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Visualizzazione dei post da dicembre, 2023

L'OBLIO DELLE PAROLE

                                                                          Alcune parole cadono in oblio e vengono dimenticate. Il linguaggio è una cosa viva, diceva Maurizio dinnanzi ai suoi pochissimi fedeli seguaci, in quell’ultimo giorno dell’anno; si forma, cresce, si implementa sempre più di nuovi termini ed altri ne perde per strada, come avviene per tutte le cose vive e poi muore, scompare poco alla volta. Come le civiltà che nascono, fioriscono e scompaiono con un lento processo di trasmigrazione che finora, sul nostro pianeta, si è svolto da oriente verso occidente e come le egemonie delle forze che le accompagnano,   per le quali, oggi, assistiamo ad una   tendenza inversa, di spostarne il centro di gravità dall’occidente, verso oriente. L’oblio è la dimenticanza, l’abbandono, l’assopimento della memoria, la fase finale, il destino ultimo di tutte le cose del mondo. Già la parola, piena di fascino, ne rivela la venatura di nostalgia, accompagnata da infinita dolcezza e

IMPAPPINARSI

                                                                           Ma chi si crede di essere sto signore, sbraitò Pancrazio, che si permette di parlare di me in questo modo? Io, inciamparmi con le parole! E poi, sai cha parola difficile! Barbarisma, mi sembra che abbia detto. Ma che vuol dire? io conosco il Barbanera di Foligno, il Barbariccia delle favole e il Barbarossa, quello della storia, al tempo dei Crociati, o, forse, dei Carrocci, o dei Comuni, non ricordo bene, che morì affogato mentre faceva il bagno nel fiume Aleph, che si trova vicino alla Terra Santa, ma di Barba-risma, non si parla da nessuna parte; che è, un uomo che ha la barba di carta? Fortuna, che tu gli hai risposto per le rime, ché io non mi impappino proprio per niente; a proposito che significa impappinarsi? Siamo sicuri che quello lo sappia?   O glielo vogliamo spiegare noi? Che ne dici Maurì? Raramente a Maurizio era capitato di sentirsi in imbarazzo, parlando, perché, riflessivo com’era, si soff

LA PACE

                                                                         Gesù disse: non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la guerra. Egli si rendeva conto che la sua predicazione avrebbe trovato molte difficoltà ad affermarsi e che, anche quando ciò fosse avvenuto, non sarebbe stato senza lotte e divisioni. Questa sua preveggenza è quanto di più vero ci possa essere nel processo interminabile della vicenda umana. Che perfino la data della sua nascita, peraltro non accertabile, potesse essere motivo di divisione politica tra le diverse nazioni che si rifanno al suo insegnamento, questo egli non avrebbe potuto e voluto prevedere. Siamo ora di fronte all’ultimo “strappo” verificatosi all’interno di una stessa confessione religiosa, l’ortodossa. L’attuale governo dell’Ucraina, nell’intento di accentuare il proprio distacco dalla tradizionale sottomissione alla Federazione Russa, ha deciso di spostare la data del Natale, dal 7 gennaio, come avviene nei Paesi orienta

LA NOTE DEL SOLSTIZIO

                                                                      Chi di voi, chiese Maurizio rivolto al folto pubblico del Circolo, i soliti noti, si è accorto questa notte del passaggio del solstizio d’inverno? Io l’ho aspettato, disse Pancrazio, ma da me non è venuto. Eh, sì, non è venuto! Cosa ti aspettavi che venisse al tuo capezzale a salutarti? Bisogna sentirlo sulla pelle, ma solo i più sensibili riescono a farlo, gli altri si limitano a prenderne atto. Io l‘ho sentito, disse allora Sebastiano, era come un pizzicorino che mi ha preso e mi ha fatto svegliare. Dapprincipio ho creduto di dover andare in bagno, come faccio ogni notte, a fare pipì, ma dopo ho capito che era il solstizio, perché, per quanto mi sforzassi, non riuscivo ad urinare. Che ora era? Gli chiese Oreste. Circa le sei, rispose Seba. Allora è meglio che vai a consultare un urologo, perché il solstizio c’è stato alle 4,27 in punto. Gli obiettò il compare. E tu come lo sai? Chiese irritato Seb

