi sono soffermato su aspetti marginali del tipo di uomo che chiamiamo così. Oggi mi accorgo che babbeo è anche e forse soprattutto colui che da adulto, è rimasto bambino, con la bava alla bocca. Molto poco simpatico rispetto a quanto affermato ieri. Pur senza volermi addentrare come promesso nella galassia degli svariati modi di chiamare il debole di mente, vorrei dire qualcosa a proposito del termine “cretino”, citato nel novero, al quale vale la pena dare un risalto a parte per la sua contrastata origine. Inaspettatamente “cretino” viene dal francese "chrétien" che significava “cristiano”. E’ successo che nei tempi remoti, in alcune valli della Alpi vivevano popolazioni che a causa di un’alimentazione non adeguata, avevano un fisico deforme ed un tasso di intelligenza al di sotto della media, i cui componenti venivano definiti “cretin”, così come noi oggi diciamo “poveri cris

BABBEO

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Non si finirà mai di elencare i modi di nominare quella particolare condizione di una persona non proprio in linea col il sentire comune, che noi chiamiamo lo sciocco, per quanti vocaboli esistono per identificare questo soggetto, nei confronti del quale la nostra lingua ha profuso il massimo della sua potenzialità ed ora non voglio addentrarmi in questa galassia, se non per dire qualcosa a proposito di alcuni termini particolarmente coloriti, che denotano un certo tipo di insufficienza dal punto di vista dell’intelligenza. Leo (Croazia, 2014) Tra imbecille, idiota, scemo, cretino e chissà quanti altri, ho scelto “babbeo”, perché da un lato ha una connotazione di dabbenaggine, più che di vera idiozia, dall’altro può essere usato anche bonariamente, senza volontà di offendere, per descrivere un tipo di credulone bonaccione, propenso all’ottimismo, che passa con superficialità su difetti e manchevolezze commesse da altri, pensando anzi di poter fare altrettanto senza danno. In ef

SGORBIO

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Se la Bic fosse stata inventata prima della penna d’oca, la parola “sgorbio” non esisterebbe. Infatti “sgorbio” viene dal latino volgare “scorpus” che significa “scorpione” e veniva usata fin dai tempi più antichi per indicare la macchia che gli scolari pasticcioni facevano sul quaderno, al tempo in cui i banchi della scuola erano dotati di calamai per intingere le penne, lasciando cadere inavvertitamente una goccia di inchiostro sulla pagina bianca, che formava una figura nera a forma di scorpione. (Gli scolari più malaccorti, poi, cercavano di cancellare la macchia con la manica del grembiule, con effetti ancor più disastrosi, al punto che l’unico rimedio era strappare il foglio prima che la maestra se ne accorgesse). Ernest, di A. Kertesz (1931) Lo stesso è stato per “scarabocchio”, termine simpaticissimo, derivato dal latino “scarabeus”, di poco più bello dello scorpione, di certo meno pericoloso, che ha dato la scaturigine al vocabolo che doveva rappresentare un segnaccio

PER L'ERTO CALLE

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Per l’erto calle, che à la Gloria guida, Già dal lungo salir, son fatto stanco, Né speme più di giunger là m’affida; Tal che mi arresto, e dò riposo al fianco. -- Chiunque cade vittima volontaria dell’idolo del piacere, trovasi ben tosto in ricompensa della sua follia, condannato alla dura e malefica fatica di Sisifo infelice, che con grandissimi sforzi l’immensa pietra della concupiscenza, per l’erto calle d’un monte altissimo conduce. L’erto calle di cui ai due esempi sopra riportati, conduce o alla gloria o alla perdizione. Cos’è l’erto calle? E’ un cammino impervio, una strada stretta, un sentiero che si arrampica su per una salita irta di difficoltà. Sisifo spinge il masso (VI secolo a.C.), dal santuario di Hera al Sele, presso il Museo archeologico nazionale di Paestum (fotografo sconosciuto) Erto, sostantivo, è la salita; messo insieme a calle, in funzione di aggettivo, siccome calle è la strada, significa “strada in salita”. Il “duro calle” di Dante era rela

