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Visualizzazione dei post da dicembre, 2018

LA SECONDA VENUTA

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Il secondo avvento Ruotando e roteando nella spirale che sempre più si allarga, Il falco non può udire il falconiere; Le cose si dissociano; il centro non può reggere; E la pura anarchia si rovescia sul mondo, La torbida marea del sangue dilaga, e in ogni dove Annega il rito dell’innocenza; I migliori hanno perso ogni fede, e i peggiori Si gonfiano d’ardore appassionato. Certo qualche rivelazione è vicina; Certo s’approssima il Secondo Avvento. Il Secondo Avvento! E le parole sono appena dette Che un’immagine immensa sorta dallo Spiritus Mundi Mi turba la vista; in qualche luogo nelle sabbie del deserto Una forma dal corpo di leone e dalla testa d’uomo Con gli occhi vuoti e impietosi come il sole avanza Con le sue lente cosce, mentre attorno Ruotano l’ombre degli sdegnati uccelli del deserto. Nuovamente la tenebra cade; ma ora so Che venti secoli di un sonno di pietra Furono trasformati in incubo da una culla che dondola. E quale rozza bestia, finalmente giunto al

ESSERE

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Ho navigato nel gran mare del Nord, inseguendo la radice “es” di alcune parole, ho trovato il passaggio via via più difficoltoso, a causa dei numerosi iceberg che si sono presentati, fino ad arrivare, ora, con questo ultimo scritto sull’argomento, alla sostanza del tutto, al vero Pack glaciale, dove non è possibile procedere oltre, dove ci si deve arrestare, e sostare. Farò solo una piccola escursione a terra, sul ghiaccio, per capire qualcosa di questa essenza, che si presenta sotto il nome fintamente semplice di “essere”, per poi tornare a bordo, prima che la morsa del gelo stringa a sé, inglobi, la mia nave, impedendole di tornare indietro. Dai primi reperti che ho trovato, risulta che l’essere è il punto di partenza di ogni discorso filosofico, che ha al centro il tema dell’esistenza, parola che deriva dal latino “ex” congiunto aé“sistere” e vuol dire “stare saldo”, come anche l’essere proviene da un’antica radice indo-europea “as”, divenuta poi “es”, che contiene in sé il senso

NATALE

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E’ (stato, ormai) Natale e sono tornate le solite diatribe sul natale sfavillante di tante luci, che richiamano più gente nei supermercati che non fedeli al cospetto della capanna, così svuotato com’è, di ogni significato spirituale, affogato nel mare del consumismo; peccato che quest’anno non ci sia molto da spendere per via delle preoccupazioni che gravano sul nostro futuro, mai così incerto. Presepe sì, presepe no, per il rispetto che si deve (si deve?) nei confronti dei tanti immigrati di religioni diverse, ai quali dispiacerebbe vedere quel simbolo del cristianesimo che la mite rappresentazione della natività rappresenta. Lucio ha speso una parola a favore del Natale tradizionale, quello delle famiglie felici che si riuniscono nella gioia. C’è da chiedersi quanta parte della gioia sia dovuta alla devozione per la ricorrenza dell’Avvento, e quanta invece tenda solo ai piaceri della tavola. Ma ritrovare l’intimità della famiglia, in una circostanza come questa, non ha senso, senza u

ESTORCERE

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Vi sono ancora altre parole che cominciano con il prefisso “es”, che trae origine da un precedente “ex”, per indicare l’atto di estrarre, di cavar fuori qualcosa “da” qualcos’altro, come ad esempio “estorsione”. In questo caso si tratta di atti violenti o fraudolenti che richiedono una volontà forte, tesa al raggiungimento di un fine e che non esita a ricorrere ad ogni mezzo per costringere, il soggetto che vi viene sottoposto, a cedervi. L’idea che questa violenza assume è quella della torsione, del contorcimento che può essere fisico, come quando si sottopone qualcuno a tortura, per estorcere una confessione, o metafisico, come il lavaggio del cervello, per fare ammettere colpe non esistenti, o meramente psicologico, quando si prospettano minacce, punizioni, si annunciano disastri. Poi c’è l’aspetto fraudolento, la frode, l’inganno, per esempio, per estorcere del denaro. Queste azioni comportano normalmente anche la commissione di alcuni reati, quali quelli di violenza e truffa.

