ABIURA

L'abiura, da 'ab' = da, e 'iurare' = giurare, è un atto solenne, pubblico, con il quale si dichiara di abbandonare e sconfessare una precedente credenza o fede. Detta così sembra una cosa innocua. Non nel rinnegare, cosa piuttosto difficile ed anche sconveniente perché il passato fa parte della nostra storia ed è inutile rinnegarlo, ma che acquista un grande valore quando consiste nel riconoscere e confessare di aver sbagliato. Se l'errore era in buona fede, non v'è ragione di rinnegare una precedente convinzione. Tutti possono sbagliare e solo chi è mentalmente libero, può serenamente ammettere di essere caduto in errore.

Per questo non vedo la necessità, per esempio, di quell'atto dimostrativo, che per alcuni è indispensabile, come per mondarsi da qualcosa di infamante, che è il c.d. 'sbattezzo'. Io posso dichiarare di non avere più una fede, ma non mi sento di rinnegare quella dei miei genitori che, mettendomi al mondo, me l'hanno imposta con il battesimo, credendo di fare cosa utile per me. Se non si crede, del resto, il battesimo preso in età in cui non si aveva la facoltà di capire il significato dell'atto, è nullo, non ha valore. Basta ignorarlo e non è necessario, se non per motivi ideologici, farne pubblica sconfessione. Motivi ideologici che sono simili a quelli che hanno portato al battesimo.

La scomunica è una condanna, comminata dal Papa per atti o fatti gravi contro la religione; essa ha lo stesso effetto dello sbattezzo; solo che, mentre la prima è una cacciata dalla comunità, il secondo è un'uscita volontaria, ma l'effetto è sempre quello di essere pubblicamente fuori della comunità ecclesiale.

L'abiura, quando è finalizzata all'abbandono di una fede religiosa, equivalere, ad una dichiarazione di apostasia, con la sola differenza che la prima è un atto col quale si produce uno stato, la seconda la dichiarazione di uno stato preesistente.

Nei secoli bui (Medio Evo e dintorni, e per alcune confessioni religiose ancora oggi), l'apostasia, era condannata con la pena capitale (rogo), o comunque col carcere. Per far sì che la condanna agisse sulla popolazione come deterrente, scoraggiando altri dal compiere la stessa scelta, le esecuzioni erano precedute da cerimonie pubbliche durante le quali i condannati venivano portati in processione con indosso abiti penitenziali e dovevano fare 'auto da fè' , dichiarazioni con le quali si autoaccusavano delle colpe contestate.

L'anatema, dal greco 'anà', sopra e 'tithemi', esporre, era in origine l'atto col quale un oggetto o un animale venivano offerti in sacrificio agli dei per l'espiazione di una colpa. Successivamente è passato a significare l'atto col quale il peccatore viene maledetto e non soltanto cacciato dalla comunità dei fedeli, ma anche dal corpo della chiesa.

L'abiura, la scomunica e l'anatema sono stati nei secoli strumenti di coercizione, come pure le conversioni forzate, di singoli o di gruppi, in particolare gli ebrei, ritenuti responsabili della uccisione di Cristo (deicidio).

Per questo motivo venivano odiati e perseguitati, e poiché anche dopo la conversione forzata al cristianesimo, richiesta per non essere cacciati via, tendevano a conservare le loro abitudini, dimostrando così di essere convertiti solo fittiziamente, in alcuni paesi e segnatamente in Spagna e Portogallo, cominciò la caccia agli ebrei convertiti solo per convenienza e per individuarli, si fece ricorso a stratagemmi. Il più singolare fu quello inventato dall'ordine dei domenicani, basato sullo studio delle abitudini ebraiche. Conoscendo la loro ripugnanza a fare qualsiasi lavoro nella giornata del sabato, essi misero delle vedette su alte torri, per individuare i comignoli dei camini dai quali in quel giorno non usciva fumo, segno evidente che in quella abitazione vivevano ebrei falsamente convertiti. Una volta individuati, fra i c.d. 'marranos', che in spagnolo significa 'porci', nome con cui furono chiamati gli ebrei convertiti, quelli che lo avevano fatto per convenienza, venivano cacciati, perseguitati e massacrati.