COMPAGNO

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Il magico potere della parola, di concentrare in poche sillabe un’infinità di concetti, di sensi, individuando sempre alla radice l’indirizzo principale, più vero, che viene da lontano a volte da secoli di esperienze, si riscontra in pieno nella parola “compagno”, una delle più abusate, ma anche una delle più pregnanti e soddisfacenti. “Compagno” oggi si usa nelle più svariate occasioni, con un ventaglio di significati specifici, tutti riconducibili al nocciolo di verità contenuto in un concetto, che “compagno” è colui con il quale si mangia, si condivide, il pane. “Cum panis” è la formula illuminante: con, (nel senso di insieme a) colui col quale si divide il pane . Giorno del pane (Torre di Mezzana, 2017) Cosa più del pane condiviso può rendere il senso di fratellanza, di comunanza, di fare uno stesso percorso insieme, di avere uno stesso destino? Detto da solo, significa “compagno di scuola”, ma accompagnato da un complemento di specificazione, oppure adottato in certi amb

RUGIADA

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Da allora non aveva scritto più neanche una riga. Da quando aveva sentito, dalla voce dell’oncologo, il risultato infausto dell’esame istologico fatto sul campione di tessuto prelevato dalla sua prostata in occasione dell’intervento al quale era stato sottoposto il mese prima. "Sig. Mario", aveva detto il chirurgo, "purtroppo l’esito dell’esame è positivo e noi dobbiamo procedere ad un intervento radicale per evitare l’insorgere di metastasi che la porterebbero rapidamente alla fine. Con l’intervento invece lei ha buone probabilità di sopravvivere a lungo, con un buon tenore di vita". Ecovillaggio Torre di Mezzana (Prato) - 2017 Erano passati due anni dal secondo intervento, trascinati faticosamente fra terapie, nuovi accertamenti, visite di controllo e soprattutto difficoltà di adattarsi alla nuova condizione, con esercizi di riabilitazione e tentativi di riacquisire le normali funzionalità del suo corpo. L’intervento “radicale” aveva comportato un indebo

SGARBERIE

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Vittorio Sgarbi è senza dubbio personaggio di rilievo nel paesaggio culturale italiano e probabilmente mondiale. E’ molto fotogenico, estroso, esuberante e per questo viene chiamato in continuazione a partecipare ai vari talk shows presentati in TV, in cui fa sempre la parte del protagonista chiamato a disquisire su tutto, arte, società, attualità, compresa la politica, essendosi egli cimentato anche in questo campo con risultati secondo me non esaltanti. Non sono in grado di giudicare l’effettivo valore dell’uomo come critico d’arte e promotore di eventi artistici e culturali, né tantomeno dei suoi libri sull’arte che occupano un notevole spazio nelle vetrine delle librerie. Ma è indubbio che riscuota un grande successo di pubblico. Nonostante nel passato qualcuno abbia detto di trovare in me una certa rassomiglianza fisica con la sua persona, cosa che a me non sembra affatto vera, né mi farebbe piacere se lo fosse, debbo dire che il personaggio non mi è affatto simpatico, e per le

ATTENTI A QUEI DUE

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Ma si renderanno conto tutti quelli che hanno votato per la “Lega Nord” di Salvini, per l’occasione rinominata “Lega” soltanto, per attirare gli elettori del centro sud, che in buon numero hanno abboccato e il M5S di Di Maio di cosa hanno fatto, mandando quei due al potere in Italia? I due Vice Presidenti del Consiglio, che fanno da guardiani del Presidente, per la prima volta in Italia, in veste di “moderatore” dei due Vice, anziché di guida, sono i capi di due forze politiche contrastanti che, per bramosia di potere, si sono alleate in un abbraccio mortale facendosi ampie concessioni reciproche pur di realizzare il loro scopo, che al momento non è ancora ben chiaro. Mappatura del rischio sismico in Europa (Progetto SHARE, 2017) Entrambe populiste, (la prima dichiaratamente xenofoba, di estrema destra e antieuropeista, la seconda composta da varie fazioni di destra e di sinistra, anch’essa, nell’animo più volte dichiaratasi contraria alla moneta unica e all’Unione Europea), han

