LA PASQUA

 

                                                                            

E venne la Pasqua, ma nessuno la vide, perché essa era nascosta nei cuori, che erano duri ad aprirsi, tanto più che la coincidenza con l’inizio dell’ora legale, aveva scombussolato un po’ tutti.

Stai parlando a vanvera, lo apostrofò Sebastiano, che era ancora risentito del bisticcio del giorno prima, avuto proprio con lui, per futili motivi (si parlava di acque croscianti, mentre lui aveva in mente un ordine di acqua minerale e salatini croccanti, per cui non si erano proprio capiti, ma Pancrazio seguitava ad accusarlo di essere sordo ad ogni richiamo che fosse minimamente poetico e questo lo aveva fatto incazzare).

Che vuol dire “a vanvera”? domandò a mezza bocca Pancrazio, guardandolo di sottecchi – non vorrà continuare la lite di ieri? – si chiese - Allora non gli aveva perdonato la sua reazione, diciamo così, un po’ troppo vivace?).

Cari amici, intervenne guardingo Maurizio, il quale nel frattempo aveva frettolosamente compulsato Internet sul cellulare, l’espressione “parlare a vanvera” è come “parlare al vento” e vuol dire parlare senza senso e senza nesso, come fanno i bambini, i quali talvolta farfugliano confusamente parole incomprensibili.

L’origine della parola “vanvera” è quanto mai incerta, ma il suo uso risale ad un bel po’ di tempo addietro. Secondo alcuni deriva da “bàmbera”, che è un gioco di carte, altri dicono da “vano”, vuoto, ma la più probabile sembra essere quella che la fa discendere da “fanfera” parola di origine onomatopeica che vuol dire “cosa da nulla”. Come il “fan-fan”, dei bambini che farfugliano.

Ma, insomma, ce l’avete tutti con me! Nemmeno oggi, che è Pasqua…se non mi ci volete, basta dirmelo ed io non mi farò vedere più.

Il tono era addolorato, ma incredulo.

Infatti, ecco Silvana insorgere: se va via Pancrazio, anch’io me ne vado e tu Sebastiano – ed alzò gli occhi su di lui, implorando una smentita – dovrai trovarti un’altra schiava che stia con te dietro al bancone.

Secondo me – intervenne fermamente Maurizio – abbiamo smarrito lo spirito pasquale col quale Pancrazio ci aveva introdotti a questa conversazione, che avrebbe dovuto essere più che amichevole, amorevole.

Io ce l’ho messa tutta, affermò amareggiato Pancrazio, ma anche ‘sta benedetta Vanvera, alle quale ho parlato, come a tutti, non mi ha mica risposto? Niente, neanche una parola!

Pazienza lo consolò Maurizio, c’è ancora domani! Poi si ricordò che era il titolo di un film, che aveva visto di recente, di quella regista di cui non ricordava il nome. Ma Pancrazio non poteva saperlo.

Sì, domani! Si lamentò ancora Pancrazio, non l’ho capito mica, dove voleva andare a parare la Cortellesi con quel suo film, alle fine anche la votazione per la Repubblica ci ha fatto rientrare!

È il suffragio universale, ragazzi, esclamò da dietro le quinte Chiara, comparsa come sempre all’ultimo minuto. È la fine di un’epoca!    

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