NEL COACERVO

                                                                            Caro Pancrazio, proruppe quel giorno di primo mattino Maurizio, la tua testa è un coacervo di trovate, potresti trovare un’idea per questo Natale? Caro Maurizio, gli rispose Pancrazio, ti ringrazio per aver pensato a me, ma ci tengo, a scanso di equivoci, a farti notare che io a Colleminuccio godo di una grande onorabilità, sulla mia signora non è uscita una sola chiacchiera e mai nessuno si è permesso di dirmi coacervo. Tacque un attimo e, di fronte al volto perplesso del Capo, si affrettò ad aggiungere: Detto questo, che c’entra il Natale? Maurizio, scuotendo il capo, riprese a parlare: Non ti offendere, mio caro amico, hai capito male, ma non è grave, coacervo è un termine che sembra essere fatto apposta per creare imbarazzo. Secondo qualcuno, sarebbe una "parola aggraziata per un concetto non aggraziato", ma per me è una parola pretenziosa che si presta a facili fraintendimenti. Viene

A RIDOSSO

                                                                                “Ri”, dietro e “dosso” dorso o schiena, il ridosso è ciò che sta dietro un’altra cosa che la protegge, nel senso soprattutto della vicinanza. Proteggersi dalla forza del vento a ridosso di un muro Maurizio appariva concentrato su questo pensiero, come se avesse voluto estrarne un senso definitivo che gli sfuggiva, non ritenendo completamente soddisfacente la definizione che ne aveva appena dato. Perché ridosso è un sostantivo, che ci parla di una realtà concreta, un riparo, un luogo, cercare un ridosso alla nave quando c’è la tempesta, ma ha anche valore di aggettivo, in quanto esprime una qualità della cosa, come l’essere vicino, la casa era a ridosso della collina. La Battana di Putiferio, allora, chiese Pancrazio, è a ridosso del mare, nel senso di, “al riparo”? O il mare è a ridosso della Battana, nel senso di “vicino”? Maurizio restò un po’ sconcertato dalla domanda, ma continuò senza perdere

IL PRESEPE

                                                                                Giuseppe si alzò sonnacchioso e fece fatica a tirar fuori la testa dalla scatola di cartone aperta dalla bambina, è già ora? Chiese svelto, lo sollecitò Maria dal basso, siamo in ritardo, in tutte le altre case è già tutto pronto, non vedi? Hanno pure accese le luminarie ma Gesù, dov’è? Chiese Giuseppe, guardandosi intorno non so, rispose Maria, era qui un attimo fa, quel bambino è un prodigio, non fa che gattonare e in un attimo scompare! Ma no, disse poi Giuseppe, è stato preso per primo, dalla bambina che deve fare il Presepe, perché lo deve tenere da parte, evidentemente, ce lo ridarà la notte della Vigilia, per farlo nascere a mezzanotte. Meglio così, abbiamo ancora un po’ di tempo per prepararci, assentì Maria preoccupata per la modestia e la trascuratezza della capanna, la stessa dell’anno precedente, che era mezza scassata. Ci sarebbe voluto un bel po’ di olio di gomito a renderla pres

COLPO DI MANO

                                                                             Colpo di mano di Pancrazio che, sentendosi dire di essere un depresso, affetto da un complesso di inferiorità culturale nei confronti dei suoi “compagni di classe”, in un raptus liberatorio, sfugge di mano al suo autore e prende il posto di Maurizio, o meglio, si improvvisa maestro ed “insegna” a Maurizio, come dovrebbe essere Maurizio, se Maurizio fosse lui. È forse impazzito? È diventato un gradasso? Vuole forse affossare il Circolo dell’Abecedario, così amorevolmente guidato dal mite Maurizio, pacatamente tuttologo e tiepidamente innamorato di Chiara, l’esploratrice dei Sette Mari? E delle Aleutine, chiamate “La Culla delle Tempeste”, la corona di isole che separa il mare di Bering dall’Oceano Pacifico, là dove il dominio americano si scontra con la Russia? Troppe cose bollono in pentola e Pancrazio lo sa. La sua furia è tutta in favore, non contro il sullodato Circolo, a cui vorrebbe fosse tributato

SMARGIASSO

                                                                                                                                  Pancrazio, oggi ti vedo particolarmente esuberante, disse Maurizio, al suo discepolo che era appena entrato nel locale sbattendo la porta. Senza rispondere, il nuovo arrivato andò dritto alla libreria, prese il vocabolario della lingua italiana e cercò                                                                        la parola “divertissement” che non conosceva, saltò la prima definizione che parlava di musica e a lui non interessava, passò senz’altro alla seconda, leggendo: “piccola composizione letteraria di contenuto frivolo o giocoso”, quindi si soffermò pensando a voce alta: frivolo, è frivolo; altrimenti non si sarebbe messo a gettar sassi in un pantano, come un ragazzino. Ma, giocoso? Si rivolse al Maestro e disse: Sto parlando dell’ultimo tuo scritto, nel quale tu, sotto le mentite spoglie dell’autore (chi sia poi questo autore, non è

