SGORBIO

Se la Bic fosse stata inventata prima della penna d’oca, la parola “sgorbio” non esisterebbe. Infatti “sgorbio” viene dal latino volgare “scorpus” che significa “scorpione” e veniva usata fin dai tempi più antichi per indicare la macchia che gli scolari pasticcioni facevano sul quaderno, al tempo in cui i banchi della scuola erano dotati di calamai per intingere le penne, lasciando cadere inavvertitamente una goccia di inchiostro sulla pagina bianca, che formava una figura nera a forma di scorpione. (Gli scolari più malaccorti, poi, cercavano di cancellare la macchia con la manica del grembiule, con effetti ancor più disastrosi, al punto che l’unico rimedio era strappare il foglio prima che la maestra se ne accorgesse).

Ernest, di A. Kertesz (1931)

Lo stesso è stato per “scarabocchio”, termine simpaticissimo, derivato dal latino “scarabeus”, di poco più bello dello scorpione, di certo meno pericoloso, che ha dato la scaturigine al vocabolo che doveva rappresentare un segnaccio tracciato a caso su un foglio, svogliatamente, con un andamento così irregolare da raffigurare tuttalpiù quel coleottero.

Scarabocchio è uno scritto illeggibile, un disegno fatto male, una firma quando il firmatario risulti assolutamente non identificabile. Solo che lo scarabocchio tale era all’origine e tale è rimasto ancor oggi, mentre lo sgorbio nel tempo ha acquisito altri significati che partendo dall’idea dello scorpione, si sono sviluppati in altri contesti, pur conservando del senso originario la caratteristica principale consistente nella designazione del brutto, del deforme.

Uno sgorbio oggi può essere un dipinto, un palazzo, una statua, un lavoro non eseguito a regola d’arte, perfino un uomo quando è brutto e sgraziato. Pensate al termine del vernacolo partenopeo, “scarafone”, detto di persona, addirittura di bambini (“Ogni scarafone è bello a mamma ‘suoij”), dove lo sgorbio, arretrando nel tempo, scavalca se stesso per ridiventare direttamente scarafaggio delle origini.

Una parola che solo per alcuni tratti si può accostare a sgorbio è “scempio” che ha un’origine del tutto diversa, ma che all’idea del “semplice” inteso come “insufficiente” e del brutto o sgarbato, aggiunge una componente di violenza, trasferendosi in un’azione che ne indica anche la malvagità.

"La folla ha fatto scempio del cadavere del prigioniero", oppure "un ecomostro costruito a fianco di un tempio greco di epoca classica, fa scempio del più elementare senso di valorizzazione dei siti archeologici e violenza al panorama".

Dalle stelle alle stalle o viceversa: la “sgorbia”, femminile di “sgorbio”, è invece un attrezzo a forma di scalpello, con una lama d’acciaio di forme le più svariare a seconda dello scopo per cui serve e così abbiamo una sgorbia da falegname, ebanista, una da scultore, da scalpellino, da podologo per i calli e da macellaio per scavare i quarti. Non certo per fare degli sgorbi, né degli scempi.

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