IL CONFORMISTA

Ci pensava già da qualche giorno, quel fatto di andare a scuola con i jeans strappati alle ginocchia, guidando la macchina di suo padre, il quale poveretto era costretto ad andare in ufficio a piedi, non gli sembrava affatto un gesto rivoluzionario. Poi quando avevano fatto l’occupazione, con quella buffonata dell’autogestione, le istituzioni scolastiche tutte consenzienti, come a dire lasciamoli giocare sti ragazzi, debbono imparare cosa sia la responsabilità, tutti momentaneamente felici di abdicare alle loro funzioni, per un tempo stabilito, in nome di un rito entrato a far parte del sistema, in cui ci si era illusi di stare veramente scrivendo pagine gloriose di storia della liberazione giovanile, dal giogo dei parrucconi, tra quelle chitarre bistrattate da ragazzi modello papa-boys, o quei proclami roboanti di formule sinistrorse, di cui tutti ignoravano il significato, ripetute in quelle assemblee inconcludenti, aveva avuto la sensazione di non essere proprio al suo posto, no...