SUGGESTIONI SALGARIANE
Il nostro narratore, stava dicendo in quel momento Maurizio
ad un ristretto gruppo di “discepoli”, insolitamente intenti ad ascoltare le
sue parole, l’autore di queste storie, nella sua ultima esternazione sul tema
del genere, ha evocato un fantasma. Quando, parlando di me, ha detto, non a
caso, ma provocatoriamente la frase: “tirò da una delle sue mille tasche” un
libriccino, lo ha fatto perché colto da una reminiscenza letteraria di quando
era un bambino, con l’intento di vedere chi fra noi, sarebbe stato in grado di
individuare l’origine di quella espressione.
Per tutti gli amanti, piccoli e grandi di Emilio Salgari
(sembra che si debba pronunciare con l’accento sulla seconda “a”, mentre io
preferivo sulla prima), il grande scrittore di oltre 100 romanzi d’avventura,
ingiustamente ritenuto secondario sulla scena della letteratura italiana, anche
un velato accenno può essere rivelatore di una passione mai sopita; nella mia
memoria, ormai lontana di quei tempi, il personaggio unico, nello sterminato
panorama dei personaggi, da lui creati, che ad ogni piè sospinto, tirava “fuori
da una delle sue mille tasche”, una sigaretta, era Yanez De Gomera, il pirata
portoghese amico di Sandokan e di Tremal Naik.
Sul numero delle tasche si potrebbe sollevare qualche
dubbio, mille, cento o solo dieci? Ha poca importanza, la memoria può ingannare,
ma l’errore sarebbe di scarsa rilevanza.
Allora mi è venuta voglia di rinfrescare il ricordo di
questo grande, sfortunato autore, che potrebbe a buon titolo essere anche lui,
uno dei personaggi creati dalla sua fantasia, per una specie di partenogenesi o
partenogamia, sebbene in modo molto particolare.
Salgari avrebbe voluto per sé una vita di viaggi e avventure,
ma, invece ebbe una vita sedentaria ed agra, consumata tutta entro il perimetro
dello spazio ristretto del tavolino sul quale scriveva le avventure immaginarie
dei suoi personaggi, dopo che, abbandonati gli studi nautici senza conseguire,
come avrebbe voluto il titolo di Capitano di Marina, si dedicò esclusivamente
alla produzione, a ritmi estenuanti, per le pressioni dei suoi editori che gli
imponevano tempi molto stretti, dei suoi romanzi, che sfornava al ritmo di tre
titoli ogni anno.
Egli è l’unico autore di storie che si svolgono in ogni
angolo della Terra, senza aver mai viaggiato, se si eccettua una breve
navigazione lungo la costa adriatica. Diceva “scrivere è viaggiare, senza il
fastidio dei bagagli”. In realtà i suoi viaggi furono tutti tra il suo tavolo
di lavoro e le biblioteche dove andava ad acquisire la documentazione
necessaria all’ambientazione delle sue avventure. I suoi romanzi, infatti sono sempre
molto ben documentati, quanto a collocazione geografica, usi e costumi dei
luoghi visitati con la fantasia.
Ebbe una vita molto infelice, con una famiglia numerosa,
continuamente assillato da problemi economici e perseguitato dalla sventura,
affranto e depresso per il ricovero della moglie in manicomio, la morte di una
figlia per tisi e di un figlio per incidente e il suicidio del padre, finì, a
meno di cinquant’anni, col seguirne l’esempio, togliendosi la vita.
Il suo ingegno si sviluppò in tutte le direzioni; nel novero
dei suoi romanzi, si possono individuare diverse serie, come il ciclo della
Malesia comprendente titoli come Le Tigri di Mompracem, I Pirati della Malesia,
Sandokan alla riscossa, ecc., il ciclo dei corsari, con I Pirati delle Antille,
II Corsaro Nero, e gli apocrifi de Il Corsaro Verde ed Il Corsaro Rosso, il
ciclo Western, che annovera Sulle Frontiere del Far West e non mancano le
eroine, come La Favorita del Mahdi, Iolanda la figlia del Corsaro Nero e Minnehaha,
la bellissima e crudelissima scotennatrice, figlia del capo dei Sioux.
Nato nel 1862, con il regno d’Italia da poco costituito e
morto nel 1911, ormai più di cento anni fa, Emilio Salgari (c’è una località
vicino a Verona, sua città natale, che si chiama Salgàr, donde anche il suo
cognome, con quel mistero dell’accento che non si sa bene dove mettere) merita
un posto di rilievo nella nostra letteratura, da inserire anche nei programmi
scolastici, a futura memoria dell’Italia com’è stata, l’Italietta, con autori non all’altezza, magari di un
Conrad, Melville, Poe e London, per rimanere al campo dell’avventura, ma che
pure ha avuto scrittori che hanno fatto viaggiare con la mente, generazioni di giovani e meno giovani,
che sono, insieme al nostro, appunto, Fogazzaro, De Amicis e Collodi e molti
altri.
Cazzò! Urlò Pancrazio e di tutto questo io non sapevo
niente? Debbo dire al sindaco di Colleminuccio (chiamiamo sindaco il più fregno
del paese), di darsi da fare e di cambiare l’assessore alla cultura: facciamo
schifo!
Che bello, però, fare il personaggio! Pensa, Maurì, se noi
potessimo, da personaggi, incontrare altri personaggi famosi, chessò proprio
Sandokan, Yanez e Tremal Naik, cosa potremmo dir loro?
Maurizio lo guardò con interesse, poi rispose: che loro
hanno avuto la fortuna di avere un autore come Salgari, mentre noi ci dobbiamo
accontentare del nostro, certamente non all’altezza.
A proposito, tu sai chi è il nostro?
Lo vado ancora cercando, insieme a voi altri, ma quello si
nasconde bene e non si lascia individuare.
Come fa anche quello del prete di Colleminuccio, disse
Pancrazio, gli ho chiesto se sa chi lo ha creato e lui mi ha risposto: Dio. Figurati
se Dio si mette a fare il romanziere!
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