NATALE
E’ (stato, ormai) Natale e sono tornate le solite diatribe sul natale sfavillante di tante luci, che richiamano più gente nei supermercati che non fedeli al cospetto della capanna, così svuotato com’è, di ogni significato spirituale, affogato nel mare del consumismo; peccato che quest’anno non ci sia molto da spendere per via delle preoccupazioni che gravano sul nostro futuro, mai così incerto. Presepe sì, presepe no, per il rispetto che si deve (si deve?) nei confronti dei tanti immigrati di religioni diverse, ai quali dispiacerebbe vedere quel simbolo del cristianesimo che la mite rappresentazione della natività rappresenta. Lucio ha speso una parola a favore del Natale tradizionale, quello delle famiglie felici che si riuniscono nella gioia. C’è da chiedersi quanta parte della gioia sia dovuta alla devozione per la ricorrenza dell’Avvento, e quanta invece tenda solo ai piaceri della tavola. Ma ritrovare l’intimità della famiglia, in una circostanza come questa, non ha senso, senza un minimo di devozione, o quanto meno di rispetto per questa tradizione. Significa essere cristiani amare il Presepe? Siamo ancora a questa domanda? L’essenziale è che ci sia empatia, come dice Lucio, che però, aspetta, ad un certo punto, bacchetta i non credenti – l’avresti mai pensato? Che si sia ri-convertito? – che lui definisce dei magna-magna, emblema della contro-festa, quella che non piace a lui. Mentre dall’altra parte si prospetta un Presepe dei migranti con tante Marie, di cui molte di colore, incinte che cercano un rifugio, una stalla, una grotta, per partorire. Quale momento migliore per intavolare una discussione sulle religioni, sulla Bibbia, libro sacro delle tre monoteiste, su Dio e sulla, anzi sulle Chiese di qualunque segno e colore?
Giuseppe prorompe, autoritativo “le religioni sono state da sempre strumenti di potere, usati dai tiranni per sottomettere le popolazioni.” Cosa senz’altro vera, ma sembra di risentire la “religione oppio dei popoli” di bolscevica memoria. Bruno: “cosa c’entra questo con la tradizione del Natale?”, tradizione che, consumismo o non consumismo, si è estesa un po’ in tutti i Paesi del mondo, anche a quelli dell’estremo oriente i più refrattari alla penetrazione del proselitismo cristiano. In tutte le discussioni che si intavolano, nel senso proprio che si propongono a tavola, estemporanee e fuorvianti, si affermano le cose più disparate, senza che si riesca, anche da parte di chi vorrebbe condurre una analisi seguendo un filo logico, ad indirizzare il discorso verso un senso unico. E’ come una serie di esplosioni di fuochi artificiali. Affascinanti e disordinati.
Penso che la religione sia venuta prima della politica e dello Stato. Le prime organizzazioni statuali hanno avuto come capi uomini che avevano la doppia veste di politici e religiosi, talvolta considerati dai sudditi come semidei, ed in questa seconda veste, è chiaro che si servivano della religione a fini politici.
Quando si affronta il tema delle religioni, bisogna abbandonare i toni intolleranti e faziosi e soprattutto, delimitare il campo della discussione, facendo chiarezza su quale branca dei vari argomenti si vuole portare l’attenzione in particolare.
C’è il discorso sulla fede; non è necessario essere credenti per provare interesse ad argomenti come questo. E neppure quando si parla dei libri sacri e in particolare della Bibbia. C’è il discorso sulla Chiesa, la Cristiana Cattolica Romana, che è quella che nel bene e nel male ha improntato di sé duemila anni di storia. Ma quando si va al contenuto dell’insegnamento cristiano, se non si vuol parlare, come giusto, del catechismo, che è l’indottrinamento acritico delle nuove generazioni, bisogna tenere ben distinte le questioni che riguardano la conoscenza dei principi della religione, da quelli che invece attengono ai travisamenti e alle vicende alterne, in positivo ed in negativo della storia della Chiesa cattolica e non solo. Che tutte le religioni, quanto a principi tendano a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, elevandone le qualità spirituali, mi sembra cosa certa. Come pure è certo che nel corso della storia, le nefandezze commesse in nome della religione, in ogni parte della terra, hanno superato ogni limite di tollerabilità.
