SMARGIASSO
Pancrazio, oggi ti vedo particolarmente esuberante, disse
Maurizio, al suo discepolo che era appena entrato nel locale sbattendo la
porta.
Senza rispondere, il nuovo arrivato andò dritto alla
libreria, prese il vocabolario della lingua italiana e cercò
la parola “divertissement” che non conosceva, saltò la prima
definizione che parlava di musica e a lui non interessava, passò senz’altro alla
seconda, leggendo: “piccola composizione letteraria di contenuto frivolo o
giocoso”, quindi si soffermò pensando a voce alta: frivolo, è frivolo;
altrimenti non si sarebbe messo a gettar sassi in un pantano, come un
ragazzino. Ma, giocoso?
Si rivolse al Maestro e disse: Sto parlando dell’ultimo tuo
scritto, nel quale tu, sotto le mentite spoglie dell’autore (chi sia poi questo
autore, non è affatto chiaro), ti sei lamentato del fatto che nessuno vada a
leggere sullo Zibaldino le cavolate che ti ostini con accanimento
quotidianamente a pubblicare, facendo finta di non essere affatto interessato
all’eventualità che qualcuno possa essere invogliato a farlo.
Mentre invece fai di tutto per accendere la curiosità della
gente, sconsigliandola dal cedere ad essa. Come i ristoratori che espongono
all’ingresso del ristorante la tabella del menù, con su scritto “Qui si mangia
male”.
Ti sembra giocoso un comportamento consimile? E allora
perché hai messo il titolo “Divertissement” al tuo scritto, se di divertente
non c’è proprio niente?
Si tratta, evidentemente di un ulteriore sotterfugio per
nascondere il tuo disappunto: come? nessuno abbocca all’amo, così abilmente
teso da te, per gli allocchi?
Qui però, c’è da piangere, non da ridere, concluse
Pancrazio, sconsolato: povero Maurizio nessuno è in grado di capire le tue
finezze, né si interessa a cose che solo a te sembrano tanto importanti!
Però è bene che tu ne parli, se non altro è un modo anche
questo di superare il senso di frustrazione che altrimenti potrebbe assalirti.
Ei, Pancrazio, intervenne Sebastiano, non crederai di poter
parlare così al nostro Maestro! Che ne vuoi sapere tu…
Basta, lo interruppe quello, non so se sono subero, come
dice Maurizio, ma ho capito una cosa, qui le cose non vanno bene perché
Maurizio è troppo debole ed arrendevole. Ci dobbiamo battere per vincere!
Ma cosa devi vincere, tu?
Non io, ma noi! Proruppe Pancrazio, Maurizio merita di più.
Io mi sento superiore a tutto ciò e questo mi conferma nella mia convinzione di
essere un privilegiato ad avere la mente meno ingombra da tante fantasticherie
che prendono gli intellettuali, come vorrebbe essere Maurizio, appunto.
Altro che complesso di inferiorità, come ha detto quello, il
mio vero antagonista, che non fa che lodarmi, da una posizione paternalistica
di superiorità, come si fa con i bambini un po’ ribelli.
Pancrazio, si sa, ha le sue idee e non tollera nemmeno
l’intervento del suo autore, di cui non riconosce la paternità, per cui quello
che dice è farina del suo sacco e di nessun altro; il suo autore non riesce a
controllarlo, gli sfugge continuamente di mano, talché egli è costretto a questo
punto a dissociare le proprie responsabilità dalle sue, con la presente nota di
precisazione, non a difesa di Maurizio, che non ne ha bisogno, ma per l’esatta
conoscenza della storia, per come essa dovrebbe effettivamente essere.
A Maurizio non dispiace che il suo blog non riesca ad
entrare nel Guinness dei primati, fin dal principio il suo scopo era quello di
compilare una raccolta dei suoi, che a chiamarli scritti, è già una cosa
comica, per uso interno solo per se stesso non avendo nessuna ambizione a premi
o riconoscimenti di sorta (te lo immagini Maurizio che stringe la mano di re
Carlo Gustavo XVI, tutto paludato, di fronte al Comitato del Premio, a
Stoccolma?) ed anzi è felice di aver raggiunto un rapporto molto simpatico ed
allettante fra pochi, ma sinceri amici, per cui…
Eh, no, caro Maurizio, tu non puoi essere così fiacco! Ne va
del nostro nome! Devi darti da fare, sgomitare, se sarà necessario, ma dobbiamo
arrivare ad ottenere un titolo, un riconoscimento. È Pancrazio, naturalmente,
che ha preso il sopravvento sul suo Maestro ed ora lo stimola ad essere più
sicuro di sé.
Se non il Nobile, almeno il Puliter te lo debbono dare ed io
ti aiuterò ad ottenerlo. Fidati di me.
A me sembra, interferì Sebastiano che tu, caro Pancrazio stia
farneticando come uno smargiasso, uno sbruffone buono a nulla: cosa potresti
mai fare a favore del nostro Maestro, che lui non sia in grado di fare da
sé?
Smargiasso è quando uno promette una cosa che non può fare,
ma quello non sono io, proruppe Pancrazio, in tono offeso. Tanto per
cominciare, ti dico che a Colleminuccio abbiamo costituito un Comitato per i
festeggiamenti per quando il premio sarà assegnato e, nel frattempo, abbiamo
aperto una sottoscrizione per raccogliere i fondi da offrire ai membri della
Giuria che dovranno decidere l’assegnazione ed ai quali noi faremo visita,
prima della decisione. Come diceva mio nonno, ad ungere la ruota, va sempre
meglio.
Finora abbiamo raggiunto tre prosciutti e cinque pizze di
formaggio stagionato. Ma molti altri verranno ad offrire altre derrate
alimentari, polli, conigli ed uno ha promesso anche un sacco di farina di mais,
ottima per fare la polenta ed un vaso di salsicce sott’olio.
Ho sbagliato, disse a questo punto Maurizio, rivolto di
nuovo a Pancrazio, tu questa mattina non sei esuberante, ma addirittura
prorompente! Dici delle cose assurde ed ha ragione Sebastiano a dire che sei uno
smargiasso, che è un termine molto bello, ma denota comunque una inadeguatezza al
compito che uno per spavalderia si attribuisce, una deficienza…di chi si
proclama capace.
Ah, ‘mbè se siamo agli insulti, si lamentò Pancrazio, allora
vediamo, andiamo a leggere sul vocabolario la parola “smargiasso” e riprese il
grosso tomo, lo sfogliò in fretta, si fermò su una pagina e con il dito indice
scorse i vari nomi, fermandosi a quello desiderato e cominciò a leggere,
sillabando: “s…ma..r…gia…s..s…o! sbruffone, fanfarone, sorvolò, e…tì-mo
incerto, forse da “margia, margella” che in italiano antico significava “moccio”,
quindi bambino moccioso, che si vanta di cose di cui non è capace, ecc.,ecc.”
vi sembra che ci sia scritto che io sono deficiente? E si guardò intorno
interrogativamente. Sono forse un moccioso?
Guardò meglio, fin oltre il bancone del bar, ma dove sono
gli altri? Chiese sbalordito a Sebastiano ritto come una sentinella accanto
alla macchina del caffè, sono andati via tutti? E perché?
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