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Visualizzazione dei post da marzo, 2024

LA PASQUA

                                                                               E venne la Pasqua, ma nessuno la vide, perché essa era nascosta nei cuori, che erano duri ad aprirsi, tanto più che la coincidenza con l’inizio dell’ora legale, aveva scombussolato un po’ tutti. Stai parlando a vanvera, lo apostrofò Sebastiano, che era ancora risentito del bisticcio del giorno prima, avuto proprio con lui, per futili motivi (si parlava di acque croscianti, mentre lui aveva in mente un ordine di acqua minerale e salatini croccanti, per cui non si erano proprio capiti, ma Pancrazio seguitava ad accusarlo di essere sordo ad ogni richiamo che fosse minimamente poetico e questo lo aveva fatto incazzare). Che vuol dire “a vanvera”? domandò a mezza bocca Pancrazio, guardandolo di sottecchi – non vorrà continuare la lite di ieri? – si chiese - Allora non gli aveva perdonato la sua reazione, diciamo così, un po’ troppo vivace?). Cari amici, intervenne guardingo Maurizio, il quale nel fratte

ACQUE CROSCIANTI

                                                                         Pancrazio è sensibile al richiamo   della poesia e quelle che per altri sono mollezze, per lui sono delicatezze delle quali gli piacerebbe che fosse costellata la sua vita. Perciò perde la pazienza quando scontra con chi di queste sue virtù fa strame ed agisce di conseguenza. Il croscio , annunciò inaspettatamente Maurizio, con tono quasi profetico messianico, quella mattina che precedeva la Pasqua dei cuori e quello di Pancrazio era particolarmente predisposto alla pace, per cui quella parola attirò subito la sua attenzione, è voce squisitamente onomatopeica, piace soprattutto ai poeti, più comunemente diviene lo scroscio e riproduce foneticamente il rumore dell’acqua che cade con violenza, come la pioggia, che batte sul terreno, sui tetti o sulle pietre, ed è persistente, duratura. Lo scroscio è anche quello prodotto dalle cascate, quando non diventi fragore, perché lo scroscio non è assordante; può e

IL CRINALE

                                                                              Pancrazio era combattuto tra i ricordi dell’infanzia e le ragioni dell’età avanzata, quando la vita è sul crinale pericoloso di una cresta che con tratti serpeggianti si inoltra nella nebbia. Questa dicotomia si faceva particolarmente sentire nelle ricorrenze delle feste, come si diceva quando egli era bambino, “di precetto” e massimamente in quelle della liturgia pasquale, per la quale, essendo stato indottrinato a suo tempo da sua madre, fervida credente, nutriva una profonda nostalgia, sia in omaggio al ricordo caro della madre, e ai sentimenti buoni da lei inculcatigli, che per quello che lui stesso era stato ed ora non era più. A quel tempo la settimana di passione egli la viveva intensamente ed ogni giorno sentiva crescere dentro di sé la sensazione di qualcosa di molto importante che doveva accadere, fino al venerdì, quando si compiva il dramma massimo, con le due processioni che inondavano il su

IL BACIO DI GIUDA

                                                                             Se ero io al posto di Pietro, non una, ma tutt’e due le orecchie avrei tagliato, non al povero soldato che era stato comandato di andare ad arrestare Gesù, ma a Giuda, che con il suo bacio traditore, ne favorì l’individuazione e la cattura. Al Circolo capitava ogni tanto di parlare di episodi tratti dai Vangeli, non da un punto di vista religioso, essendo i soci se non agnostici almeno non praticanti, però con qualche interesse per la figura di Cristo e delle sue predicazioni, ma così, in modo discorsivo, come se si trattasse di avvenimenti dell’ultima ora, ed ognuno diceva la sua liberamente. Ciò avveniva maggiormente in prossimità di ricorrenze significative come il Natale, o la Pasqua. Giuda è un personaggio ambiguo e controverso della storia di Gesù, ma comunque essenziale al raggiungimento del fine, disse enigmaticamente Maurizio. Ma che fine e fine, inveì Pancrazio, Giuda è un traditore e per

