NEL COACERVO

 

                                                                         

Caro Pancrazio, proruppe quel giorno di primo mattino Maurizio, la tua testa è un coacervo di trovate, potresti trovare un’idea per questo Natale?

Caro Maurizio, gli rispose Pancrazio, ti ringrazio per aver pensato a me, ma ci tengo, a scanso di equivoci, a farti notare che io a Colleminuccio godo di una grande onorabilità, sulla mia signora non è uscita una sola chiacchiera e mai nessuno si è permesso di dirmi coacervo.

Tacque un attimo e, di fronte al volto perplesso del Capo, si affrettò ad aggiungere:

Detto questo, che c’entra il Natale?

Maurizio, scuotendo il capo, riprese a parlare:

Non ti offendere, mio caro amico, hai capito male, ma non è grave, coacervo è un termine che sembra essere fatto apposta per creare imbarazzo. Secondo qualcuno, sarebbe una "parola aggraziata per un concetto non aggraziato", ma per me è una parola pretenziosa che si presta a facili fraintendimenti. Viene come al solito dal latino, composta da 'co' con valore di ‘con’ + 'acervus', che vuol dire montagna, ma anche mucchio, accumulo. In genere indica una quantità di cose, messe lì alla rinfusa, in modo indifferenziato, a volte viene usato per esprimere un senso dispregiativo delle cose ammucchiate, come quando si dice un’accozzaglia di cose inutili, altre volte invece per indicare una raccolta di cose che vanno a confluire nel novero di altre dove però per merito di questa parola nobile, le cose acquistano pregio, ecco allora un coacervo di buone idee.

Io l’ho usata in modo provocatorio, per fare il verso nei confronti di molti che credono con essa di  sfoggiare un eloquio ricercato, mentre spesso cadono nel ridicolo, quindi ti prego di scusarmi.

Esistono espressioni equivalenti e sinonimi per esprimere lo stesso concetto di ammasso, con varie sfumature che vanno da ammucchiata, a pletora, subisso e accozzaglia, ma chi usa 'coacervo', spesso è convinto che si possa trovare in questa parola un significato tecnico più specifico che non nelle altre, soprattutto per la maggiore eleganza (presunta) del termine.  

Nella maggior parte dei casi, nella parola 'coacervo' a me sembra di vedere invece come un gorgo, una discarica, in cui finiscono inghiottite molte cose che formano un pattume indistinguibile. Un fenomeno inverso, se mi è consentito l'azzardato accostamento, a quello che accadde nella mitologia con il Vaso di Pandora, donato da Zeus a Pandora perché lo custodisse ben chiuso. Come saprete, Pandora non resistette alla curiosità di vedere cosa contenesse e lo aprì e da esso uscirono fuori tutti i mali del mondo, vecchiaia, gelosia, malattie, pazzia e vizio, mentre rimase intrappolata la speranza, perché Pandora, spaventata, richiuse il vaso prima che quest'ultima riuscisse ad evadere.

Nell'accezione popolare, quando si dice 'scoprire il vaso di Pandora', si allude a cose che sono state tenute nascoste e che, una volta divulgate, non possono più essere ritrattate. Da quel vaso possono uscire cose diverse, le più disparate; nel coacervo invece di uscire, le cose diverse e disparate, confluiscono in un unico ammasso e non si sa se potranno più essere separate.  

 

Pancrazio ascoltava sbalordito tutto questo fiume di parole, che data l’ora e il vuoto che aveva nello stomaco, per non aver fatto ancora colazione, gli appariva del tutto incomprensibile e, alla fine, sbottò: Tutto bene, caro Maestro, ma alla fine, che vuoi, per questo Natale? Si tratta di una donazione per il Circolo? Vogliamo organizzare una festa, un buffet con gli avventori del giorno? Ti avverto, però, io il Pandoro non ce l’ho, ma lo puoi chiedere a Sebastiano, che ne ha diversi e non riesce a venderli, io, se vuoi, posso darti un Panettone Motta, quello classico, che non è come il Pandoro, che non ha le uvette e i canditi, ma nel coacervo delle varie marche, per me rientra sempre tra i preferiti!

Seguì un breve silenzio, dopo di che, Pancrazio, fulminato da un pensiero, come per un ritorno di fiamma, chiese: ma secondo voi e si rivolse a quanti intorno stessero ad ascoltare, il coacervo è come il crogiuolo?

Rispose ancora una volta l’immancabile Maestro: no, anche se le due parole suonano a pronunciarle, come se avessero qualcosa in comune e continuò, spiegando brevemente, come a dire ci torneremo su in altra occasione, per oggi tanto basti, il coacervo è un concetto e significa mucchio, mentre il crogiolo è uno strumento che serve per fondere metalli, vetri e altre cose, come metaforicamente per esempio le idee. Nel coacervo le idee di accumulano senza un nesso, nel crogiolo si fondono creando nuove idee.

Ma si dice anche crogiolo di etnie, per parlare di popolazioni di diversa estrazione etnica che convivono e che dovrebbero essere in pace e spesso non lo sono.

È azzardato pensare che se le diverse etnie si fondono e stanno in pace, il risultato è effetto del crogiolo, se si fanno la guerra, rientrano nel coacervo delle più insensate attitudini umane?

Pancrazio si alzò in piedi e compunto ad occhi chiusi e con le mani congiunte, cominciò a compitare, pregando:

Pensierino per Natale: Bambinello che stai per nascere, tu che puoi tutto e che anche nelle situazioni più disperate fai rinascere la speranza, fai in modo che sulla Terra cessino le guerre e che i popoli imparino a vivere in pace, non più come un coacervo di etnie, ma come una sola nazione, nata nel crogiolo di tutte le etnie, fuse tra loro in un unico tratto distintivo, che è quello della sola razza veramente esistente, la razza umana.

Amen sentì dire in coro alle sue spalle.

Aprì lentamente gli occhi per guardarsi intorno a trovò Maurizio, Sebastiano, Silvana, Chiara, Oreste e tanti altri idealmente presenti, piamente inginocchiati con le mani congiunte e ad occhi chiusi, in circolo intorno a lui.

Poiché non accennavano a desistere da questo atteggiamento, preso da un sospetto, ad un tratto, esclamò: ora basta! La rappresentazione è finita! Me non mi prenderete per il culo, tanto meno a ridosso del Natale: alzatevi, buffoni e che Dio vi perdoni, io no!   

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