ESTORCERE
Vi sono ancora altre parole che cominciano con il prefisso “es”, che trae origine da un precedente “ex”, per indicare l’atto di estrarre, di cavar fuori qualcosa “da” qualcos’altro, come ad esempio “estorsione”. In questo caso si tratta di atti violenti o fraudolenti che richiedono una volontà forte, tesa al raggiungimento di un fine e che non esita a ricorrere ad ogni mezzo per costringere, il soggetto che vi viene sottoposto, a cedervi. L’idea che questa violenza assume è quella della torsione, del contorcimento che può essere fisico, come quando si sottopone qualcuno a tortura, per estorcere una confessione, o metafisico, come il lavaggio del cervello, per fare ammettere colpe non esistenti, o meramente psicologico, quando si prospettano minacce, punizioni, si annunciano disastri. Poi c’è l’aspetto fraudolento, la frode, l’inganno, per esempio, per estorcere del denaro. Queste azioni comportano normalmente anche la commissione di alcuni reati, quali quelli di violenza e truffa.
In tutti questi casi, l’azione consiste in un “ex” “torquère”, letteralmente “torcere da”, che in senso più ampio, può divenire spremere, costringere a fare o non fare, obbligare moralmente. C’è sempre una volontà che sta in alto, o comunque “fuori” che si rivolge contro chi è sottoposto a violenze come quelle descritte sopra, il quale oppone una certa resistenza a mollare qualcosa che è “dentro” di lui (un consenso da concedere, o una colpa da ammettere), o nella sua libera disponibilità (un critico letterario al quale viene estorta, con lusinghe, una recensione favorevole per un libro che lui non considera meritevole di apprezzamento).
Un mezzo attraverso il quale, la violenza, esplode in tutta la sua brutalità è il ricatto. Qui l’azione del torcere è fisica e spirituale contemporaneamente. Rapisco tuo figlio e minaccio gravi violenze nei suoi confronti, se tu non paghi una forte somma di denaro come riscatto. Abbiamo una violenza morale nei confronti del ricattato, il quale è stretto in una morsa che procura sofferenze spirituali indicibili, e una violenza materiale nei confronti del sequestrato, contro il quale si possono adottare decisioni che comprometterebbero l’incolumità fisica del soggetto. L’azione stringente del ricatto si scatena per convincere chi deve pagare, ad accettare patti scellerati, cosa che il sottoposto a violenza accetta di fare nella speranza che aderendo al ricatto, si possa avere la restituzione dell’ostaggio, cosa che purtroppo non sempre avviene.
Si può ben dire che estorcere, anche un semplice consenso per fare qualcosa di men che giusto, sia atto esecrabile. Anche “esecrazione” appartiene al novero delle parole in “es”; dal latino “ex” che, congiunto al verbo “secràre” , da “sacer”, sacro, vuol dire (trarre) fuori dalle cose sacre, quindi tou-cour, “detestare” (se non è più sacro, diventa cosa del maligno). E’ il contrario di “consacrare” che deriva da “cum”, con, unito ancora una volta a “secràre”, che naturalmente significa “mettere con le cose sacre”.
Che dire dell’esausto? Di chi è completamente svuotato (di forze)? Uno dal quale le forze sono state estratte, fino a “ex” “haurìre”, esaurir(si)e. E se poi l’esausto si dovesse scoprire anche esacerbato? (ex + acerbus, dal senso aspro, pungente, cioè, reso aspro dall’acerbo, il sapore che si estrae del frutto non maturo o addirittura avvelenato. Basterebbe dire esaurito? Esasperato?
Purché in un acceso di esasperazione, il tizio non sia condotto ad "esplodere" dalla rabbia e commettere qualche atto inconsulto. Esplodere, da "ex" + "plòdere", "plaudere", che vuol dire "cacciar fuori battendo due corpi uno contro l'altro in modo da fare rumore". E il semplice battere le mani? 'Bè, va bene in quel caso significa applaudire, esprimere consenso e apprezzamento, come quando si dice, "alla fine della rappresentazione, nella sala esplose un fragoroso scroscio di applausi".
Anche quelli, estorti? Non credo: Toscanini decise di lasciare l'Italia, dopo che, richiesto da un gerarca fascista di eseguire in teatro "Giovinezza" (tentativo di estorsione), si rifiutò di farlo e fu villanamente schiaffeggiato dallo stesso. Nel caso avesse acconsentito, gli eventuali applausi, da parte del pubblico, sarebbero stati estorti.
