VI PRESENTO ALFREDO

Il 16 agosto di quest’anno, saranno tre anni che Alfredo ci ha lasciato. Non perché se ne volesse andare, ché anzi sarebbe stato propenso a restare, almeno per un altro tratto. Ma quando ha saputo che il suo tempo era terminato, ha accettato di buon grado la sorte che gli era capitata e come ogni buon viaggiatore, alla fine del viaggio, mette a posto le sue cose e riposa tranquillo, egli ha sistemato le sue, ultime ed ha atteso serenamente la fine.

Certosa di Bologna Monumento ai caduti della Grande Guerra. 2018


- Ma sì – ebbe a dire a me, per telefono, dandomi la triste notizia della sua grave malattia – ho 80 anni, le mie figlie sono sistemate e non dovrebbero avere problemi economici, mia moglie ha le figlie e i nipoti, io posso anche morire.

Si scrisse un bel necrologio, definendosi socialista e anticlericale, dettò le sue ultime volontà in merito al trattamento del suo corpo dopo la morte, alla cerimonia funebre, da eseguire in forma laica, col solo accompagnamento musicale dell’inno dell’Internazionale Socialista, ed attese l’arrivo della Grande Madre di tutti. Ho parlato per telefono con lui la sera prima della notte in cui spirò ed egli con voce ferma, dopo aver descritto lo stato miserevole del suo corpo, mi disse “Posso morire da un momento all’altro e non so cos’altro dirti: sono molto stanco, ti saluto, addio.”

Alfredo aveva un’infinità di conoscenze, era amato e stimato da tutti, di origini modeste, di spirito aperto, si relazionava con tutti, grandi e piccoli, uomini di valore e mezzi uomini, con esclusione dei soli quaquaraquà, con semplicità e senza falsi timori riverenziali coi potenti, e con sincera simpatia nei confronti dei suoi pari e dispari.

Chiara e Maurizio avevano conosciuto Alfredo al tempo dell’Università, alla sapienza di Roma, Facoltà di Giurisprudenza. Chiara era iscritta a Filologia Classica, ma tutte le volte che era libera da lezioni o esami, si trasferiva nella vicina facoltà di legge, per tenere compagnia a Maurizio. Alfredo era con Maurizio, la prima volta che si incontrarono e fu anche l’ultima in quel luogo severo, perché Alfredo non proseguì negli studi e preferì trovarsi un lavoro.

Fu la volta della scommessa che fece incazzare Maurizio. In attesa di essere chiamati a sostenere l’esame di Istituzioni di Diritto Romano, Alfredo, confessando di non essere affatto preparato, chiese al suo amico Maurizio di dirgli qualcosa a proposito di non ricordo quale argomento del programma di esame e, col suo solito spirito di spavaldo buonumore privo di qualsiasi preoccupazione, si sforzava di infondere sicurezza al compagno, da parte sua molto preoccupato, con facezie e battute.

- Ci scommetti che andrà bene a tutti e due e che tu prenderai un voto di almeno dieci punti più di me?
- Stai zitto, per favore, riuscì a dire Maurizio, immediatamente prima di essere chiamato per l’interrogazione e subito dopo sentì che veniva chiamato anche Alfredo.

Sedettero davanti alla stessa Commissione su due sedie affiancate, con due professori diversi che facevano le domande ciascuno al candidato che aveva davanti. L’esito dell’esame fu positivo per entrambi: Maurizio 23 e Alfredo 27.

- Sono stato fortunato - disse Alfredo quando tutti e tre furono per strada – Mi ha chiesto proprio quello che mi avevi spiegato tu. Ma io sono sempre fortunato: tu hai preso un voto inferiore al mio, perché non hai voluto scommettere che avresti preso più di me, altrimenti, poiché io, proprio perché sono fortunato, non avrei mai potuto perdere la scommessa, tu avresti potuto prendere 30. Chiara dovette trattenere Maurizio che in uno scatto d’ira, avrebbe voluto aggredire il suo miglior amico.

Si rividero a distanza di tempo. Alfredo ormai era un impiegato amministrativo dell’Istituto di Santo Spirito e Chiara e Maurizio laureati disoccupati. Alfredo si era trasferito stabilmente a Roma, Chiara e Maurizio vivevano a Teramo, nelle rispettive abitazioni. Maurizio, in qualità di fidanzato ufficiale di Chiara, frequentava la casa della fidanzata, che viveva insieme alla madre ed un fratello.

Un giorno, mentre erano intenti ad ammirare un quadro ad olio dipinto da Chiara, i due fidanzati, dalla veranda dell’abitazione di lei, videro un’auto sportiva posteggiare davanti casa loro e scendere un signore elegante, il quale si recò con sicurezza al portone e, letta la lista dei nomi sulla targa dei campanelli, suonò proprio da loro. Era Alfredo, quasi irriconoscibile, pantaloni giacca, cappotto e cappello, tutto in tinta, con colori abbinati con eleganza discreta, di stile britannico. Era di ritorno da un lungo viaggio, fatto da solo in macchina, attraverso le principali capitali d’Europa. Disse che in macchina aveva scarpe e guanti da guida, che indossava ad ogni partenza.

Gioia, meraviglia, ma anche un poco di imbarazzo, da parte dei due giovani, davanti a tanta signorilità, mentre loro erano in abiti da casa, molto dimessi.

- Cara Chiara e caro Maurizio – disse allora Alfredo, perfettamente a suo agio – ho appreso da poco che il proverbio “L’abito non fa il monaco” è falso. E’ vero invece il contrario “L’abito FA il monaco”.

Fino a poco tempo fa, la mattina, andavo in ufficio, vestito come ero abituato a vestire, senza una particolare ricercatezza, e all’ingresso, gli uscieri nemmeno si accorgevano del mio arrivo e non mi rivolgevano la parola. Da quando sono andato da un sarto famoso di Roma e mi sono fatto confezionare vestiti su misura e scegliere gli abbinamenti più adatti, la mattina, quando arrivo, gli uscieri fanno a gara a farmi strada, a salutarmi, e “Buongiono Dottore” di qua e “Buon giorno Dottore” di là, uno corre a chiamare l’ascensore, l’altro, mi apre la porta. “Buon lavoro Dottore, se ha bisogno di me, io qua sto!”.

Altro che “Il Cappotto” di Gogol o la trasposizione cinematografica di Rascel dello stesso racconto.

Detto questo, li sorprese ulteriormente, tirando fuori da una confezione che finora non avevano visto, una bottiglia di liquore.

- Questo è un Calvados di particolare qualità che vi prego di assaggiare.

Lodò il quadro che aveva fatto Chiara, tenne banco con i suoi racconti di viaggio, li stordì con il suo liquore, poi, come era comparso, così scomparve all’improvviso. La partenza della sua macchina fu calma e senza cigolii di gomme sull’asfalto.

(Vi presento Alfredo, 1, continua)

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