NATALE

                                                                    Pancrazio, come mai sei così raggiante, stamattina? È che ho visto Gesù. Come sarebbe che hai visto Gesù? Pancrazio guardò l’interlocutore con uno sguardo di leggera sufficienza, con benevolenza, come chi può capire che l’altro non capisca; è che noi, cominciò poi a dire, a Colleminuccio, ogni anno a Natale facciamo il Presepe semi vivente e, conscio della sorpresa che dovevano suscitare le sue parole, si fermò per dar tempo all’ascoltatore di cominciare a capire e, una volta accertato che sul suo volto si scorgessero i primi segni di aver imboccato la strada giusta, continuò magnanimo a darne la spiegazione: alcuni personaggi sono reali, fatti da gente del luogo, altri sono fissi, cioè sono fatti di cartone o di paglia, come gli spaventapasseri e la sera dell’Avvento facciamo nascere il Bambinello a mezzanotte in punto. Sebastiano si illuminò in volto, con soddisfazione di Pancrazio, assumendo subito dop

DIVERTISSEMENT

                                                                                                                                                              Lo specchietto Ho visto con piacere, ha detto l’autore, che l’avviso ai naviganti del web fatto con il post su “L’Accanimento” di ieri, è stato preso tanto sul serio, che con l’eccezione di uno, rotto ad ogni rischio, nessun altro si è azzardato ad andare a scoprire le carte, per vedere cosa effettivamente bollisse in pentola. Eppure quell’indirizzo messo lì ( www.aielli.org ) come specchietto per le allodole, doveva, a parere di chi scrive, suscitare una qualche curiosità, tale da indurre a fare un clic su di esso, magari di mala voglia e svogliatamente. Invece è prevalsa quella che l’autore chiama la “sindrome del polpastrello”, che inibisce chi legge dal cadere nella trappola ed induce a passare oltre, senza ripensamenti di sorta, la vita è altrove, come giustamente egli stesso fa di fronte a simili inviti camuffati, qu

DIFFIDA

  È stato pubblicato oggi sullo Zibaldino ( www.aielli.org ) un post dal titolo significativo “L’Accanimento”: si diffida pubblicamente chiunque non abbia voglia di farsi del male, di andarlo ad aprire; l’iniziativa è partita da un sasso lanciato nel pantano da Lucius e raccolto da Pancrazio e ciò dovrebbe già di per sé essere motivo sufficiente per tenersi ben alla larga, perché si sa che i sassi gettati in un pantano, alzano molti schizzi di fango che possono arrivare dovunque. In caso di una insana, irresistibile curiosità, che porti qualche sconsiderato a non tener conto del presente avviso, si consiglia di premunirsi di uno scafandro atto alle immersioni di profondità e buona fortuna.

L'ACCANIMENTO

                                                                    Io lo so, proruppe Pancrazio, in tono lamentoso e risentito, che c’è un accanimento da parte vostra, verso di me! Perché io ho il difetto di parlare chiaro. E poi non appartengo alla vostra famiglia di letterati e diplomati delle scuole alte; io ho fatto solo i primi due anni delle medie ed in terza sono stato bocciato per un cinque in condotta. Ma non me ne pento: la vita mi ha insegnato molte cose che a scuola non si fanno e non si imparano. Sono un autodidattico e me ne vanto. Non sono, mugugnò dopo una breve interruzione durante la quale, passò in rassegna gli sguardi assenti dei presenti, come Sebastiano, che ha preso il diploma con la media del sei e mezzo ed ora fa il barista; né come Maurizio, scusa Maestro, che non so con quante lauree in tasca, viene qui da noi a farci le sue lezioncine sul significato delle parole.   Ma ho il senso della comunità, della famiglia patrialcale, come piace a me, un uomo, u

L'UCCELLO

                                                                             Con le movenze sensuali di un amante, quasi un abbandono all’ebrezza dell’aria, un uccello attraversa lo spazio esiguo della mia finestra, con volo lento, misurato, quasi svagato, le ali aperte, appena vibranti sul filo della corrente, ad inseguire un orizzonte fatto di sprazzi di luce e macchie d’ombra; da quell’altezza, certo il mondo deve apparire più grande, i pensieri leggeri, la vita un sorso di fresco odoroso splendore.