L'INFINITO

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Cosa è secondo voi l’infinito? Un concetto astratto, una mera invenzione? Infinito può essere l’incommensurato o meglio l’incommensurabile. Collegato all’idea di grande, grandissimo, da non potersi contenere, nemmeno in una idea, che come si sa, non ha limiti e si può espandere a volontà. Ma infinito è non solo il grande, ma anche il piccolo: infinitamente grande e infinitamente piccolo. Come Macrocosmo e microcosmo. Con lo scambio di una sola vocale, due mondi completamente diversi. Il micro è contenuto nel macro, ma ha un infinito tutto suo. Una entità senza confini. L’infinito è nello spazio ciò che l’eternità è nel tempo. Hanno entrambi la caratteristica dell’indeterminatezza. Sono tutt’e due concetti difficili da comprendere, sebbene tutti ne abbiamo o pensiamo di averne una cognizione che ci viene dall’istinto o dall’intuito. Intuitivamente ce ne siamo fatti un’idea, ma quanto a parlarne, non sappiamo come definirli. Sappiamo che l’eterno è immobile; c’è un tempo che scorre

ATTOCCARE - ARRAFFARE

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“A chi tocca tocca” recita un assioma popolare caro ai fatalisti, che lo usano per fare riferimento alla sorte che spetta ad ogni uomo. Toccare, infatti, oltre che essere il verbo che aziona direttamente il nostro senso del tatto (toccare come “entrare in contatto fisicamente” con qualcuno o qualcosa), significa anche “accadere” e “spettare”. Nel gergo dialettale abruzzese, “toccare” in questi casi, diventa “attoccare” e si usa per indicare qualcosa che ci è capitato (es. “mi è attoccata una fortuna”, o una disgrazia); o che siamo tenuti a fare (mi  attocca studiare). E che questo termine dialettale abbia un’origine antica è testimoniato da diversi esempi reperibili in testi di sicura attendibilità. Gioco del nascondino (aut. ed epoca scon.) Così, curiosando su Google, ho trovato un poemetto stampato a Napoli il 1628 intitolato “La Vaiasseida”, poema heroico di Giulio Cesare Cortese, in cui, nel riferire di una schermaglia amorosa che si svolge tra due personaggi di stampo ario

AUTUNNO

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Ha ragione Crisostomo quando dice che viviamo di stereotipi, di concetti preconfezionati dei quali diventiamo prigionieri e spezza più di una lancia a favore dell’autunno, stagione da molti ritenuta ingiustamente legata ad un’idea di tristezza. E parla della tavolozza di colori straordinariamente ampia che ha l’autunno e nota che l’odore stesso della terra umida vicino ai corsi d’acqua è particolare. E’ particolare, aggiungo io - sull’onda delle emozioni da lui suscitate - perché fatiscente; è l’odore selvatico dei funghi e dove ci sono dei tartufi, delle foglie fradice, dei tronchi e delle radici coperti di muschio. I colori, splendidi, sono quelli della decadenza, alla grande. Una esplosione pacata, ma ridondante di effluvi ed effusioni visive ed olfattive che hanno però il senso della fine. Ci si avvia sul viale d’autunno come su un viale del tramonto. Fungo sulla Vena del Gesso (Imola) - 2018 Ho letto uno scritto in cui l’autrice coglie un altro aspetto dell’autunno che si

BABELE

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Ormai sappiamo che la Bibbia va letta tutta o quasi tutta (io non sono un esperto) come una grande metafora, a cominciare dalla Genesi con la costruzione della sua avvincente cosmologia, che costituisce l’inizio di tutte le cose fino all’Apocalisse, la più visionaria favola escatologica che ne annuncia la fine. Una metafora ricorrente in po’ in tutto il Libro, è quella della presunzione delle creature di Dio di diventare come Dio, cosa per cui vengono punite. Gli angeli ribelli, tra essi il più bello Lucifero, apportatore di luce, che diventa il più brutto e viene scaraventato insieme gli altri nel più profondo dell’Inferno. Adamo ed Eva che trasgrediscono al dettato di Dio e mangiano del frutto della conoscenza e vengono cacciati dal Paradiso Terrestre. Non diversa è la finalità della costruzione della Torre di Babele, fatta per arrivare fino al cielo ed entrare in contatto con Dio. Ecco allora che Dio stesso scende dal cielo per vedere quello che gli uomini stavano costruendo e const