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Visualizzazione dei post da aprile, 2023

PROLISSO

               LO SPIFFERO Lo sapete? Proruppe Pancrazio, appena entrato nel locale, qualcuno è andato a spifferare a Maurizio che i suoi scritti sono troppo lunghi e professi e che la gente si scoccia a leggerli. E lui? Chiese Sebastiano. E’ incazzato come una iena, ma non lo fa trapanare. Insomma, cosa è successo? Chiese Oreste, non ho capito un tubo di quello che hai detto. Pancrazio lo riguardò tra offeso (per sé) e impietosito (per la deficienza dell’amico): non ti sei ancora svegliato, questa mattina, o io parlo arabo? Intervenne Silvana a placare gli animi: Pancrazio ci ha detto, spiegò paziente, che a Maurizio qualcuno ha detto che egli scrive in maniera prolissa. E allora? Replicò quello. Qua viene il bello, annunziò Pancrazio trionfalmente, rivolgendosi a tutti e a nessuno; Maurizio ha preso carta e penna e si è allungato in una lettera di risposta che a dire prolasso è poco. Egli ha voluto spiegare all’impunito, come sa fare lui, cosa significa scrivere lun

RIFLETTERE

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 La presente riflessione trae origine dalla interessante osservazione fatta da Marco De Angelis sul post LIBRARSI Marco De Angelis Grazie, Bruno, della riflessione. ..."ri-flessione"... Ci sai dire, riflettendoci, qualcosa di tuo? Sulla quale si è inserito Lucio Di Eugenio, con la sua: "Questo mi ha suscitato un'immagine che va oltre il significato in sè: flettere è piegare, in ginnastica flessione è piegarsi, quindi ri-flettere potrebbe essere piegarsi nuovamente a considerare un pensiero, un problema, un concetto? " Rispondi 22 h Bruno Aielli Marco De Angelis RIFLETTERE In effetti, “riflettere” deriva dal latino “reflectere”, composto da “re”, che qui significa “indietro” e “flectere” che vuol dire “volgere”, per cui il significato del verbo “riflettere” in italiano, è “volgere indietro la mente su un particolare oggetto”, che è proprio quello che fa chi si ferma a riflettere

LIBRARSI Sulle ali della libertà

                                                                                                                                      Nella vivida luce del mattino, un canto si librava nell’aria, rompendo il silenzio cupo delle arcate gotiche, dapprima solo un mormorio sommesso, poi un inno alto e solenne, con modulazioni di una sonorità vibrante e dolce, che toccava il cuore e infondeva nell’animo pace e speranza. Pancrazio ricordava il mattino in cui si era trovato a passare davanti alla porta di quella chiesa ed aveva ceduto all’impulso di entrare, attratto dal canto melodioso che da essa proveniva. E grande fu la sua meraviglia nel trovarsi solo, nel tempio deserto, ad ascoltare quelle voci in coro che provenivano da una cappella laterale, e gli sembrava di essere entrato in un altro mondo. Maurizio insensibile a tali sdolcinatezze, ne approfittò, come al solito, per impartire una delle sue stucchevoli lezioncine di lingua.   Noi diciamo, cominciò, “librare le ali”, nel s