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SUGGESTIONI SALGARIANE

                                                                     Il nostro narratore, stava dicendo in quel momento Maurizio ad un ristretto gruppo di “discepoli”, insolitamente intenti ad ascoltare le sue parole, l’autore di queste storie, nella sua ultima esternazione sul tema del genere, ha evocato un fantasma. Quando, parlando di me, ha detto, non a caso, ma provocatoriamente la frase: “tirò da una delle sue mille tasche” un libriccino, lo ha fatto perché colto da una reminiscenza letteraria di quando era un bambino, con l’intento di vedere chi fra noi, sarebbe stato in grado di individuare l’origine di quella espressione. Per tutti gli amanti, piccoli e grandi di Emilio Salgari (sembra che si debba pronunciare con l’accento sulla seconda “a”, mentre io preferivo sulla prima), il grande scrittore di oltre 100 romanzi d’avventura, ingiustamente ritenuto secondario sulla scena della letteratura italiana, anche un velato accenno può essere rivelatore di una passione mai sopita

I GENERI

                                                                             Hai visto? Sussurrò Pancrazio all’orecchio di Sebastiano, il quale se ne stata noncurante ad ascoltarlo, mentre era occupato a far scorrere l’acqua per la sciacquatura delle tazzine, Maurizio ha pubblicato un articolo sullo Zibaldino sulla violenza di genere, senza prima parlarne con noi e senza pubblicarlo su Facebook, come fa sempre, per racimolare qualche like, forse perché si vergogna. E di cosa dovrebbe vergognarsi, gli rispose chiedendo Sebastiano, senza guardarlo, pacatamente, con pazienza, o era sopportazione? Perché su questo argomento, il nostro maestro non ha le idee chiare e non sa nemmeno lui cosa vuole dire.   Ho letto l’articolo e io, modestamente, non gli darei più di un cinque e mezzo, al massimo sei meno meno meno, come si faceva a scuola. Oggi sei salito tu in cattedra, vero, a dare i voti? Secondo me, quello, di generi non sa niente, non ha mai visto la cosa da vicino. Io, a scuol

OLTRE LA DIFFERENZA DI GENERE

                                                              Pancrazio quel giorno era visibilmente agitato e si dimenava sulla sedia, facendola scricchiolare pericolosamente. Che hai, gli chiese Sebastiano, ti ha pizzicato la tarantola? Ho lasciato Giulia a casa che era fuori di sé, rispose l’amico. Mi ha detto che lei non ce la fa più, ogni giorno si ammazza di lavoro, mentre io faccio niente e che se continua così, farà una pazzia. Suvvia, non te la prendere, le mogli dicono sempre così per darsi importanza, lo consolò l’amico. E tu che ne sai, che non sei sposato? E che c’entra? Sto anche io con una donna e quando si arrabbia dice anche a me le stesse cose. La verità è che lavorano troppo ed hanno bisogno di essere un po’ coccolate o che almeno diamo un giusto riconoscimento a quello che fanno e dovremmo collaborare con esse, farci carico di una parte del loro lavoro. Ammazzarsi di lavoro è un’iperbole, intervenne Maurizio. Pancrazio, ti ricordi di quello che dicemmo

VIOLENZA DI GENERE

                                                                    Ci vogliamo dimenticare delle origini? Il male di genere è antico e viene proprio dalla Creazione. Dio creò Eva perché Adamo si annoiava. E lo fece prelevando una costola da Adamo, perché? Gli mancava forse altra creta? Non credo. Eva era una parte, piccola dello stesso Adamo, a lui sottomessa, per nascita e condizione. Doveva servire come trastullo per il povero maschio annoiato e sollevarlo dalla sua solitudine, rimanendo un pezzo del suo corpo, l’altra parte di sé, non a caso di sesso diverso, amato ed adorato, del quale egli poteva disporre a piacimento. Ma, a parziale assolvimento in senso evolutivo, della scrittura, non possiamo vedere nel fatto del distacco di una parte del corpo di Adamo, per creare Eva, una geniale intuizione dell’origine di quello che ora noi chiamiamo il dimorfismo sessuale? del corpo, originariamente ermafrodito di Adamo, diviso in due nei suoi caratteri fondamentali, con la distinzione

I CORVI

                                                                       Sembrava di assistere ad una scena del film “gli Uccelli” di Hitchcock, che negli anni ’60 impressionò non poco gli spettatori di tutto il mondo, con il racconto ossessivo degli uccelli assassini che imperversarono in una località della California, non lontana da S.Francisco, dal nome evocativo di   Bodega Bay : prima erano non più di dieci, poi, dodici, quindici, venti, grossi uccelli scuri, appollaiati tutti sullo stesso albero che sembravano guardare nella mia direzione, immobili, muti e minacciosi. Poi, di colpo, come ad un segnale convenuto, si sono levati in volo all’unisono e per un attimo, hanno riempito il breve spazio di cielo della mia finestra, con un battito pesante di ali, nero stormo di innocui corvi, gracchianti, scomparendo alla vista e l’immagine del film si è dissolta in un lontano ricordo.

L'ALBA

                                                                                          Dapprima era tutto opalino, il cielo piatto uniforme punteggiato di piccoli puntini e striature bianche, l’aria diafana, era immota, soltanto le foglie della magnolia che sfioravano il mio balcone vibravano lievemente. Dopo un poco, il cielo si è colorato di un celestino pallido e le punteggiature sono diventate piccole formazioni di nuvole sparse, che poco alla volta hanno assunto colori cangianti dal bianco al rosa, prima tenue, poi via via più intenso, fino ad un rosso di fuoco ed è spuntato il sole, dalle cime degli alberi ai declivi collinari e fin l’ultima ombra, che stentava ad abbandonare la valle là dove scorre il fiume, è sfumata. Ancora una volta il miracolo di un nuovo giorno, limpido, sereno, si è rinnovato ed il mondo ha ripreso il suo aspetto di sempre, un grande, bellissimo spettacolo da godersi appieno fin dentro ogni particella del nostro essere.

LICEITA'

                                                                            È una questione di liceità, disse ad un tratto Maurizio, non puoi fare una cosa, se non è lecita. Lo so benissimo, replicò Pancrazio, che credi? anche mia figlia Evelina ha fatto il liceo, quello classico, io ci tenevo, e poi ha preso teologia, non so perché, ma lei dice che nella Chiesa c’è bisogno di dare spazio alle donne e che quindi una donna può essere prete, come un uomo, se ha studiato la teologia. Lei sì, che ha la liceità! Veramente, aggiunse Maurizio, io stavo parlando di un’altra liceità, che non è quella che dici tu e che avrebbe Evelina. Una cosa è lecita se è consentita. Poffarbacco! Esclamò Pancrazio, se non era consentito, ti pare che le davano il diploma? Vedi, insistette il maestro, tuttora la Chiesa non consente alle donne di fare il prete, ma comunque non è questo che volevo dire… ‘mbè, allora deciditi, lo incalzò il discepolo, io so che la Chiesa, in ogni caso, non può negare c