FARNETICARE

Sto attraversando un periodo di scarsa creatività (se mai ce l’ho avuta), e mi guardo intorno in cerca di un tema al quale interessarmi, senza quasi riuscirci, se non fosse…per mio cognato, il quale sotto questo profilo è veramente ineguagliabile. Egli si pone domande alle quali non c’è risposta o alle quali è molto difficile rispondere e lo fa con spirito scevro da complicazioni intellettualistiche, per puro amore di verità. Ancora una volta debbo ringraziarlo di avermi fornito uno spunto molto interessante con il breve scritto che riporto di seguito.

...perché questa separazione da chi non c'è più? Quale crudele follia, se mai è follia, ci separa dal corpo e da chi amiamo? Quanti "ti voglio bene" non abbiam detto, perché distratti da futili sciocchezze, a chi ora vorremmo dire, ora che non è più tempo? Ma allora se una parte di noi non svanisce quando il corpo si disfà perché non rimane almeno la comunicazione, come legame sottile che non interrompe il fluire dei sentimenti? Domande senza risposte, mentre mille e mille risposte attendono ancora le domande giuste che non avremo mai tempo di porre per quanto è breve la nostra vita, spesa in troppe futili vanità... né religioni, né scienza, né filosofia placheranno mai il mio animo inquieto ... forse la fuga in una sana fantasia mi potrà accompagnare fino alla fine della mia storia, accettandone l'epilogo qualunque esso sia, perché comunque giusto, come tutto è giusto nelle infinitesime perfezioni del creato, se la realtà tutta è frutto di una volontà progettuale e creativa in se perfetta, altrimenti il tutto sarebbe una follia, una grande follia, ma chi può dirlo? ... Vi voglio bene, buonanotte.

Lucio, ieri su FB.

Segue un commento di mio figlio:
Caro Lucio perché ti tormenti in questo modo? La vita scorre. Lasciaglielo fare...

Confesso che ad una prima lettura del presente testo, ho avuto l’impressione che mio cognato stesse farneticando: di chi la follia, se tra il mondo dei vivi e quello dei morti, non esiste comunicazione? Egli parla di una follia che ci separa dal corpo e, debbo intendere dallo spirito di chi amiamo? Ma questa “crudele follia, se di follia si tratta”, da chi sarebbe originata? Non da noi che ne siamo vittime: non siamo stati noi a stabilire che la separazione ci debba essere. Essa è un dato di fatto inoppugnabile. E comunque, continua il filo del suo ragionamento, passi per il corpo, che deperisce, ma almeno quel tanto di noi che rimane dopo la morte, ma sarà poi vero? Non potrebbe continuare a tenerci compagnia, con una comunicazione costante, come un sussurro all’orecchio, per consentire il normale fluire dei nostri sentimenti? Quello che lo scritto ci propone è un mondo popolato da fantasmi che interagiscono con noi amorevolmente. Ma non tien conto dei male intenzionati. Non tutti gli spiriti sono propensi a gratificarci; vi può essere anche qualcuno che a torto o a ragione possa rivendicare qualcosa che non ci darebbe pace, nella nostra vita di sereni mortali non ancora morti. Segue a questo punto un momento di scoramento: troppe domande senza risposte e risposte a domande mai poste. Con il rimpianto di non averle fatte e l’amara constatazione che ormai non è più possibile farle. Ma nessun lenitivo esiste per l’animo esagitato dell’inquieto pensatore, non certo i rimedi della insufficiente mente umana, le ragioni dello spirito tanto invocato, della nostra insoddisfatta esistenza, la filosofia? La religione?  Che altro, oh, dimenticavo la scienza! Forse una via d’uscita esiste, nella “fuga in una sana fantasia” che conduca alla conclusione di una “storia”, sì, ma come? Con una fuga dalla realtà? No, con l’accettazione rassegnata del reale, e la riscoperta della funzione taumaturgica di quello che deve avvenire secondo gli schemi dell’incommensurabile perfezione del creato. Un epilogo quale che sia, ma sempre giusto, sotto la grande cupola celeste, la cui osservazione ci riempie di speranza. Torna l’ottimismo. Ogni dubbio è fugato? No: la follia è ancora in agguato.

Bruno Aielli (epoca e fotogr. scon.)

Ho cercato di individuare un filo conduttore in questo ragionamento piuttosto disordinato di Lucio, di capire quale sia l’asse portante di tutto il discorso. Che fatico a trovare. Ma a ben guardare, non credo che si debba trovare una logica in quello che dice. Se farneticazione c’è, non si esaurisce in se stessa; qualcosa di più profondo c’è; il dolore, l’angoscia di chi si pone queste domande, sono autentici, l’affanno, come il fiato di quei fantasmi là evocati, è avvertibile nella sovrapposizione delle idee, alquanto scoordinate, un po’ sulle righe, ma che vuoi, è troppa l’urgenza di scrivere e l’ora notturna non aiuta a tenere la mente serena. Non è necessario trovare una logica, perché questa è poesia visionaria. Mi sono ricordato di un’esperienza già fatta in passato, con gli scritti di Lucio, mai prenderli alla leggera. E’ una lettura che si presta a più livelli di comprensione. Bisogna dare il tempo ai pensieri di sedimentarsi; allora si scoprono nuovi contenuti e si è costretti a fare i conti con quanto non si era capito in anticipo. L’assunto principale a me sembra in questo caso esser quello che Lucio sapeva fin dall’inizio della impossibilità di dare risposte a queste domande. Il suo è semplicemente il piacere di un gioco intellettuale, al quale non bisogna dare necessariamente una risposta. Le risposte potrebbero essere molte, delle quali, alcune potrebbero contenere una parte di vero, ma sarebbero ugualmente insoddisfacenti. Ma è merito di chi le fa, porsele.

Anche a me piace farneticare ogni tanto ed il tema proposto sembra fatto apposta per farlo liberamente. Scandagliare per esempio cosa si nasconde sotto l’accenno a quella parte di noi che non è destinata a disfarsi con il corpo, ma che probabilmente è destinata a sopravviverci, non sappiamo in quale forma e dimensione; che sia il balenare di un antico senso religioso, la riscoperta dell’anima, o la semplice ipotesi di un’energia spirituale, chiamala come vuoi, flatus vitae, intelletto, cuore, il complesso delle nostra capacità di autocoscienza che veramente sarebbe uno spreco se tutto finisse nel vuoto di un aldilà senza speranza? Solo per aver sollevato il velo su questi argomenti per alcuni aspetti tabù, bisognerebbe tributare onore e gloria allo spirito inquieto di un Lucio in grande forma.

Tornando un pochino con i piedi sulla terra, in ogni caso è opportuno ricordare che una comunicazione esiste tra i vivi e i morti, ed è affidato alla sensibilità di chi rimane, quando il corpo della persona amata non c’è più. Essa è tutta nella capacità di fare come se l’estinto fosse ancora con noi, preservandone la memoria e coltivandone gli affetti anche dopo la morte. E’ un sentimento ideale, naturalmente e non tutti ce l’hanno. Ma questo chi è che non lo sa?

Farneticando Lucio, farneticando io, a questo punto, per restare nel campo del buon senso, l’unico commento ancora possibile sembra essere quello di Giuseppe: perché arrovellarsi? Lasciamo che la vita faccia il suo corso. Nel suo scorrere è la spiegazione di tutto.

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