ESODO-ESOSO-ESONERO

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Avete notato quante parole della nostra lingua cominciano con i prefissi “eso”, “esa” e “esi”? In quasi tutte la “es”, che proviene dal latino “ex”, nel senso di “da”, svolge una funzione di estrazione, di derivazione “da”, o di abbandono “di” qualcosa. Con uno strano intreccio di significati interscambiabili. Se “esoso” per noi vuol dire “troppo caro” per quanto riguarda il prezzo esagerato di un oggetto qualsiasi, l’“esonero”, equivale invece ad un alleggerimento di un peso, ad una diminuzione di compiti o di facoltà. In realtà, l’origine di “esoso”, dal latino “ex-osus”, è ben diversa. L’esosità era una diretta conseguenza dell’odio di cui si faceva oggetto colui che avanzava richieste o pretese troppo esagerate che lo rendevano inviso a tutti. Dall’eccessivo “peso” del prezzo, ma anche della boria del soggetto interessato, nasceva l’odiosità che caratterizzava lo stesso. Mentre l’esonero, dal latino “ex”, “da”, unito a “ònus”, “peso”, non sempre rappresenta il fatto di esser

TECNOLOGIE

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Credo che finirò col dedicare uno spazio apposito su questo Zibaldino, alla corrispondenza indiretta che si va svolgendo tra Lucio e me, data la frequenza con la quale ci troviamo lui a dire e io a (contrad)dire. Scena dal film "2001 Odissea nello spazio" di S.Kubrick, 1968  Ancora una volta devo riportare un breve scritto di Lucio che ad una prima lettura non mi aveva sorpreso più di tanto, conoscendo l’indole di mio cognato e che invece, ad una successiva mi ha intrigato fino al punto da rendere necessario un mio intervento, non dico di chiarimento, ché l’uomo tecnologico è lui e io nulla so di chip e unità centrali, ma per mettere in evidenza quella che a me sembra una palese contraddizione, anche in questo caso, né casuale, né, credo, banale. Ecco quanto scrive Lucio, su FB del 21 dicembre 2018 c.a.: ...oggi tra tanta tecnologia estrema, intelligenza artificiale, internet delle cose che comunicano tra loro, telefonini dalle tante app, automobili superdotate d

ESEGETA

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L’esegeta, nell’antica Grecia, era al di sopra di tutti, perché era l’interprete della volontà divina. Non era un sacerdote, non era uno stregone ma un magistrato. Si facevano concorsi pubblici per avere la qualifica di esegeta ed una volta ottenuto il riconoscimento di detta qualità, egli esercitava il proprio magistero, divenendo il supremo interprete di tutte le cose, dagli “arcana coeli”, nella versione romana dello stesso fenomeno, al semplice guazzabuglio di quartiere. Il suo potere non era assoluto, in quanto, specialmente nella democraticissima Atene, i suoi responsi erano soggetti a verifica da parte di organismi pubblici. Pubblicità dei baci Perugina (nome e marchio reg.) Fantastoria? E’ molto probabile; come faccio quasi sempre, quello che ho appena scritto è una mia libera interpretazione di una lettura superficiale di un testo di non provata affidabilità, quanto a verità scientifica, però a me sembra abbastanza verosimile. Quindi possiamo prenderla per buona, tanto

