STRAVAGANTE

Ho letto una lunga dissertazione sullo “stravagare”, inteso come il passeggiare al di fuori dei sentieri comuni, dove era evidente la ricerca di una pietra filosofale, per costruire un castello di parole a sostegno di una passione per il paesaggio, per la libertà, per la valorizzazione di qualsiasi posto con l’apporto di quel tanto che ci dobbiamo mettere noi, con la nostra fantasia ed il nostro estro.

Leo, 2014

Ma vi siete accorti che ogni cosa che noi diciamo facciamo in realtà è una metafora di qualcosa che è sempre presente e che pure ci sfugge, che ogni cosa anche la più semplice può essere il veicolo di altri intendimenti, che la nostra continua insoddisfazione deriva proprio da questo fenomeno, per cui ci sentiamo proiettati verso un destino che non conosciamo ed allora adombriamo con le parole con il pensiero, ogni cosa che ci circonda di un senso che va oltre il normale modo di sentire?

L’autunno è metafora della vita che è giunta ad un punto in cui le foglie (le illusioni) cadono e si entra in ibernazione. Il viaggio è metafora anch’esso della vita e di tante altre cose. “Coelum non animum mutant qui trans mare currunt”, l’avvertimento di Orazio nei confronti di quanti ritenessero di poter cambiare il proprio modo di essere viaggiando da un posto ad un altro, può essere utile in senso assoluto (la canaglia non si fa santo cambiando la sede della propria attività), ma non in senso relativo. Il viaggio è un percorso che apre nuovi orizzonti ed in questo senso può migliorare il carattere anche del malavitoso.

Ma io voglio tornare al soggetto “stravagante” per eccellenza, che bada alla sostanza non alla forma, che ha i numeri oltre che il coraggio per uscire “fuori” dai canoni, l’extra-vagantem, secondo i romani, l’uomo che cammina, vaga per sentieri “fuori” del comune, della norma, del preordinato, per scegliere la casualità, la libertà di scegliere, l’affrancamento da ogni vincolo e qui la metafora si amplia fino a comprendere l’universo mondo.

Non l’eccentrico fasullo, non lo snob, non colui che cerca di sorprendere, non l’anticonformista da salotto o di strada, coi capelli tagliati in modo da sorprendere e provocare una reazione in chi lo vede, che porta i pantaloni pieni di buchi, strappati, ma colui che nel pensiero è avanti agli altri, perché conosce la vera libertà di non sentirsi condizionato dal pensiero altrui, dall’atteggiamento dei costruttori di mode.

La stravaganza è un abito, una condotta originale e responsabile che va contro i pregiudizi. Se qualcuno, nel palinsesto della vita di gruppo, ha scritto un canovaccio per il nostro ruolo, vogliamo essere liberi di interpretare la parte senza una regia esterna. Con le nostre forze, con la nostra fantasia, con il nostro intelletto.

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