MALANDRINO

                                                           

Ma insomma, “malandrino” è bello o è brutto, è buono o cattivo? Chiese Pancrazio alla fine di una discussione, nel corso della quale, un interlocutore che non conosceva aveva ripetutamente usato questo termine, a volte in senso positivo, altre negativo.

Benché l’origine della parola sia tale da far pensare al male, argomentò Maurizio (potrebbe derivare da “mal”, cattivo, + “landrino” nel significato  di “vagabondo”, ma ancora peggio, per l’affinità con il dialettale “malandra”, che vuol dire “prostituta”), la stessa, oggi non può non suscitare un sorriso, per la sua formulazione che non fa pensare veramente a gente di malaffare, delinquenti o mascalzoni, bensì a persona arguta, audace, sfrontata, sì, ma alla fine un simpaticone, dotato di malizia, ma non di cattiveria.

È quel che si dice di una simpatica canaglia! Aggiunse Oreste; a ben guardare anche “furfante” può essere inteso in doppia senso, di ladro e imbroglione, ma anche di un mascalzoncello, monello un po’ sopra le righe, meritevole di una pacca in testa, più che di una vera e propria riprovazione.

Io nel malandrino vedo più la compiacenza, affermò Silvana, di chi ne è vittima, una quasi approvazione, addirittura un riconoscimento, una lode per meriti da individuare, forse l’improntitudine.     

‘Mbè, vediamo di non esagerare, intervenne Maurizio, simpatia, accondiscendenza, sì, lode no.

Mi sembra di ricordare mio nonno, disse Pancrazio, che quando io facevo qualcuna delle mie, mi rimproverava severamente, ma poi sotto sotto sorrideva e mi allungava qualche moneta, dicendo: Però non farlo più, intesi?

Ma tuo nonno ti chiamava malandrino? Chiese Sebastiano.

No, quello era mio zio, quando gli fregavo le sigarette, mio nonno mi diceva figlio di puttana… salvando la madre, aggiungeva poi, guardando di sottecchio sua figlia.

Non si dice sottecchio, gli fece notare Sebastiano, ma sottecchi.

Dovevi dirlo a lui, non a me, fu la risposta.

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