SHAKESPEARE 2019

C’era un che di mesto sul suo volto, un sorriso appena accennato, forse solo un’ombra che ne rendeva imperscrutabile lo sguardo. Una punta di fierezza nascosta, dietro un muro di silenzio accomodante ma non accattivante.

Palcoscenico visto dall'alto - Cesena, 2013

- Puoi lasciare la mia carrozzina, mi disse, ho i freni per rallentare.
- Mi fa piacere trattenerti. La strada è leggermente in discesa e non vorrei che prendessi troppa velocità.
- Ti ho detto che so frenare…ma tu, chi sei?
- Sono Maurizio, tu non mi conosci: ti ho visto, appena sei apparsa da quella via. Ti ho notato subito ed ho provato immediatamente il desiderio di venirti a parlare.
- Ti faccio compassione, il tuo è un sentimento di pietà.
- Tutt’altro! Io sento già di volerti bene e vorrei fare qualcosa per te.
- Senti a me. Lasciami andare, Non c’è nulla che tu possa fare per me. Vai, vedo lì una ragazza che ci guarda. Sta aspettando te?
- Quella è Chiara, la mia fidanzata. Le dico di avvicinarsi; anche lei vorrebbe conoscerti.
- Siete forse dei giornalisti? Ma io non ho nulla da dirvi. Il mio è stato un incidente e basta.
- Non siamo giornalisti e nemmeno poliziotti, puoi credermi sulla parola. Siamo solo persone comuni che vanno in cerca della verità.
- Beati voi che ancora ci credete, allora! Io non credo più a niente.
- Proprio su questo vorremmo darti man forte, prestarti un ausilio. Noi facciamo parte di un blog sul web, in cui sveliamo molte cose che si prestano a diverse interpretazioni e potremmo anche in questa occasione, se tu ce lo consenti, fare luce nella tua coscienza oscurata dal dramma che ti è capitato.
- Siete pazzi o ingenui; nel mio caso non c’è da fare luce su nulla. La mia coscienza è a posto.
- Ciao, Mirta – la voce squillante di Chiara risuonò alle nostre spalle ed ora lei tendeva la mano alla ragazza in carrozzella.
- E tu chi sei, ora? E come mai conosci il mio nome? – Mirta, senza prendere la sua mano.
- Lei è Chiara – sono intervenuto io – come ti dicevo è la mia fidanzata.
- Buon per voi, ragazzi. Vi siete divertiti abbastanza, ora potete andare e lasciarmi un po’ in pace. - Gli occhi della ragazza erano diventati improvvisamente come due lame.
- Aspetta, non andare via; il nostro interessamento è del tutto disinteressato e gratuito; noi non crediamo a quello che hanno scritto sui giornali. Se ci dai ascolto, sono certo che non te ne pentirai. – ho insistito. 
- Questa storia risale a due anni fa ed oramai ho raggiunto la pace, perché volete che io torni a riviverla e a soffrire?
- Ti offriamo lo spazio del nostro blog, sotto il nome di “Zibaldino”; lì potrai narrare la tua versione dei fatti, senza trascurare nulla e senza accuse non documentate.
- Ah, io non so nulla del vostro blog e non capisco perché dovrei fare quello che mi chiedete.
- Vedrai che se pubblichi la storia a tuo nome, qualcuno della compagnia si farà avanti ed allora qualcosa si metterà in moto.
- Mi state sconvolgendo la vita, ve ne rendete conto? Io non voglio ricordarmi di quella sera.
- Senti Mirta, fino a quando non otterrai giustizia, non potrai liberarti di questa cosa che ora ti ossessiona. Facciamo così – era Chiara che parlava ed appariva determinata, ma anche molto presa e partecipe – ora ti accompagniamo a casa, tu ci offrirai un caffè e, intorno ad un tavolo, decideremo il da farsi, senza crearti ulteriori traumi. Tu ci racconti tutto e noi trascriveremo sul blog il post a nome tuo.

Sebbene recalcitrante, Mirta non replicò all’offerta e l’idea di tornare a casa, tra le sue mura dovette darle conforto, per cui non solo si lasciò condurre, ma dette anche le opportune indicazioni per raggiungere la sua abitazione. Una volta entrati e chiusa la porta, la ragazza apparve più serena e sicura di sé. Era bella e il suo viso risplendeva. La piega amara era quasi scomparsa. Volle occuparsi personalmente della preparazione del caffè, dimostrando di aver raggiunto una notevole autonomia di movimento, nonostante l’ingombro della carrozzina.

