I GENERI
Hai visto? Sussurrò Pancrazio all’orecchio di Sebastiano, il
quale se ne stata noncurante ad ascoltarlo, mentre era occupato a far scorrere
l’acqua per la sciacquatura delle tazzine, Maurizio ha pubblicato un articolo
sullo Zibaldino sulla violenza di genere, senza prima parlarne con noi e senza
pubblicarlo su Facebook, come fa sempre, per racimolare qualche like, forse
perché si vergogna.
E di cosa dovrebbe vergognarsi, gli rispose chiedendo
Sebastiano, senza guardarlo, pacatamente, con pazienza, o era sopportazione?
Perché su questo argomento, il nostro maestro non ha le idee
chiare e non sa nemmeno lui cosa vuole dire.
Ho letto l’articolo e io, modestamente, non gli darei più di un cinque e
mezzo, al massimo sei meno meno meno, come si faceva a scuola.
Oggi sei salito tu in cattedra, vero, a dare i voti?
Secondo me, quello, di generi non sa niente, non ha mai
visto la cosa da vicino. Io, a scuola non ero bravo come lui magari, ma quando
salivo dietro al bancone del negozio di quella che poi è diventata mia suocera,
lei i conti dei clienti li faceva fare a me.
Sì bravo, così ti portavi dietro il pallottoliere, per farli
e dimmi, che genere di negozio aveva tua suocera?
Un negozio di generi alimentari, o generi diversi, come si
diceva allora, perché, oltre alle cose da mangiare, vendeva anche oltra merce
che non si mangia, come il sapone, le scope, il bicarbonato e tante altre; lì
si trovavano tutti i generi del mondo, ma mai una lite è scoppiata tra un
maschio e una femmina, ah, mia suocera non guardava in faccia a nessuno, tutti
in ordine, in bella fila, uomini e donne, nessuna differenza, quando arrivava
il tuo turno ti facevi avanti e dicevi quello che volevi, pane, caffè, pasta,
fagioli, oppure baccalà, cedri e cacao, ecc. ed io con la matita, segnavo i
prezzi sulla carta con la quale si avvolgeva la pasta e facevo i conti. Là sì
che si rispettavano i generi! Ognuno aveva il suo prezzo, ben preciso e nessuno
protestava.
Qui si complotta, disse ad un tratto un Maurizio sorto dal
nulla, alle spalle di Pancrazio, mentre Sebastiano si nascondeva in parte
dietro la macchina del caffè e sorrideva sornione, nel vedere sulla faccia di
Pancrazio i segni della più imbarazzata meraviglia.
Ma tu, disse rivolgendosi al primo dei due, hai mai pensato
che “genere” possa significare qualcosa di diverso, oltre a quello che vendeva tua
suocera?
Genere, iniziò a dire poi in tono professionale, è una
nozione molto ampia, che comprende una moltitudine di significati; si va dal
genere letterario, al che genere di musica senti e comprende più specie, con
riferimento ai caratteri essenziali e distintivi di ogni categoria.
Così anche si usa per indicare l’appartenenza ad
una delle due categorie sessuali e si dice allora genere maschile o genere
femminile, non in base ai fattori biologici, ma, e a questo punto tirò fuori da
una delle sue mille tasche un libriccino, dal quale lesse: “anche in senso
biografico, sociale, professionale, come nell’espressione identità di genere,
con cui s’intende la costellazione di caratteri anatomo-funzionali, psichici,
comportamentali che definiscono il genere in sé stesso e in quanto posseduto, accettato
e vissuto dall’individuo nella storia familiare da cui proviene e nella società
in cui vive.” Treccani, aggiunse.
Nella bottega di sora Maria, la madre di Giulia, per la
verità, non è entrato mai nessun cane, ma ora capisco perché quella povera
donna, alla fine chiuse il negozio: da quando a Piano D’Accio, a due passi da
Colleminuccio era stato aperto un centro commerciale, la sua povera bottega di
generi diversi era stata abbandonata da tutti.
Me lo dite voi, con che genere di persone, abbiamo a che
fare?
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