CANTICO DEI CANTICI

"Il tuo grembo è come un tondo calice che sempre trabocca di bevanda. Il tuo corpo è un mucchio di frumento ornato da rose. I tuoi due seni sono come due cerbiatti gemelli. Il tuo collo somiglia ad una torre d’avorio. I tuoi occhi ricordano gli stagni ..."



La descrizione continua con altri particolari, e mantiene il tasso di passionalità che si rileva in questi versi, per tutta la composizione, formando un testo di ammirevole modernità, in cui l'amore è il sublime dono di un Dio e la capacità di rappresentarlo, una facoltà umana che ha del divino. Siamo nel bel mezzo del libro che da oltre tremila anni ha costituito la base della nostra identità culturale, il Libro del Libri che narra delle nostre origini, chi siamo e da dove veniamo, fondato sul rapporto intimo tra un popolo e il suo Dio, con il quale quel popolo ha stretto un patto di alleanza, tradito e rinnovato, destinato a durare nei secoli.

Indipendentemente dal fatto di essere credenti o meno, parlo di Dio e di divino, riferendomi al modo di sentire del tempo che vide la nascita di questo capolavoro. E' il "Cantico dei Cantici", come un fiore di colore carnicino, pieno di umori sanguigni, spuntato in mezzo all'aridità di un deserto; un libro erotico della più bell'acqua, dove il rapporto amoroso tra un uomo e una donna viene descritto ed esaltato senza veli. Una vera anomalia per un libro di contenuto religioso, che di più religioso non ve n'è, dove tra severi patriarchi, mitici re, vicende ultraterrene, all'improvviso si apre un'oasi dedicata ai piaceri della carne, dove si indugia su quanto di più umano vi sia nella vita e nell'immaginario singolo e collettivo di tutti gli uomini e di tutte le donne.

Si ignora di chi sia e chi l'abbia collocato lì dov'è, ma è certo che dopo dubbi e perplessità sulla opportunità di mantenerlo o espungerlo dai testi approvati della Bibbia canonica, nel 1542, il Concilio di Trento, che dettò le cogenti norme della controriforma, decise di conservarlo. La giustificazione per tale scelta, risiederebbe nel modo di concepire l'amore nella Chiesa cattolica, dei fedeli verso Dio e la Chiesa stessa, come una forma di matrimonio, dizione che ricorre spesso nelle espressioni della "Chiesa e di Cristo suo sposo", delle "monache che sono le spose di Cristo", ecc.

A parte il significato allegorico che, se c'è, è ben dissimulato, è facile immaginare che un ignoto autore, preso da fervore amoroso abbia scritto quelle parole che non dovevano essere poi tanto disprezzate neanche a quei tempi (e magari trattate con maggiore libertà di quanto non si sia fatto nei secoli successivi e, per certi versi, non si faccia nemmeno oggi) . Si tratta di un testo letterario di alta qualità che uomini di buon senso e di buona fede hanno ritenuto non offensivo del sentimento religioso e molto vicino all'amore puro che non ostracizza il lato carnale di esso e pertanto hanno pensato che la sua presenza non disdicesse nel contesto di quella specie di enciclopedia di tutti i saperi che vuole essere la Bibbia.

Questo libro sacro che è il punto di partenza delle tre religioni monoteiste, è una raccolta di testi che sono stati compilati in un arco temporale di oltre un millennio, in momenti molto diversi uno dall'altro. La datazione del Cantico non è certa, ma si pensa che esso possa essere stato scritto intorno al 500 a.C. e che la sua stesura possa essere attribuita al re Salomone, il che corrisponderebbe alla figura del personaggio, ma non al suo tempo. Salomone aveva un harem di 700 mogli e 300 concubine ed inoltre coltivava una passione speciale per le donne straniere, di altri Paesi. Egli può ben essere l'autore di un libro così passionale e, sotto certi aspetti, spregiudicato (almeno agli occhi degli uomini normali, 'timorati di Dio'), ma c'è il fatto che egli, figlio illegittimo di David, successe a lui e visse. secondo la tradizione, senza il supporto di prove storiche, intorno al 1000 a.C.

Delle due, una; o non è opera di Salomone, o non fu scritto nel 500, ma molto prima. Propendo per la seconda ipotesi.

Commenti