SAN BERARDO

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Oggi, 19 dicembre, è la festa di San Berardo, patrono di Teramo, un santo locale, già vescovo della città, venerato dai teramani, credenti e non credenti, cosa che desta sempre un po’ di meraviglia. Non credo che c’entri l’amore per l'onomastico, anche se non è da trascurare quello che affermava Alfredo, che da buon ateo, teneva ad onorare il giorno del santo di cui portava il nome più di ogni altro. Foto di famiglia (epoca e fotogr. scon.) Dalle scarne notizie che su di lui si hanno, si apprende che nacque intorno alla metà del secolo XI, nel pieno Medio Evo, da famiglia nobile, i Pagliara di Castelli, che si fregiavano del titolo di conti. Nei pressi dell’abitato di quel paesino, noto per le ceramiche artistiche, restano ancora pochi reperti del castello nel quale abitava detta famiglia che governò sulla Valle Siciliana, così detta forse per via di una migrazione di gente originaria della Trinacria, colà stabilitasi, alle falde del Gran Sasso, con senno e magnanimità e det

DEDICATO A LUCIO

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Caro Lucio, innanzi tutto lasciami dire qualcosa sul tuo nome, che è un bel nome, ricco di reminiscenze storiche. Esso viene dal latino "lux-lucis", "la luce" ed era il prenome più diffuso nel mondo romano, usato in un primo tempo per i figli nati alle prime luci dell’alba, poi, in senso augurale, esteso un po’ a tutti i figli dei maggiorenti, in considerazione del valore che si dà a chi è circonfuso da una luce negli occhi, indice di una maggiore valenza intellettuale e morale. Varianti del nome Lucio, sono poi il vezzeggiativo Lucilio, il diminutivo Luca, il malizioso Lucignolo di Collodi e il più bello, perché direttamente riferibile alla tradizione ricordata, Lucifero, letteralmente - ma questo tu lo sai - “portatore di luce”, nome dato al più bello degli angeli del Paradiso, caduto in disgrazia insieme ad altri angeli ribelli, per dissidenza nei confronti del Creatore e per questo precipitato insieme ai suoi accoliti, all’Inferno. Sul versante femminile dello

FARNETICARE

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Sto attraversando un periodo di scarsa creatività (se mai ce l’ho avuta), e mi guardo intorno in cerca di un tema al quale interessarmi, senza quasi riuscirci, se non fosse…per mio cognato, il quale sotto questo profilo è veramente ineguagliabile. Egli si pone domande alle quali non c’è risposta o alle quali è molto difficile rispondere e lo fa con spirito scevro da complicazioni intellettualistiche, per puro amore di verità. Ancora una volta debbo ringraziarlo di avermi fornito uno spunto molto interessante con il breve scritto che riporto di seguito. “ ...perché questa separazione da chi non c'è più? Quale crudele follia, se mai è follia, ci separa dal corpo e da chi amiamo? Quanti "ti voglio bene" non abbiam detto, perché distratti da futili sciocchezze, a chi ora vorremmo dire, ora che non è più tempo? Ma allora se una parte di noi non svanisce quando il corpo si disfà perché non rimane almeno la comunicazione, come legame sottile che non interrompe il fluire dei

I MIEI FIGLI 2

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E’ stata forse l’ultima stagione, quella da me vissuta, prima dell’inversione di tendenza che si è verificata nella nostra società per quanto riguarda l’incremento demografico che ha portato ad una progressiva diminuzione di nascite in Italia, rispetto al periodo precedente, in cui avere una famiglia con parecchi figli era considerata la norma. Si era intorno agli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso. Mia sorella Rita, che mi precedeva in tutto, nell’età, come nel profitto scolastico, sposata in età giovanile, aveva messo al mondo quattro figli, di cui, in qualità di zio, andavo orgoglioso, perché, la nostra famiglia di origine era ben numerosa (cinque figli) ed io non riuscivo a concepirne una che non ne avesse almeno quattro. Scambiai il mio ruolo di zio giovane con quello di “zio saggio”, come mi chiamavano Anna e Gianni, a conferma della giovane età che mi faceva molto aperto alle novità, prodigandomi come potevo nel fornir loro ogni sorta di appoggio nella lotta per le conqu