A proposito di conversioni forzate da parte di intere popolazioni, c'è da ricordare l'uso inveterato, sempre nel Medio Evo, in base al motto 'unus rex, una religio', di costringere la gente residente in determinati territori posti sotto il dominio di un signore, re o vassallo, ad adottare la religione professata da lui. Se questi, per esempio, dopo l'avvento di Martin Lutero, aderiva alla dottrina protestante, l'intera popolazione era costretta a fare altrettanto.

L'abiura, se non parte dal soggetto, ma è imposta dall'autorità, statale o religiosa, è un atto forzoso che piega la coscienza e può determinare la distruzione morale di chi vi è costretto. E' anche l'arma alla quale si ricorre negli stati totalitari, per ridurre alla ragione gli oppositori ed in genere è l'anticamera, se non accettata, della soppressione fisica.

Il caso più noto ed eclatante, nella storia della chiesa cattolica di abiura è stato quello a cui fu sottoposto Galileo Galilei nel 1633 ad opera della Santa Inquisizione. Accusato di eresia per aver sostenuto la teoria copernicana in astronomia, negando quella tolemaica come errata, fu processato perché le sue affermazioni contraddicevano le sacre scritture e quindi erano blasfeme ed eretiche.

Galilei tentò di giustificare la discrepanza, parlando di due linguaggi coesistenti, uno, quello comune, ordinario, parlato dalla gente semplice, necessariamente impreciso, che sarebbe quello adottato per la stesura delle scritture, per renderle comprensibili anche a chi non avesse una preparazione adeguata, ed uno scientifico, più rigoroso e preciso, che non poteva corrispondere al primo. Ma fu tutto inutile: con questa spiegazione si peggioravano le cose, in quanto si affermava che esistevano due verità, cosa del tutto inaccettabile dalla chiesa.

L'atto di abiura dello scienziato fu una vergogna e costituì una macchia indelebile nella storia della chiesa ed un cedimento da parte dell'uomo illustre, che ne risultò così diminuito.

Atti di abiura erano anche quelli richiesti in tempi non lontanissimi, sotto il regime comunista sovietico, agli intellettuali e politici ritenuti non allineati con i principi dominanti, sottoposti al c.d. 'lavaggio del cervello', e conseguente autoaccusa che gli incriminati erano costretti a fare per poi essere condannati.

Negli stati occidentali, nei quali il processo di secolarizzazione-laicizzazione della società e delle istituzioni (soprattutto la scuola), è piuttosto avanzato, questi problemi non esistono più, la scelta di essere religiosi è un fatto individuale e non riguarda più la collettività.

Oggi si assiste, però, ad un altro fenomeno, che è quello dei 'neo-farisei'.

I farisei erano ebrei appartenenti ad una fazione che si era impossessata della legge mosaica che solo loro dicevano di saper interpretare, imponendone il rispetto agli altri, mentre loro si ritenevano al di sopra della legge e per questo vennero bollati da Gesù come ipocriti falsi e bugiardi.

Nel mondo moderno, in pieno sviluppo del processo di liberalizzazione dai vincoli ecclesiastici, i neo-farisei sono quella parte del cattolicesimo che vorrebbe riportare indietro le lancette dell'orologio della storia. Sono quelli che non hanno gradito le aperture del Concilio Vaticano II, come pure l'approccio che loro chiamano 'comunista' di Papa Francesco ai vari problemi insoluti dell'umanità. Che non per fede, ma per politica, aderiscono al credo cattolico, rivendicandone il possesso e l'autorità. Tentando di arrestare la laicizzazione dello stato. Populisti di destra che vogliono la conservazione dello 'status quo ante'.

Se fossero in maggioranza, cosa che per fortuna è lontano dall'essere, con loro l'abiura, la scomunica, l'anatema potrebbero tornare di moda.

Commenti