L’aver considerato la Bibbia “parola di Dio” ha portato per lungo tempo agli eccessi di interpretare ogni episodio di essa in un’ottica di chiusura tale per cui la Chiesa si è trovata nel corso dei secoli ad essere sempre dalla parte sbagliata, in contrapposizione frontale ai progressi della scienza, svolgendo una funzione di retroguardia che non le ha giovato quanto a prestigio. Ma appare sempre più evidente che la Bibbia, scritta dagli uomini per gli uomini, è la storia della nascita di una religione e la sua evoluzione nel tempo, con una serie di passaggi che ne rappresentano le tappe, che affonda le sue radici nel mito e nella leggenda ed è per questo ancora più affascinante che se fosse opera di Dio, cosa che, se fosse vera, farebbe torto al suo supposto ideatore, tanto è piena di falle e toppe che non si addicono alla divinità. L’arca di Noè, il Diluvio Universale, la Torre di Babele, le mura di Gerico, Sodoma e Gomorra, riecheggiano fatti veramente avvenuti, come Ulisse ed Achille, Ettore ed Enea, rispecchiano l’epopea di personaggi mitici della protostoria della civiltà ellenica, per la quale si fa fatica ad immaginare un solo cantore nella persona del favoloso Omero.
Resta il fatto del battesimo, che è l’imprimatur del cristiano che si impone ai nuovi nati, mentre secondo alcuni dovrebbe essere atto volontario dell’individuo, compiuto in età matura, con la piena coscienza del significato dell’atto stesso. Con la stessa intolleranza che si dimostra da parte di quelli che sostengono la necessità del battesimo in età infantile, contro il rischio di condannare il non battezzato, in caso di morte prematura, all’eterna permanenza nel Limbo, si adoperano adesso i sostenitori del c.d. “sbattesimo” o “sbattezzo”, atto formale col quale si dichiara di non riconoscere validità al battesimo imposto da piccoli, e nel contempo si chiede, con palese contraddizione, di annullarne ogni effetto.
Sono nato in un’epoca in cui era normale venire battezzati appena nati ed essere inseriti nella tradizione della religione cristiana, accettata, diciamolo pure supinamente, religione che poi, ben presto ho abbandonato, ma non sento alcuna necessità di proclamare la mia uscita dall’alveo di quella religione.
Se non si crede più, il fatto di essere stati battezzati non produce alcun effetto e non è necessario chiedere l’annullamento dell’atto fatto a suo tempo, senz’altro con amore, anche se forse ingenuamente, dai propri genitori. D’altro canto, se dovessimo scoprire che un Dio esiste veramente, Egli non sarebbe né cristiano, né musulmano, ebraico o indù, ma sarebbe un’entità del tutto nuova che noi non riusciamo nemmeno ad immaginare. Ed allora, in quella sterminata baraonda di tutte le anime di tutti i popoli, di tutti i tempi, dall’uomo primitivo all’uomo del futuro che si presenterebbero di fronte a questa entità, voglio sperare, raggruppati per religione di provenienza, io vorrei trovarmi con il gruppo dei miei, piuttosto che capitare, magari a causa di un atto dimostrativo, di sbattezzo, nel gruppo misto delle anime perse, dei né carne né pesce, condannati all’eterno oblio. Amen.
Mura del paese abbandonato di Assergi (AQ) - 2018 |
Giuseppe prorompe, autoritativo “le religioni sono state da sempre strumenti di potere, usati dai tiranni per sottomettere le popolazioni.” Cosa senz’altro vera, ma sembra di risentire la “religione oppio dei popoli” di bolscevica memoria. Bruno: “cosa c’entra questo con la tradizione del Natale?”, tradizione che, consumismo o non consumismo, si è estesa un po’ in tutti i Paesi del mondo, anche a quelli dell’estremo oriente i più refrattari alla penetrazione del proselitismo cristiano. In tutte le discussioni che si intavolano, nel senso proprio che si propongono a tavola, estemporanee e fuorvianti, si affermano le cose più disparate, senza che si riesca, anche da parte di chi vorrebbe condurre una analisi seguendo un filo logico, ad indirizzare il discorso verso un senso unico. E’ come una serie di esplosioni di fuochi artificiali. Affascinanti e disordinati.
Penso che la religione sia venuta prima della politica e dello Stato. Le prime organizzazioni statuali hanno avuto come capi uomini che avevano la doppia veste di politici e religiosi, talvolta considerati dai sudditi come semidei, ed in questa seconda veste, è chiaro che si servivano della religione a fini politici.
