DELLO SCRIVERE

Avrete notato che scrivendo, non curo che le quattro sciocchezze che vado dicendo corrispondano a precisi canoni storici, scientifici e quanto meno letterari, essendo io interessato non alla precisione in genere, ma ai concetti, al significato, partendo dall’approssimativo e scavando, chissà forse qualcosa ne uscirà.

Delle cose mi picco – sì, per una volta mi posso piccare, me lo consentite? – di trovare il lato recondito, il particolare nascosto, quello che è sotto l’apparenza e, soprattutto, della ricostruzione di un percorso evolutivo, quello che più mi intriga sono gli snodi, i bivi (una cosa ha preso una strada e non un’altra, perché?).

Women and feminism, Enrico Pasquali, late 1960s from silver bromide gelatin/film 24x36 mm (Fondo Enrico Pasquali - Cineteca di Bologna)

Gran compito quello di dare nome alle cose. Al posto di Adamo mi sarei sentito perso a dover nominare tutto, cose, animali, fenomeni e accadimenti (nel Paradiso terrestre ce n’erano? Non lo so). Ma certo che ci sarà voluto un acume straordinario per cogliere di ogni minima cosa i caratteri essenziali e concentrarli in una parola. Quello cos’è? Un animale? (come mi sarà venuto in mente il termine animale?), comunque sì, scriviamo animale. E’ feroce? Sì. Allora scriviamo pure fiera, c’ha la criniera? Sì. Allora è un leone!!! (Cazzo, che bravo che sono...) E la moglie? Mbè quella non c’ha le palle. E come se ce l’ha; quando quello sfaccimm’ del marito non vuole fare niente, chi ci pensa ai poveri leoncini? La leonessa, ed ecco inventata anche la leonessa.

Ma non sempre è così facile. Prendi l’ornitorinco: innanzi tutto devi sapere che è un anello di congiunzione tra due specie, poi che è un mammifero la cui femmina depone le uova, inoltre che vive solo in Australia, a questo punto come fai a chiamarlo ornitorinco? Un colpo di genio.

Ma dopo che il primo uomo si è sciroppato questo compito di dare il nome anche al più piccolo insetto della terra (della Terra? Ma allora era stato già cacciato dal Paradiso Terrestre? Ma no è che a quell’epoca nel P.T. – attenti, non siamo alle Poste - c’erano già tutte le bestie che poi sono state trasferite sulla terra per colpa del primo uomo) e dato per scontato che di ogni parola il tempo macinando ha fatto il comodo suo, trasformando ogni significato, in un altro uguale e contrario, a noi poveri esegeti (e sì, ragazzi, lasciatemelo dire, anche io tra loro, magari sotto copertura), di tutto questo ambaradan che è il vocabolario delle lingue esistenti sulla terra, tocca un compito ancora più arduo di quello di Adamo, quello di sbrogliare la grande matassa, che specialmente dopo la torre di Babele, si è sviluppata intorno alle parole e ai nomi, fino a diventare un campo smisurato di battaglia tra linguisti che si arrabattano a decifrare ogni brandello del logos umanoide.

Non voglio far torto a nessuno, Adamo poverino aveva svolto molto bene il suo compito, ma poi i suoi discendenti, inorgogliti del fatto di avere quello strumento linguistico col quale potevano esprimersi e capirsi, costruirono quella torre con la quale pensarono di poter colloquiare anche con Dio e Dio allora per punirli confuse le lingue così che non potessero comprendersi neppure tra di loro. Ma questa è un’altra storia, già narrata.

Una raccomandazione: a me piace esprimermi liberamente, quindi non prendete mai sul serio quello che dico, perché sono un avventato e posso dire anche grandi stronzate. Inoltre debbo confessarvi anche un’altra cosa: non amo inserire nel discorso le parolacce, ma ogni tanto mi tocca farlo per svecchiare il mio eloquio (eloquio? balbettio!) ed essere un pochino alla moda.

Sono convinto che con lo scritto di oggi perderò anche quei pochi volenterosi che saltuariamente trovano il tempo e la voglia di venirmi a trovare.

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