I MIEI FIGLI

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Lo potrei anche chiamare “LA DISCENDENZA 23”, perché mi accorgo che nel discorso che ho fatto intorno alle due famiglie originarie, quella di Fiorella e quella mia, dal cui incontro ha avuto origine la nostra, quella che ha per capostipiti mia moglie e me, non ho parlato affatto dei miei figli, che invece sono la ragione principale per la quale sto scrivendo questo blog. Perché all’origine di questa mia fatica era quello di creare un ambito letterario che facesse da terreno di coltura delle mie idee, da condividere con loro, come un piccolo “hortus conclusus”, quell’orticello, cinto da alte mura, nascosto agli occhi dei non addetti ai lavori, nel quale i monaci medioevali coltivavano per lo più piante officinali, alimentari e medicinali, badando all’utilità delle loro sostanze ed essenze e senza la ricerca di un effetto decorativo, come si addiceva a dei buoni frati, abituati ad un tenore di vita improntato alla frugalità e alla parsimonia, per la cura delle anime e la sanità dei corp

COLLIMARE - ABBARBICARSI - ANNASPARE

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Tre verbi. Come presi a caso. Tre significati diversi, nessun punto di contatto. Eppure mi si sono presentati insieme, questa mattina, come uniti in un unico pensiero. Un filo ci dev’essere che li unisce, che li accomuna. Cominciamo da “collimare”. Vocabolario alla mano, due cose collimano, quando, sovrapposte, combaciano perfettamente. E’ detto che l’attuale dizione del verbo è frutto di una errata lettura di antichi testi, che parlavano, invece, di un “collineare”, cioè mettere più cose in riga. E’ detto anche che, come di consueto, la parola ha subito nel tempo un ampliamento di senso, passando dalle cose materiali a quelle immateriali, come, per esempio, le idee. Anche se qui più propriamente si parla di confronto, non essendo ipotizzabile la sovrapposizione. Due idee messe a confronto, collimano quando coincidono in ogni particolare. Questo però ci fa capire come e perché sia estremamente difficile che due idee collimino esattamente. Tra due idee che affermano la stessa cosa, molt

SCANDALO

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Mio cognato Lucio mi perdonerà se ancora una volta prendo delle sue considerazioni come spunto di una chiacchierata tra di noi, fine a se stessa, senza alcun intento, se non quello di ampliare gli argomenti proposti. Il fatto è che quello che scrive, mi fa pensare, mi stimola e per questo gliene sono grato e lo invito a seguitare. Untitled, 2012 “A cosa sto pensando?” , egli si chiede in un primo scritto, “ Sto pensando che l'Unione europea è cosa storicamente e socialmente buona. Fin da quando frequentavo la scuola media ne sono stato coinvolto in lezioni informative e temi da svolgere. Cosa che si è ripetuta anche alle superiori. Ma l'assetto politico, normativo ed economico non è quello giusto, a giudicare dagli eventi di cronaca e dalle gravi disparità tra gli stati che manifestano più una tendenza alla discordia che ad una unione armonica. Oltretutto mi pare che nello stesso momento storico il processo di unificazione sia stato influenzato negativamente dal dilagare

LA DISCENDENZA 22

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“Discendenza” forse non è la parola giusta, se con essa ci riferiamo a quella linea diretta, che va da padre in figlio, attraverso molte generazioni. Nel caso dei due gruppi familiari dai quali è estratta la storia della mia famiglia, se si vuole indagare sulle radici, a voler cercare la vera discendenza, si va ben poco lontano; ci fermiamo ai primi gradini. Non si riesce a risalire oltre qualche labile ricordo di nonni, per quelli della mia generazione; di bisnonni per i discendenti, i quali però non sanno nulla di loro. E lì ci fermiamo. Quella che ho fatto nelle puntate precedenti, è invece più che altro una carrellata su personaggi che fanno parte di rami collaterali degli stessi gruppi, per lo più di una sola generazione, che poi è quella che ha preceduto la mia, di cui ora non rimane nessuno. Mi è sembrato comunque utile parlarne per favorire la conoscenza di noi, fra di noi, perché questi ricordi dicono un poco, da dove veniamo, anche se la memoria è corta, cosa abbiamo fatto e