STELLA COMETA

Giunti che furono di fronte a quel mare dall'onda scura e spessa come olio, che si parava davanti a loro, i tre arrestarono i cammelli che battevano gli zoccoli , girando in circolo sul terreno sabbioso e ristettero in una nube di polvere che poco alla volta si diradò.

Sulla sponda, né una barca, né un pontile, ma solo acqua limacciosa che si estendeva lungo l'orizzonte da nord a sud, ininterrottamente. Impossibile andare avanti.

"Siamo ormai vicini", disse il primo rivolto agli altri due che erano rimasti un po' discosti: "conviene che ci accampiamo qui per questa notte. Domattina troveremo un modo per attraversarlo. Il Mare sembra poco profondo, e all'apparenza, Morto, ci saranno pescatori nei dintorni, altrimenti dovremo aggirarlo, nel qual caso dobbiamo informarci per sapere se conviene passare da nord o da sud, per andare a Gerusalemme. Poi decideremo il da farsi".
"Guarda", disse il secondo, "la stella si è già accesa ed è più luminosa delle altre sere; sembra molto bassa sull'orizzonte".
"Ne approfitteremo per studiarla: ho con me i miei strumenti ottici e così sapremo cos'ha di diverso dalle altre stelle e se la leggenda che si è creata intorno ad essa ha un minimo di fondatezza.

Colui che aveva parlato per ultimo, alto sulla sella della sua cavalcatura, appariva alla poca luce che veniva dal mare, con un volto che sembrava scolpito nella notte incipiente, nero come ebano, con labbra tumide ed occhi lampeggianti.Con agilità smontò dal cammello e, datasi una stiratina, per raddrizzare la schiena, messa a dura prova dalle lunghe galoppate dei giorni precedenti, si mise subito a sciogliere i finimenti della cavalcatura, per scaricare il bagaglio che portava con sé e lasciare libero il quadrupede, che ne approfittò per brucare un ciuffo d'erba che era tra le zolle e la sabbia. Gli altri due uomini lo imitarono e poco dopo sul posto era stata montata una tenda con tutto l'occorrente per riposare e costruita una postazione sopraelevata, poco fuori di essa, sulla quale era stata collocata una macchina fornita di lenti e specchi, per le rilevazioni astronomiche che i tre re scienziati intendevano fare. I cammelli furono legati ad uno sparuto alberello che era nella zona e dopo essere stati riforniti di fieno e di acqua, furono lasciati dormire all'aperto, piegati sulle loro zampe. Raccolta un po' di legna nei dintorni, i tre accesero un fuoco vicino al quale riscaldarono le loro vivande.

"Cosa c'è stasera?", chiese Gaspar.
"Zuppa di ceci", rispose Baltasar.
"Volevo dire...", aggiunse il primo, "zuppa di ceci, qui mangiamo sempre di magro. Facciamo penitenza".

Dopo cena, a notte inoltrata, i tre si dedicarono ai loro studi. Mentre armeggiava intorno al suo cannocchiale, Gaspar chiese, come distratto: 

"Si sa qualcosa di Taor?".
"Chi è Taor?", disse Melquior.
"E' un Mago dell'India. Qualche giorno prima della nostra partenza mi aveva inviato un messaggio tramite un cammelliere che fa quella rotta, avvertendomi che aveva intenzione di partire pure lui e raggiungerci a Gerusalemme. Egli è un grande esperto di cibi e va in cerca di un'erba commestibile rarissima, che se la mangi non vorrai più mangiare altro. Ma si interessa anche di astronomia, come noi. Ora ci sarebbe molto utile per variare il nostro menù, che in mano a Baltasar, diciamolo pure, è stato finora di una monotonia disarmante. Quando non era zuppa di ceci, era pesce salato del Mar Nero.
"Grazie", rispose quest'ultimo, fingendosi offeso, "da domani cucinerai tu e allora vedremo".
"Zitti, per favore", sortì all'improvviso Gaspar, un occhio al suo tubo rivolto verso il cielo, "la stella sta diventando sempre più grande ed ha una coda".
"Fammi vedere", lo pressò Melqiuor, "quella è una cometa, come diceva la profezia ed indica un posto ben preciso.
"Mi dispiace per il tuo Taor", aggiunse Baltasar, "ho l'impressione che arriverà in ritardo, perché l'evento sta per succedere".
"Potrebbe accadere stanotte stessa", disse Melquior piuttosto emozionato, "vedo molte luci che si accendono sotto il punto dove sì è collocata la cometa e c'è un viavai di gente che si muove dai quattro punti cardinali, tutti diretti nello stesso luogo".
"Vorrei sapere come fai a vedere tutte queste cose, se abbiamo il mare davanti".
"Il mio apparecchio è magico e può vedere anche oltre il mare. Sono certo che questa notte nascerà il bambino che tutti aspettano".
"Tu che porti come dono?"
"L'oro, rispose l'interrogato".
"Che se ne fa dell'oro, un bambino? Io ho portato l'incenso che serve a fare un profumo delizioso".
"Maaahhh...", fece il terzo, "scommetto, che non indovinate quale sarà il mio dono. Io porto un bel po' di mirra".
"E che sarebbe?"
"Ignoranti, lo vedrete quando arriviamo".
"Smettetela di cianciare", disse spazientito Baltasar, "qui conviene che ci prepariamo a ripartire, altrimenti corriamo il rischio di arrivare in ritardo pure noi".

L'ultima affermazione colse nel segno. I tre Re Magi vedranno il Bambino Gesù con alcuni giorni di ritardo. Ma saranno contenti lo stesso. Il fantomatico quarto re mago, Taor proveniente dall'India e gran ghiottone, giunse a Betlemme, dopo un lungo giro, a Presepe ormai disfatto. Presa qualche informazione in giro e saputo che i suoi colleghi erano ripartiti, dopo che Gesù era stato portato a Nazaret dai suoi genitori, si consolò con un'ottima zuppa alle ortiche che assaggiò in una taverna di Gerusalemme "Un'erba così delicata da non credere, ma solo nella zuppa!".

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