COLLIMARE - ABBARBICARSI - ANNASPARE

Tre verbi. Come presi a caso. Tre significati diversi, nessun punto di contatto. Eppure mi si sono presentati insieme, questa mattina, come uniti in un unico pensiero. Un filo ci dev’essere che li unisce, che li accomuna. Cominciamo da “collimare”. Vocabolario alla mano, due cose collimano, quando, sovrapposte, combaciano perfettamente. E’ detto che l’attuale dizione del verbo è frutto di una errata lettura di antichi testi, che parlavano, invece, di un “collineare”, cioè mettere più cose in riga. E’ detto anche che, come di consueto, la parola ha subito nel tempo un ampliamento di senso, passando dalle cose materiali a quelle immateriali, come, per esempio, le idee. Anche se qui più propriamente si parla di confronto, non essendo ipotizzabile la sovrapposizione. Due idee messe a confronto, collimano quando coincidono in ogni particolare. Questo però ci fa capire come e perché sia estremamente difficile che due idee collimino esattamente. Tra due idee che affermano la stessa cosa, molto spesso sorgono dei distinguo, da una parte o dall’altra, che fanno sì che, pur collimando per sommi capi, esse poi divergano su alcuni particolari che potrebbero pregiudicarne l’assolutezza. Tra me e mio cognato, le idee non collimano quasi mai, eppure entrambi siamo presi da questa fisima di indagare, di capire (più che altro un andar per fratte a caccia di farfalle), che ci unisce.

Passiamo ora ad “annaspare”. Quand’è che si annaspa? Quando si sta per affogare, oppure si è perso il contatto col suolo e si sta cadendo: allora il malcapitato si agita scompostamente, muovendo freneticamente braccia e gambe nel disperato tentativo di aggrapparsi a qualche cosa di stabile che lo salvi da una rovinosa fine. L’immagine di uno che annaspa è così forte che non poteva non trasferirsi fin da subito al campo figurativo, per indicare lo stato di uno che, parlando, abbia perso il filo del discorso, oppure si sia incuneato in un argomento dal quale non sa come uscire o addirittura abbia perso il senso della realtà ed allora annaspa con le parole, inciampa con la lingua, si agita in cerca di una via di uscita. In questo caso si parla anche di brancolare, come chi, al buio, muova le braccia per sondare l’aria che ha davanti ed individuare per tempo l’eventuale ostacolo. Ma in realtà, mentre con il brancolare si procede con cautela, quando si annaspa, il movimento è frenetico e l’animo sovraeccitato, la mente, più che al buio, si trova nel vuoto. Annaspare nel discorso è come annaspare nel mare. La sensazione di affogare, che nel caso del mare è reale, nel discorso è ideale, come affogare nella vergogna.

Leonardo (Tortoreto 2012)

Se dall’annaspare passiamo all’abbarbicarsi, allora vediamo che, in natura, le piante si abbarbicano cioè mettono le radici (la barba), per aggrapparsi al terreno o anche ad una parete, come l’edera, con una tendenza a svilupparsi in alto. Figurativamente, passando anche qui dal mondo materiale a quello spirituale, abbarbicarsi vuol dire aggrapparsi fortemente ad un’idea, una concezione, un modo di essere, dai quali non si vuole debordare. E qui si offrono due possibilità; la prima, seguendo la tendenza che l’abbarbicarsi in generale ha di tendere, come ho detto, verso l’alto; c’è chi si abbarbica ad una idea pazza, forsennata, che però potrebbe rivelarsi anche geniale, come nel caso di un’utopia iperrealistica (nel campo religioso v. “La Città del Sole” del Campanella), oppure si scontra con quelli che a dispetto di ogni progresso, si abbarbicano a convinzioni superate, erronee, quando non del tutto false, (vedi anche qui, nella storia i c.d. negazionisti, i quali affermano che la Shoah è stata un’invenzione, oppure in campo scientifico, parlano ancora di creazionismo, a petto di tante prove della continua evoluzione della materia, con qualche tentativo pure in atto di tornare alla teoria tolemaica con la centralità della Terra nell’Universo). Per il caso che l’abbarbicarsi volga, contro la sua natura, verso il basso, sviluppando energie negative, si può accennare all’ipotesi della distopia, un brutto neologismo che dovrebbe indicare l’equivalente, al contrario, dell’utopia, cioè la prefigurazione di un mondo nel quale le forze del male abbiano preso il sopravvento e dove tutto è indesiderabile e spaventoso (v. Il Grande Fratello immaginato da Orwell nel classico, ma ormai inflazionato dall’uso spregiudicato che ne hanno fatto i media, modello di società descritto in “1984”).

Collimare, annaspare, abbarbicarsi: cosa unisce dunque questi tre verbi? Quando si parla della facoltà umana di produrre pensieri, di quella capacità creativa che chiamiamo ideazione, è possibile immaginare qualunque cosa. Per quanto riguarda questi verbi a me sembra di poter affermare che esista una sorta di coinvolgimento di essi nella formazione e nello sviluppo di un unico concetto teso ad individuare il punto di incontro o scontro tra idee diverse. Due idee collimano e allora dobbiamo solo esplorare eventuali punti di dissenso. Questo per esempio sarebbe facilissimo se volessimo approfondire il modo di andare d’accordo nell’ambito politico del centro-sinistra e capire come mai nella sua storia non si siano mai verificate divisioni o scissione, come è avvenuto ed avviene spessissimo in altre formazioni politiche. Che tutte le idee dei vari leader del Partito Democratico collimino così esattamente da non richiedere nessun aggiustamento? E’ probabile!

Ma se le idee non collimano, allora, sarà perché ognuno dei vari leader si abbarbica ad una sua concezione che è molto distante da quella degli altri. E la conseguenza potrebbe essere che qualcuno annaspi nel tentativo di rimanere a galla nel mare della discordia e vada in cerca di qualche altra sponda tra pesci di diversa colorazione. Più realisticamente, due elementi potrebbero essere di supporto a questa supposta comunanza tra verbi di diversa significanza e sono, primo, il concetto dell’aderenza di due oggetti o idee diverse, che è totale nel collimare, diviene un’aspirazione ed una speranza nell’abbarbicarsi, manca del tutto nel moto dell’annaspare, che è solo un tentativo di aderire, aggrappandosi a qualcosa e, secondo, il mondo delle idee, il fatto che proprio nel campo delle idee, i tre verbi considerati esplichino la loro maggior forza di attrazione.

Concludendo, le idee possono non collimare, abbarbicarsi con peduncoli o barbatelle, come fa la vite, ma come si fa, se si ha l’acqua alla gola, a non annaspare, annaspare per abbarbicarsi e trovare un punto di convergenza tra cose disparate per farle collimare per forza? La risposta a questa domanda è tutta nella lezione che Di Maio e Salvini ora stanno impartendo a “60 milioni di Italiani esultanti” che ballano sull’orlo del vulcano, cullati da sogni di falsa rendita (piuttosto che reddito) di cittadinanza, una tassa più o meno piatta, uguale per tutti e l’abbattimento dell’odiata Fornero.

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