- Dunque, Mirta, le chiese Chiara, una volta bevuto in silenzio il nero caffè fumante dalla sua tazzina, te la senti di dirci come andarono le cose quella sera, o preferisci aspettare un altro momento? Non vogliamo metterti fretta. Tu comincia quando vuoi, io, con il tuo consenso, registrerò la seduta con il mio cellulare. Una volta ultimata la registrazione, la riascolteremo e tutto quello che non vorrai che venga pubblicato, lo cancelleremo. D’accordo?

Mirta prolungò un poco il tempo del suo caffè, tenendo la tazzina sollevata, senza bere, mentre con gli occhi si guardava intorno, in cerca di un punto fisso dal quale partire.

- La nostra compagnia era un piccolo gruppo molto affiatato. Pensavamo di fare grandi cose. Dimitri, il regista, era un innovatore d’avanguardia e non si curava molto della corrispondenza delle nostre pieces ai testi originali, anche a quelli ritenuti sacri, di autori famosissimi, per cui talvolta gli spettacoli venivano interrotti dalla gazzarra di quegli spettatori tradizionalisti, che non tolleravano variazioni sul tema. Quella sera dovevamo recitare l’Otello e Dimitri aveva preparato una sceneggiatura moderna, in cui aveva apportato modifiche alla figura di Desdemona, con l’introduzione di un elemento di ambiguità circa la sua reale natura, facendone un personaggio complesso, non solo angelo, ma anche donna dalle segrete pulsioni. Il regista aveva immaginato una scena in cui Otello, dibattendosi nella sua angosciosa gelosia, "vede" con gli occhi della mente la sua donna nella doppia veste, di moglie fedele e sottomessa prima, poi, capace di ardite avance sessuali, che mentre lo eccitano, lo fanno di più inorridire al pensiero che quella stessa libidine ella abbia potuto mostrare con altri uomini. Mescolando modernità a classicismo, Dimitri aveva ideato un congegno per una scena in particolare. Ad un certo momento, Desdemona doveva scendere dall’alto, come una figura angelica e subito dopo rivelare il suo vero volto a letto, tanto da alimentare seri dubbi non solo nel povero Otello, ma anche negli spettatori. Aveva per questo incaricato Giancarlo, di realizzare una struttura sul modello della classica "Machina" dalla quale gli antichi greci facevano discendere il "Deus" che doveva risolvere la questione. Il c.d. "deus ex machina", tenete presente?

A questo punto, Mirta si era fermata incerta, scrutando con i suoi i nostri occhi, come aspettandosi un cenno di assenso per capire se avevamo bene inquadrato la scena e compreso quello che sottintendeva. A quello che ritenne un nostro via libera, riprese:
- C’era una imbracatura che io dovevo indossare, stando su un soppalco al di sopra delle quinte, ed al momento opportuno, quando sula scena le luci scemavano di intensità, fino a dare un effetto notte, dove quello che non si vedeva si poteva solo immaginare, dovevo scendere dall’alto, legata ad una fune, che scorreva su un rullo azionato da un argano, manovrato da Giancarlo. Tutto era pronto e Giancarlo mi aveva agganciato l’anello della fune al corpetto dell’imbracatura, ed ora tendeva la fune, per sollevarmi dalla trave dove ero appoggiata, e lasciarmi scendere lentamente, fino al piano del palcoscenico. Ho sentito la trazione, sono stata sollevata e, mentre ero sospesa in aria, legata a quella corda, ho sentito che qualcosa cedeva.

Mirta era immobile, lo sguardo fisso verso un punto lontano, le labbra corrugate da una smorfia. Siccome non accennava a riprendere:
- Questo è il punto. – intervenne Chiara - Cerca di ricordare quello che è successo dopo.

