ATTOCCARE - ARRAFFARE

“A chi tocca tocca” recita un assioma popolare caro ai fatalisti, che lo usano per fare riferimento alla sorte che spetta ad ogni uomo. Toccare, infatti, oltre che essere il verbo che aziona direttamente il nostro senso del tatto (toccare come “entrare in contatto fisicamente” con qualcuno o qualcosa), significa anche “accadere” e “spettare”. Nel gergo dialettale abruzzese, “toccare” in questi casi, diventa “attoccare” e si usa per indicare qualcosa che ci è capitato (es. “mi è attoccata una fortuna”, o una disgrazia); o che siamo tenuti a fare (mi  attocca studiare). E che questo termine dialettale abbia un’origine antica è testimoniato da diversi esempi reperibili in testi di sicura attendibilità.

Gioco del nascondino (aut. ed epoca scon.)

Così, curiosando su Google, ho trovato un poemetto stampato a Napoli il 1628 intitolato “La Vaiasseida”, poema heroico di Giulio Cesare Cortese, in cui, nel riferire di una schermaglia amorosa che si svolge tra due personaggi di stampo ariostesco, Meneghino e Resta, l’autore fa l’esempio di un gioco chiamato della “cova”, corrispondente a quello che noi oggi chiamiamo “nascondino”, che si fa fra ragazzi di una certa età (cresciutelli) e dice espressamente che, dopo fatta la conta, il sorteggiato al quale “attocca” covare, si impegna a non guardare dove gli altri vanno a nascondersi in modo tale che, una volta che tutti si siano nascosti e sia stato dato il segnale che si può cominciare a cercare, egli si muove e va alla scoperta dei compagni e il primo che scova ed abbranca, sarà quello al quale “attoccherà” covare nuovamente.

Che ci azzecca? Direte. Niente, solo una curiosità. Un’altra è data dall’origine inusuale della parola “arraffare”, che, come tutti sanno, significa prendere una cosa con violenza ed in fretta, indiscriminatamente, senza fare troppo caso a quello che si prende. Questa parola ha diversi sinonimi arraffiare, aggrappare, abbrancare, strappare, sgraffignare, acciuffare, tutti con qualche connotazione in più o in meno rispetto all’originale. La maggior parte di essi derivano dal “raffio” o “graffio” che vuol dire “uncino”, per cui il significato originario sarebbe “prendere con unghie curve”, come fa un rapace. 

Ferma restando l’idea del rapace che afferra la preda con gli artigli e la sbrana col becco, proviamo a trovare qualche differenza rilevante di significato tra i diversi termini. Lo possiamo fare con esempi. Per arraffare l’esempio più completo e rispondente al modello è “Ci sono stati i ladri e hanno arraffato tutto”. C’è la violenza, c’è la fretta, e c’è anche l’azione indiscriminata. Altri esempi, con significati diversi: “L’unica cosa che gli era rimasta era la speranza alla quale si era aggrappato con tutte le sue forze”. Di seguito: “Lo scippatore aveva abbrancato la borsa della donna e gliela aveva strappata di mano”. Più raffinato “sgraffignare”, che denota una tendenza, con accento leggermente ironico: “Non bisogna lasciare niente sui tavoli, perché qui gira un gratta che usa sgraffignare tutto.” 

Ed infine “acciuffare” chiude la rassegna con un significato sintomatico di tutto quanto abbiamo detto: se arraffare è tipico del ladruncolo frettoloso, acciuffare è il verbo adatto per dire di quando egli venga preso con le mani nel sacco. Anche qui l’azione è rapida, veloce e non priva di una certa violenza. Ma questa volta l’azione è dalla parte del derubato e della legge, anziché del ladro e fuorilegge. “Acciuffare”, figurativamente vuol dire “prendere per il ciuffo”, cosa possibile a meno che il ladro, scaltro o fortunato, non riesca a farla franca, uscendosene per “rotto della cuffia”, che è un altro bel modo di dire.

Un'ultima cosa. Tra attoccare e arraffare esiste un tenue punto di contatto: se nella spartizione del bottino, non mi "attocca" la parte migliore, potrò almeno "arraffare" quello che resta?

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