DECORO

                                                                         Cos’è il decoro? Si chiese Pancrazio. Aveva appena detto a sua moglie, che gli rimproverava di essere sciatto e disordinato, che lui faceva del suo meglio per salvaguardare il decoro della famiglia, frequentando il Circolo dell’Abecedario presso il Bar dell’Olmo, di cui si onorava di essere un socio fondatore. Tutto il resto era compito di Giulia ed Evelina. Da tempo, però, era assillato da un dubbio: il decoro è un ornamento, un abbellimento, come quando si dice la chiesa era tutta un decoro, o un attributo della dignità delle persone e della decenza? ma non osava metterne a parte Maurizio, per timore che il maestro si prendesse gioco di lui e, impegnato com’era, sempre, in questioni di altissimo livello, non voleva disturbarlo, per questioni di così scarsa importanza, come potevano essere i dubbi che attraversavano la sua mente. Decise allora di rivolgersi a Sebastiano, sebbene anche lui, indaffarato con i

L'ISOLA DEI RICORDI

                                                                      I Pancrazio, tu sai dove si trova l’Isola dei Ricordi? Chiese Maurizio, con tono sognante. Maestro, rispose l’interpellato, se debbo stare ai miei ricordi, quell’Isola si trova a Colleminuccio, il centro del Mondo. Ma come, Pancrazio, un’isola su una collina? No, l’isola è sopra la collina, in una nuvola, un cloud, come dite voi Socrati dell’informatica.   Volevi dire Soloni e dunque tu sai cos’è un Cloud Storage? No, il garage non c’è e nemmeno gli accessori, solo due camere e servizi.   Mi prendi in giro, Pancrazio? Io, mai! …Mi fai certe domande, cosa ti dovrei rispondere? Il cloud computing è un servizio per l’archiviazione di oggetti… Allora non è la mia nuvola. I miei ricordi non sono oggetti, ma sentimenti… Ti senti poeta, vero? Non è male, i sentimenti sono la parte migliore di noi. Questa mattina, disse pensoso, Pancrazio, mi sa che le cose stanno andando in senso contrario… È vero,

IL POSTINO

                                                                             Quella mattina di inizio dicembre, a scanso di equivoci, Maurizio, volle mettere le mani avanti e disse: Non pensate subito al postino di Neruda, nei panni di un adorabile Troisi, che, in bicicletta, ogni giorno si inerpicava sulla strada impervia che portava alla parte alta dell’isola di Procida, per raggiungere la dimora del celebre poeta, interpretato da Philippe Noiret, colà esiliato e recapitargli la copiosa corrispondenza che gli perveniva da tutto il mondo.   Parlo della figura simbolo del postino, un postino qualunque, che di mestiere svolge appunto il delicato compito di mettere in comunicazione persone che vivono lontano, chi più e chi meno, fra di loro, per lo scambio di idee, saluti, auguri ed altro, talvolta notizie, buone, attese con ansia, oppure brutte, temute e detestate. Ecco subito insorgere Pancrazio, sempre attento ad ascoltare, quanto sagace nel reagire: Mio zio, a Colleminuccio,

SUGGESTIONI SALGARIANE

                                                                     Il nostro narratore, stava dicendo in quel momento Maurizio ad un ristretto gruppo di “discepoli”, insolitamente intenti ad ascoltare le sue parole, l’autore di queste storie, nella sua ultima esternazione sul tema del genere, ha evocato un fantasma. Quando, parlando di me, ha detto, non a caso, ma provocatoriamente la frase: “tirò da una delle sue mille tasche” un libriccino, lo ha fatto perché colto da una reminiscenza letteraria di quando era un bambino, con l’intento di vedere chi fra noi, sarebbe stato in grado di individuare l’origine di quella espressione. Per tutti gli amanti, piccoli e grandi di Emilio Salgari (sembra che si debba pronunciare con l’accento sulla seconda “a”, mentre io preferivo sulla prima), il grande scrittore di oltre 100 romanzi d’avventura, ingiustamente ritenuto secondario sulla scena della letteratura italiana, anche un velato accenno può essere rivelatore di una passione mai sopita

I GENERI

                                                                             Hai visto? Sussurrò Pancrazio all’orecchio di Sebastiano, il quale se ne stata noncurante ad ascoltarlo, mentre era occupato a far scorrere l’acqua per la sciacquatura delle tazzine, Maurizio ha pubblicato un articolo sullo Zibaldino sulla violenza di genere, senza prima parlarne con noi e senza pubblicarlo su Facebook, come fa sempre, per racimolare qualche like, forse perché si vergogna. E di cosa dovrebbe vergognarsi, gli rispose chiedendo Sebastiano, senza guardarlo, pacatamente, con pazienza, o era sopportazione? Perché su questo argomento, il nostro maestro non ha le idee chiare e non sa nemmeno lui cosa vuole dire.   Ho letto l’articolo e io, modestamente, non gli darei più di un cinque e mezzo, al massimo sei meno meno meno, come si faceva a scuola. Oggi sei salito tu in cattedra, vero, a dare i voti? Secondo me, quello, di generi non sa niente, non ha mai visto la cosa da vicino. Io, a scuol