IL CRINALE
Pancrazio era combattuto tra i ricordi dell’infanzia e le ragioni dell’età avanzata, quando la vita è sul crinale pericoloso di una cresta che con tratti serpeggianti si inoltra nella nebbia.
Questa dicotomia si faceva particolarmente sentire nelle
ricorrenze delle feste, come si diceva quando egli era bambino, “di precetto” e
massimamente in quelle della liturgia pasquale, per la quale, essendo stato
indottrinato a suo tempo da sua madre, fervida credente, nutriva una profonda
nostalgia, sia in omaggio al ricordo caro della madre, e ai sentimenti buoni da
lei inculcatigli, che per quello che lui stesso era stato ed ora non era più.
A quel tempo la settimana di passione egli la viveva
intensamente ed ogni giorno sentiva crescere dentro di sé la sensazione di
qualcosa di molto importante che doveva accadere, fino al venerdì, quando si
compiva il dramma massimo, con le due processioni che inondavano il suo giovane
cuore di commozione.
Si svegliava all’alba, ridestato dai canti e dal trapestio
de piedi di molte persone che passavano per strada e dal letto vedeva sfilare davanti
alla finestra, posta al primo piano sul livello stradale, la parte superiore
delle immagini sacre portate in processione e il suo animo se ne imbeveva.
Poi di sera non poteva fare a meno di assistere alla grande
parata della processione di Cristo morto, alla quale partecipava moltissima
gente ed egli ingenuamente piangeva commosso della partecipazione di tanta
parte della popolazione.
Recentemente, sfogliando i libri di scuola di sua figlia
Evelina, aveva letto alcuni versi sottolineati che avevano riempito la sua
mente di pensieri, in qualche modo legati a questo suo stato di emozionabilità,
acuita dall’età: “Voghiam voghiamo o disperate scorte/Al nubiloso porto de l’oblio/a
la scogliera bianca della morte”.
Noi viviamo nella passione di Cristo la nostra passione e
non possiamo non commuoverci.
Più tardi ha letto che Carducci, autore di quei versi, una
volta a Bologna, mentre passava la processione del venerdì santo, stava giocando
a carte con amici e non mostrò alcun interesse per quella rappresentazione.
A questo punto l’incantesimo si è rotto ed egli ha capito
che ognuno deve scegliere sul crinale da quale lato scendere, per non farsi
male.
Al prete di Colleminuccio che gli chiedeva di indossare la
tonaca e di avere l’onore di far parte dei portatori della pesante impalcatura sulla
quale era adagiato il catafalco di Cristo, da portare in processione la sera
del venerdì santo, ha risposto che egli non era un necroforo.
Ah! Ah! Gli ha ventilato ridendo Sebastiano, qui c’è lo
zampino di Maurizio.
Qui c’è lo zampone di Pancrazio; gli ha risposto in modo provocatorio
quello, lo vuoi provare?
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