MAMMALUCCO

                                                                     Non stare lì come un mammalucco! Fammi passare! Pancrazio si sentì quella voce alle spalle, accompagnata da una leggera spinta ai fianchi. Si girò lentamente, guardò in viso l’uomo che stava dietro di sé e Giù le mani, disse; io di solito non prendo la corriera, per non incazzarmi di primo mattino; oggi si dà il caso che la mia macchina sia ferma perché ha la batteria scarica, ma tu ora perché mi vuoi fare arrabbiare? come è che mi hai chiamato? Mammalucco? Lo sai almeno che significa mammalucco? Non volevo offenderti, rispose l’uomo, è che devo scendere e tu sei in mezzo al corridoio. Guarda che io ti faccio scendere dal finestrino, lo minacciò Pancrazio. A momenti me la faccio sotto per la paura, rise il tizio. La corriera si fermò accanto ad un capannello di persone in attesa. È qui che devi scendere? gli chiese il nostro, allora vai pure in pace, questa volta ti perdono e gli affibbiò una pacca sulla

RONDINI

                                                                      Ora è tempo di invertire il detto, affermò Pancrazio entrando nel locale, facendo sobbalzare i primi avventori del mattino, non abituati al suo modo irruente di presentarsi. Non possiamo dire più una rondine non fa primavera, bensì dobbiamo abituarci al fatto che la primavera non fa una rondine. E si mise a ridere, mentre tutti lo guardavano vagamente preoccupati. Dopo un po’, dato il perdurare del silenzio che si era creato nella stanza, ‘Mbè, aggiunse guardando ognuno negli occhi, il gatto vi ha mangiato la lingua? No, iniziò imbarazzato Sebastiano, è che… È che, gli tolse la parola Pancrazio, siete tutti stronzi, non sapete apprezzare una battuta! Non ci aspettavamo, riprese con maggiore convinzione Sebastiano, una così sagace affermazione da parte tua e lo guardò con aria di sfida. Qui tira una brutta aria, stamattina; nessuno si è accorto che siamo al terzo giorno di primavera e non è arrivata an

ARIA DI PRIMAVERA

                                                                              La senti l’aria? gli chiese Pancrazio e Sebastiano, distratto, quale aria? L’aria di primavera rispose il primo, tutto soddisfatto, fregandosi le mani. E a te che te ne viene? Chiese Sebastiano dopo un attimo di ripensamento, ma il tono era di perdurante disinteresse. Io, quando viene la primavera, mi sento rinascere, affermò convinto Pancrazio. Quante volte sei rinato? Insistette, petulante, Sebastiano. Ormai molte, rispose, contrariato Pancrazio. Non gli piaceva l’atteggiamento preso dall’amico.   E sei sempre alla prima, mi sembra. Quando comincerai a crescere?   Fu l’affondo col quale Sebastiano colpì Pancrazio, togliendogli il buonumore. Ora mi stai facendo incazzare, esplose infuriato. Possibile che con te non si può fare un ragionamento serio?   Alla faccia della serietà, incalzò Sebastiano, di cosa mi vuoi parlare, delle margheritine sbocciate nei prati? E scoppiò a ridere. O delle f

EQUINOZIO

                                                                        Allora è arrivata la primavera!? chiese Pancrazio, con una nota di incertezza nella voce. No, non ancora, rispose Sebastiano, sporgendo il capo dalla macchina del caffè. Mancano ancora quattro giorni. E non sappiamo cosa può succedere in questi quattro giorni.   Tu temi sempre il peggio, vero? Gli obiettò l’amico. Io so che a Colleminuccio i peschi sono già fioriti da un pezzo e così anche i cespugli di biancospino. Ciò non toglie che l’equinozio avverrà mercoledì 20 marzo e precisamente alle ore 04,06. Ed in quel momento entrerà la primavera. La voce di Silvana era pacata e gentile, anche se un po’ puntigliosa. Sì, perché secondo te, la primavera deve chiedere il permesso al signore che hai detto tu, per entrare e metti che quello faccia ritardo…che fa, si ferma? Ironizzò Pancrazio. Io non credo che ciò sia possibile. Poi, dopo un attimo di ripensamento, aggiunse: se è vero che arriva alle quattro devi

IL COMPITO

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  IL COMPITO A Pancrazio è stato affidato il compito – ambito – di tenere le relazioni con il pubblico (nel caso improbabile che intorno al Circolo si formi un pubblico) ed egli, al suo primo giorno in tale veste, ha esordito così: Se vi accontentate di un MALANDRINO, lo potete trovare sullo Zibaldino ( www.aielli.org ) , altrimenti dovrete ricorrere ad un Mandarino, ma la Cina è lontana. Secondo voi, posto che vi sia qualcuno in ascolto, l’iniziativa di Pancrazio potrà essere utile per il Circolo, o servirà a tenere ancora più lontani gli eventuali simpatizzanti? Achille Olivieri Vijat’a a chi - per dirla con Modesto Della Porta,  Bruno  - è simpatizzante di questo bel circolo  . Vedremo come se la caverà Pancrazio nel compito affidatogli. L’ottimo Achille che, non essendo il Pelide, non è Piè Veloce, almeno quanto lo fosse l’altro, ma, in compenso, non ha come lui nel tallone il suo punto debole e soprattutto, è un gran music