Mirta con qualche fatica ricominciò a parlare:
- In realtà ricordo molto poco. Ho sentito che precipitavo e poi più nulla.
- Poi ti sei svegliata in ospedale, vero? Quando ti hanno detto che…?
- Due giorni dopo. La diagnosi era certa e non lasciava margini alla speranza. La frattura di una vertebra dorsale aveva compromesso la funzionalità degli arti inferiori.
- C’è stata un’inchiesta…
- Sì, certo. Sono stati inquisisti per lesioni colpose sia Dimitri, il capo compagnia, che Giancarlo, l’addetto alle attrezzature. I danni sono stati risarciti dall’assicurazione. L’indagine si è chiusa con un non luogo a procedere, perché il fatto non costituisce reato. Si è trattato di in incidente che non si poteva prevedere, in quanto tutte le parti meccaniche della messinscena erano a norma. E non c’è stato errore umano.
- Come erano i rapporti fra di voi?, chiesi a questo punto, c’è stato qualcosa che potrebbe essere rilevante ai fini dell’indagine, che hai omesso di dire per dimenticanza, o altro?
- Normalissimi. Dimitri ci riuniva ogni tanto e facevamo discussioni su come apportare alcune modifiche, accentuare i toni di più in una scena e meno in un’altra, e così via, come un normale ménage di una compagnia teatrale, dove eravamo tutti come fratelli e sorelle.
- Descrivimi come avvenivano le vostre discussioni.
- In realtà per questa riedizione dell’Otello, era successo qualcosa di particolare. La critica non aveva accolto favorevolmente le modifiche al testo di Shakespeare, ed anche il pubblico aveva reagito tumultuosamente. Eleonora, la seconda donna della compagnia, aveva detto che l’insuccesso dipendeva da me che non avevo dato sufficiente risalto al doppio volto della protagonista, ed aveva chiesto di poter sostenere lei quella parte, in mia sostituzione, richiesta che il regista non aveva accolta. Su questo avevamo avuto più di una discussione. L’ultima proprio il giorno dell’incidente, al mattino, durante le prove.
- Dunque, intervenni io. non tutto andava bene nel gruppo, l’ambiente che tu chiami familiare era in realtà piuttosto degradato…
- Come in tutte le famiglie, niente di più. Sentite ora io sono stanca e vorrei riposare. Di quello che avete sentito e registrato, se volete, fate quello che vi pare. Io non voglio sentirne più parlare.

Lasciammo la casa di Mirta sovrappensiero. La sua narrazione ci aveva lasciati dubbiosi. Possibile che nessuno avesse indagato più a fondo sulla possibilità di un incidente provocato, pur sapendo dei dissapori che correvano fra i vari attori del dramma? Decidemmo comunque di usare al nostro scopo, che era quello di far riaprire il caso, lo Zibaldino il blog nel quale noi entravamo a volta come personaggi, pubblicando, senza l’autorizzazione degli amministratori, quanto avevamo raccolto, sotto forma di un racconto anonimo, e di aspettare per vedere se succedeva qualche cosa.

La pubblicazione avvenne un lunedì di aprile, nella forma che avete letto finora. Passarono diversi giorni e il contatore degli accessi al blog era sempre fermo a zero. Un giorno apparvero due visualizzazioni, il giorno dopo tre, nei giorni successivi fu in costante aumento, fino a raggiungere la cifra di diverse centinaia. Gli amministratori del blog ci avevano chiesto spiegazioni, ma noi ci eravamo tenuti sul vago, dicendo solamente che si trattava di un esperimento, al termine del quale ci saremmo spiegati meglio.

Ci vollero un paio di mesi, perché, fra le varie inserzioni fatte da sconosciuti sul post, nelle quali si facevano commenti vari, di nessuna importanza ai nostri fini, un giorno qualcosa che ci fece saltare sulla sedia finalmente accadde. In un post pubblicato sul blog ad opera di uno sconosciuto, in data 29 aprile 2019, apparve il seguente trafiletto, tratto da un giornale locale lo stesso giorno.

L’attrice di teatro Eleonora Bianchi ed il regista teatrale Giancarlo Spadoni si sono felicemente uniti in matrimonio, domenica 28 aprile 2019, presso il Santuario di S. Maria delle Grazie, a Teramo, festeggiati da tutti i componenti della compagnia teatrale “Shakespeare 1623”, che ha preso il posto della vecchia “Shakespeare 2019”, disciolta dopo l’incidente occorso alla primadonna Mirta Gigli, rimasta permanentemente invalida, della quale non si sa più niente. Il Centro, 29 aprile 2019.

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