Non vi è alcuna forzatura, invece, nell'atto di "escogitare", parola che viene pari pari dal latino "ex" + "cogitare", che vuol dire pensare, argomentare con intensità, alla ricerca di una idea, di una invenzione, di qualcosa di progettuale che possa dare sistemazione ad un disegno non ancora ben delineato, intorno ad un certo problema, o cosa da fare. Anche qui si tratta di estrarre, tirar fuori, in particolare un piano, un percorso, non dal mondo circostante, ma dalla propria mente. Suggerimenti possono esser tratti dall'osservazione dell'esistente, ma l'azione principale è tutta nella capacità di immaginazione.
In tutti questi casi, l’azione consiste in un “ex” “torquère”, letteralmente “torcere da”, che in senso più ampio, può divenire spremere, costringere a fare o non fare, obbligare moralmente. C’è sempre una volontà che sta in alto, o comunque “fuori” che si rivolge contro chi è sottoposto a violenze come quelle descritte sopra, il quale oppone una certa resistenza a mollare qualcosa che è “dentro” di lui (un consenso da concedere, o una colpa da ammettere), o nella sua libera disponibilità (un critico letterario al quale viene estorta, con lusinghe, una recensione favorevole per un libro che lui non considera meritevole di apprezzamento).
Un mezzo attraverso il quale, la violenza, esplode in tutta la sua brutalità è il ricatto. Qui l’azione del torcere è fisica e spirituale contemporaneamente. Rapisco tuo figlio e minaccio gravi violenze nei suoi confronti, se tu non paghi una forte somma di denaro come riscatto. Abbiamo una violenza morale nei confronti del ricattato, il quale è stretto in una morsa che procura sofferenze spirituali indicibili, e una violenza materiale nei confronti del sequestrato, contro il quale si possono adottare decisioni che comprometterebbero l’incolumità fisica del soggetto. L’azione stringente del ricatto si scatena per convincere chi deve pagare, ad accettare patti scellerati, cosa che il sottoposto a violenza accetta di fare nella speranza che aderendo al ricatto, si possa avere la restituzione dell’ostaggio, cosa che purtroppo non sempre avviene.
Arturo Toscanini (fotografo ed epoca scon.) |
Si può ben dire che estorcere, anche un semplice consenso per fare qualcosa di men che giusto, sia atto esecrabile. Anche “esecrazione” appartiene al novero delle parole in “es”; dal latino “ex” che, congiunto al verbo “secràre” , da “sacer”, sacro, vuol dire (trarre) fuori dalle cose sacre, quindi tou-cour, “detestare” (se non è più sacro, diventa cosa del maligno). E’ il contrario di “consacrare” che deriva da “cum”, con, unito ancora una volta a “secràre”, che naturalmente significa “mettere con le cose sacre”.
Che dire dell’esausto? Di chi è completamente svuotato (di forze)? Uno dal quale le forze sono state estratte, fino a “ex” “haurìre”, esaurir(si)e. E se poi l’esausto si dovesse scoprire anche esacerbato? (ex + acerbus, dal senso aspro, pungente, cioè, reso aspro dall’acerbo, il sapore che si estrae del frutto non maturo o addirittura avvelenato. Basterebbe dire esaurito? Esasperato?
Purché in un acceso di esasperazione, il tizio non sia condotto ad "esplodere" dalla rabbia e commettere qualche atto inconsulto. Esplodere, da "ex" + "plòdere", "plaudere", che vuol dire "cacciar fuori battendo due corpi uno contro l'altro in modo da fare rumore". E il semplice battere le mani? 'Bè, va bene in quel caso significa applaudire, esprimere consenso e apprezzamento, come quando si dice, "alla fine della rappresentazione, nella sala esplose un fragoroso scroscio di applausi".
Anche quelli, estorti? Non credo: Toscanini decise di lasciare l'Italia, dopo che, richiesto da un gerarca fascista di eseguire in teatro "Giovinezza" (tentativo di estorsione), si rifiutò di farlo e fu villanamente schiaffeggiato dallo stesso. Nel caso avesse acconsentito, gli eventuali applausi, da parte del pubblico, sarebbero stati estorti.
Non vi è alcuna forzatura, invece, nell'atto di "escogitare", parola che viene pari pari dal latino "ex" + "cogitare", che vuol dire pensare, argomentare con intensità, alla ricerca di una idea, di una invenzione, di qualcosa di progettuale che possa dare sistemazione ad un disegno non ancora ben delineato, intorno ad un certo problema, o cosa da fare. Anche qui si tratta di estrarre, tirar fuori, in particolare un piano, un percorso, non dal mondo circostante, ma dalla propria mente. Suggerimenti possono esser tratti dall'osservazione dell'esistente, ma l'azione principale è tutta nella capacità di immaginazione.
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