MALANDRINO

                                                            Ma insomma, “malandrino” è bello o è brutto, è buono o cattivo? Chiese Pancrazio alla fine di una discussione, nel corso della quale, un interlocutore che non conosceva aveva ripetutamente usato questo termine, a volte in senso positivo, altre negativo. Benché l’origine della parola sia tale da far pensare al male, argomentò Maurizio (potrebbe derivare da “mal”, cattivo, + “landrino” nel significato   di “vagabondo”, ma ancora peggio, per l’affinità con il dialettale “malandra”, che vuol dire “prostituta”), la stessa, oggi non può non suscitare un sorriso, per la sua formulazione che non fa pensare veramente a gente di malaffare, delinquenti o mascalzoni, bensì a persona arguta, audace, sfrontata, sì, ma alla fine un simpaticone, dotato di malizia, ma non di cattiveria. È quel che si dice di una simpatica canaglia! Aggiunse Oreste; a ben guardare anche “furfante” può essere inteso in doppia senso, di

FLORILEGIO

                                                                            Con l’avvicinarsi della Primavera, Pancrazio sente risvegliarsi dentro di sé i sentimenti più buoni, il suo animo si dilata, i sui pensieri si moltiplicano ed egli si scopre poeta.   Ieri ho portato… stava dicendo al suo amico Sebastiano, il quale con un orecchio ascoltava le sue parole, con l’altro era teso ad intercettare l’ordine di un eventuale cliente, cosa per cui il primo s’interruppe, sììiiì?... lo sollecitò spazientito l’amico… hai portato…? Lasciami dire, si lamentò Pancrazio…ho portato un florilegio a mia moglie ed Evelina è stata lì a sfottermi tutto il giorno. Scusa, com’è un florilegio? Chiese Sebastiano. Te lo dico io, un bel mazzo di rose rosse, con un biglietto pieno di carinerie per lei! Cazzo! E perché lo chiami florilegio? Mica è uno sfregio, è un pensiero gentile. Ignorante! Non sai che significa florilegio! Chiamo Maurizio e me lo faccio spiegare, ora capisco perché tua f

ASTRUSO

                                                                              Di Pancrazio tutto si può dire, fuorché che sia astruso. Astruso a me? Astruso è chi me lo dice, anzi as-trunzo! Esclamò  Pancrazio, quando, un giorno, al Circolo, in inizio di giornata, un tizio che non si era mai visto prima e che nessuno conosceva, un infiltrato, forse della cricca del bar Grande Italia, lo aveva apostrofato con questo termine, alla fine di un ragionamento che il nostro aveva fatto, chiaro e limpido come al solito e mancò poco che la cosa non finisse a botte, vista la reazione del tizio e il formicolio alle mani di Pancrazio, che Sebastiano fece di tutto per evitare che lo sfogasse picchiando l’intruso. Quindi allora abbiamo una bella combinazione, intervenne Maurizio, da una parte un astruso, vero o falso che sia e dall’altra un intruso, non vi sembra stimolante per un sabato anonimo d’inizio marzo? Ma vaffanculo! Gli rispose Pancrazio ancora sulle sue, sempre con questi giochet

SPIAZZARE

                                                                                                                    Piazzare un buon colpo e spiazzare l’avversario, questo è quello che si vorrebbe.   Che sia per gioco, o per guerra, la contesa è la stessa.                                                Voglio sapere che cosa vuol dire piazzare e cosa significa spiazzare, disse Pancrazio a voce alta, entrando nel locale e tutti, anche alcuni avventori seduti ai tavolinetti, alzarono lo sguardo su di lui. Oggi in piazza ho sentito uno, continuò poi a voce più bassa, che diceva: a questo punto sono rimasto spiazzato. Mi sono guardato intorno: il punto era quello e la piazza era ancora lì, voglio dire noi eravamo lì, al centro della piazza e nulla era mutato, rispetto alle altre volte, come aveva fatto quel tale a perdere la piazza? Con la tua domanda, rispose Maurizio ridendo, oggi ci hai spiazzati tutti Ma è un modo di dire, obiettò Seba