ESEGETA

L’esegeta, nell’antica Grecia, era al di sopra di tutti, perché era l’interprete della volontà divina. Non era un sacerdote, non era uno stregone ma un magistrato. Si facevano concorsi pubblici per avere la qualifica di esegeta ed una volta ottenuto il riconoscimento di detta qualità, egli esercitava il proprio magistero, divenendo il supremo interprete di tutte le cose, dagli “arcana coeli”, nella versione romana dello stesso fenomeno, al semplice guazzabuglio di quartiere. Il suo potere non era assoluto, in quanto, specialmente nella democraticissima Atene, i suoi responsi erano soggetti a verifica da parte di organismi pubblici.

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Fantastoria? E’ molto probabile; come faccio quasi sempre, quello che ho appena scritto è una mia libera interpretazione di una lettura superficiale di un testo di non provata affidabilità, quanto a verità scientifica, però a me sembra abbastanza verosimile. Quindi possiamo prenderla per buona, tanto più che essa in ogni caso, ha ben poca conseguenza su quello che dirò. Da quasi intermediario delle cose divine, o presunte tali, ad interprete della parola di Dio (si direbbe in ambito cristiano), quale appare dagli scritti sacri di ogni religione e poi anche di altri scritti di particolare importanza come codici, digesti ed altre opere giuridiche, il passo è breve. Ed allora ecco che l’esegeta diventa, tutto ad un tratto, il fine conoscitore, lettore ed interprete di scritti letterari, al fine precipuo di coglierne il senso più profondo che potrebbe non apparire ad una prima lettura o comunque non alla lettura di tutti. Anche qui la qualifica di esegeta uno non se la può inventare. Tale riconoscimento è sempre attributo conferito da altri che riconoscono nel soggetto che propone la propria interpretazione, l’autorevolezza nel campo che egli eventualmente merita.

L’esegesi, quindi è lo studio di un testo, qualunque ne sia l’origine, a fini conoscitivi, per una sua piena ed approfondita comprensione. Anche i fumetti, i fogli parrocchiali, le frasi d’amore allegate ai baci Perugina, hanno avuto i loro esegeti ed apologeti. Esegesi per comprendere, apologia, per magnificare. L’esegesi è una branca della filologia, amore per il logos, lo studio del discorso. La parola “esegesi” deriva dal greco “ex” più “eghetès”, che vuol dire “condurre fuori, estrarre”, cioè ricavare un senso da alcuni segni. La filologia è la scienza che studia l’esatta interpretazione di in testo, nell’ambito di una data cultura. Viene considerato quasi un sinonimo di esegesi, la parola “ermeneutica”, che ha come radice “technè” che significa “arte, tecnica”, e vuol dire “metodologia dell’interpretazione”, il cui campo di applicazione non è più la filologia, ma la filosofia, come metodologia della conoscenza.

Per intenderci, sarei interessato ad avere i numeri per essere considerato un esegeta, molto di meno un ermeneuta.

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