MASCHERA

Ecco un termine col quale abbiamo a che fare molto spesso. Non che sia sempre Carnevale; la maschera è quella che portiamo sempre, dentro e fuori di casa. E' l'atteggiamento che ci diamo di fronte ad ogni situazione, la faccia che facciamo, l'espressione che assumiamo per dissimulare le nostre emozioni o per simulare sensazioni che non proviamo o per emulare quelle di altri.

La maschera, quella cosa che ci copre il volto quando non vogliamo farci riconoscere, ha un'origine che si perde nella notte dei tempi. Ha a che fare con le streghe e gli stregoni, può assumere connotati spaventosi, di orchi che si nutrono della carne dei bambini, oppure grotteschi, paradossali, tali da solleticare il gusto macabro di alcuni, tra sghignazzi e brividi di paura.

Dal latino medioevale ci viene 'masca', che vuol dire strega; e nel tedesco antico 'masc' era lo stregone che evocava fantasmi. Dall'arabo, alcuni dicono importata in Europa al tempo dei crociati, viene invece 'maschara' o 'mascharat', la parola che più si avvicina al senso che noi diamo alle maschere di carnevale, quello di buffonata, scherzo, tiro mancino.

Non voglio parlare della maschera nel teatro, dai greci alla commedia dell'arte perché non è il mio campo, invece mi piacerebbe approfondire il rapporto che le maschere hanno con i fantasmi, evocati poc'anzi.

'Phantasma' ha la stessa radice di 'phantasia', che deriva dal greco 'faino'. Mostro.

In entrambi i casi, si tratta della rappresentazione di qualche cosa; il fantasma 'appare', la fantasia 'mostra', cioè muove la nostra immaginazione e crea immagini come fantasmi.

Le maschere alimentano e sono alimentate dalla fantasia che evoca fantasmi. E' un gioco di immagini che si rincorrono in una estrema varietà di tipi, situazioni, congiunture, avventure e disavventure, con la possibilità di esprimere le più sottili sfumature di ogni carattere, data la ricchezza della nostra lingua, che conosce numerose varianti di cose fantasmatiche che rimandano a fantomatiche maschere, dietro le quali è difficile riconoscere gli altri e forse addirittura se stessi.

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