Quando si affronta il tema delle religioni, bisogna abbandonare i toni intolleranti e faziosi e soprattutto, delimitare il campo della discussione, facendo chiarezza su quale branca dei vari argomenti si vuole portare l’attenzione in particolare.
C’è il discorso sulla fede; non è necessario essere credenti per provare interesse ad argomenti come questo. E neppure quando si parla dei libri sacri e in particolare della Bibbia. C’è il discorso sulla Chiesa, la Cristiana Cattolica Romana, che è quella che nel bene e nel male ha improntato di sé duemila anni di storia. Ma quando si va al contenuto dell’insegnamento cristiano, se non si vuol parlare, come giusto, del catechismo, che è l’indottrinamento acritico delle nuove generazioni, bisogna tenere ben distinte le questioni che riguardano la conoscenza dei principi della religione, da quelli che invece attengono ai travisamenti e alle vicende alterne, in positivo ed in negativo della storia della Chiesa cattolica e non solo. Che tutte le religioni, quanto a principi tendano a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, elevandone le qualità spirituali, mi sembra cosa certa. Come pure è certo che nel corso della storia, le nefandezze commesse in nome della religione, in ogni parte della terra, hanno superato ogni limite di tollerabilità.
L’aver considerato la Bibbia “parola di Dio” ha portato per lungo tempo agli eccessi di interpretare ogni episodio di essa in un’ottica di chiusura tale per cui la Chiesa si è trovata nel corso dei secoli ad essere sempre dalla parte sbagliata, in contrapposizione frontale ai progressi della scienza, svolgendo una funzione di retroguardia che non le ha giovato quanto a prestigio. Ma appare sempre più evidente che la Bibbia, scritta dagli uomini per gli uomini, è la storia della nascita di una religione e la sua evoluzione nel tempo, con una serie di passaggi che ne rappresentano le tappe, che affonda le sue radici nel mito e nella leggenda ed è per questo ancora più affascinante che se fosse opera di Dio, cosa che, se fosse vera, farebbe torto al suo supposto ideatore, tanto è piena di falle e toppe che non si addicono alla divinità. L’arca di Noè, il Diluvio Universale, la Torre di Babele, le mura di Gerico, Sodoma e Gomorra, riecheggiano fatti veramente avvenuti, come Ulisse ed Achille, Ettore ed Enea, rispecchiano l’epopea di personaggi mitici della protostoria della civiltà ellenica, per la quale si fa fatica ad immaginare un solo cantore nella persona del favoloso Omero.
Resta il fatto del battesimo, che è l’imprimatur del cristiano che si impone ai nuovi nati, mentre secondo alcuni dovrebbe essere atto volontario dell’individuo, compiuto in età matura, con la piena coscienza del significato dell’atto stesso. Con la stessa intolleranza che si dimostra da parte di quelli che sostengono la necessità del battesimo in età infantile, contro il rischio di condannare il non battezzato, in caso di morte prematura, all’eterna permanenza nel Limbo, si adoperano adesso i sostenitori del c.d. “sbattesimo” o “sbattezzo”, atto formale col quale si dichiara di non riconoscere validità al battesimo imposto da piccoli, e nel contempo si chiede, con palese contraddizione, di annullarne ogni effetto.
Sono nato in un’epoca in cui era normale venire battezzati appena nati ed essere inseriti nella tradizione della religione cristiana, accettata, diciamolo pure supinamente, religione che poi, ben presto ho abbandonato, ma non sento alcuna necessità di proclamare la mia uscita dall’alveo di quella religione.
Se non si crede più, il fatto di essere stati battezzati non produce alcun effetto e non è necessario chiedere l’annullamento dell’atto fatto a suo tempo, senz’altro con amore, anche se forse ingenuamente, dai propri genitori. D’altro canto, se dovessimo scoprire che un Dio esiste veramente, Egli non sarebbe né cristiano, né musulmano, ebraico o indù, ma sarebbe un’entità del tutto nuova che noi non riusciamo nemmeno ad immaginare. Ed allora, in quella sterminata baraonda di tutte le anime di tutti i popoli, di tutti i tempi, dall’uomo primitivo all’uomo del futuro che si presenterebbero di fronte a questa entità, voglio sperare, raggruppati per religione di provenienza, io vorrei trovarmi con il gruppo dei miei, piuttosto che capitare, magari a causa di un atto dimostrativo, di sbattezzo, nel gruppo misto delle anime perse, dei né carne né pesce, condannati all’eterno oblio. Amen.
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