IL VITELLO D'ORO

La Bibbia, il libro sacro delle tre religioni monoteiste, va letta tenendo sempre presente l'epoca in cui si è formata, nell'arco di un millennio, con le radici affondate nella preistoria ed un lavorio di secoli durante i quali in parecchi ci hanno messo le mani e che le storie in essa narrate, non sono storia, ma miti, trasmessi da un'epoca remota (si parla di duemila anni prima di Cristo), con numerose ripetizioni, sovrapposizioni e che comunque gli avvenimenti non seguono un ordine cronologico e non è quindi possibile stabilire cosa sia accaduto prima e cosa dopo, al di fuori delle grandi ripartizioni fatte con i vari libri che la compongono a cominciare dalla Genesi, fino all'Apocalisse, disegnando le linee guida di una propria teoria cosmologica.

Hieronymus Bosch, Il Giudizio universale (dettaglio)

In mezzo, L'Esodo, I Re, I Profeti, I Patriarchi – sto citando a caso – ed il Nuovo Testamento, dove si trovano le prime tracce di storicità nelle vicende riguardanti la vita di Gesù, di cui è cenno in alcuni testi di scrittori dell'epoca giunti fino a noi. Per tre mesi gli ebrei vagarono nel deserto, prima di arrivare alle falde del monte Sinai, dove Mosè fece tappa per incontrare il Signore. Si allontanò da solo sul monte dicendo ai suoi di attendere il suo ritorno. L' attesa durò molto tempo e gli ebrei persero la fiducia in lui. Molti cominciarono a pensare che non sarebbe più tornato. Quando, alla fine, egli tornò, si trovò di fronte allo spettacolo desolante dell'intera popolazione di Israele, che, stanca di attendere il responso di un Dio che non voleva saperne di loro, su disposizione di Aaronne, un sacerdote, forse il vice di Mosè, si era fabbricato con l'oro dei gioielli delle donne, un idolo sotto forma di un vitello, che loro adoravano come un Dio, al quale si prostravano, ben diverso dal Dio severo di Mosè, un Dio della carne, dei piaceri, un Dio permissivo che li avrebbe condotti allegramente al luogo loro promesso come stabile residenza.

Il quadro del pittore Gianni Marrone che puntualmente Giuseppe ha posto ad illustrazione del precedente articolo, con il volto enigmatico in primo piano, che immagino sia quello di Aaronne che assiste all'ira di Mosè, narra di come un popolo possa pervertirsi per colpa di pochi. Ed infatti essi si erano abbandonati a feste e bagordi, divenendo in breve oggetto di disprezzo da parte delle popolazioni con le quali entravano in contatto. Grande fu l'ira di Dio che si vide tradito appena sul nascere dell'Alleanza e per punizione ordinò a Mosè di uccidere tutti i peccatori. Mosè patteggiò e riuscì ad ottenere che solo metà della popolazione, quella che si era rifiutata di tornare sotto l'egida del loro condottiero, venisse eliminata e così perirono tremila israeliti ed il Vitello fu distrutto. Mosè diede ordine a coloro che si erano schierati con lui, di non avere pietà di padri e fratelli e di fare giustizia uccidendo tutti quelli che non si erano pentiti.

L'episodio dice com'è evidente la necessità di crearsi un Dio, da parte di un popolo abbandonato a se stesso e raffigurarlo a propria immagine e somiglianza! Il mito del vitello d'oro si può spiegare in più modi. All'epoca in cui si era svolta la servitù degli ebrei, in Egitto si adorava una divinità con le sembianze di un toro, simbologia che ricorre anche in altre religioni e pertanto non è improbabile che quella del vitello d'oro fosse una derivazione da quella credenza egiziana. C'è inoltre da dire che l'episodio del vitello d'oro è simile a quello di Sodoma e Gomorra, i cui abitanti avevano perso la fiducia in Dio e si erano abbandonati ad ogni sorta di perversione, soprattutto sessuale ed identica era stata la reazione di Dio nei loro confronti, con la condanna a morte di tutti gli abitanti. Qui le cose si complicano un po', in quanto queste motivazioni, gli uomini che diventano cattivi e peccatori e Dio che interviene con una punizione esemplare, sono alla base del ben più rilevante fatto del Diluvio Universale che portò alla estinzione di ogni essere vivente sulla terra, eccezion fatta per Noè e la sua famiglia, l'unico nucleo rimasto fedele a Dio e per una coppia di tutti gli animali esistenti sulla terra, messi in salvo da Noè nella grande Arca.

Una sottile questione teologica sulla giustizia divina si pose per la città di Gomorra e la partita, per così dire, fu giocata sulla base della disponibilità del Signore ad accogliere alcune richieste del suo primo profeta, Abramo e sulla intercessione che questi fece a favore degli abitanti di quella città, osservando che forse non tutti gli abitanti di essa erano peccatori e che tra di loro avrebbe potuto trovarsi anche qualche non peccatore nei cui confronti sarebbe stato ingiusto adottare lo stesso provvedimento previsto per gli altri.

La trattativa si svolse pressappoco così:
  • Abramo spiega a Dio il suo punto di vista ed ha l'ardire di affermare che secondo lui quella non era giustizia
  • Dio non si offende, ed anzi sembra divertito: "Sentiamo, secondo te quanti abitanti buoni dovrebbero esserci a Gomorra, affinché io non la distrugga?"
  • Abramo tenta con un numero che gli sembra congruo: "Se anche solo cinquanta buoni vivessero a Gomorra, tu li sacrificheresti per punire tutti gli altri?"
  • "Se almeno cinquanta buoni vivono a Gomorra, ebbene io non li sacrificherò; io non distruggerò la città" risponde Dio
  • Allora tra i due comincia un gioco a carte coperte
  • "Se non si trovano cinquanta, chissà, forse quarantacinque potrebbero bastare…", azzarda il Profeta
  • "Se quarantacinque buoni vivono a Gomorra, io non la distruggerò", è la ulteriore concessione di Dio
  • Abramo a questo punto cerca di alzare la posta di questo strano gioco, abbassando il numero dei buoni da trovare, perché la città sia salva: "e se fossero 40?" E poi, "o magari 30, o addirittura 20?". Avendo sempre risposte positive da parte dell'altro giocatore. 
  • Alla fine butta l’ultima carta: "e se fossero solo 10?" 
  • "Se almeno 10 buoni vivono in Gomorra, io per salvare loro non distruggerò la città"
Il gioco finisce qui. I dieci buoni non si trovano e Abramo non chiede di più. La città sarà distrutta. 10 il numero minimo per una giustizia che di divino ha poco; perché? Non erano forse tempi da legge del taglione? Per la mentalità di una società arcaica, non si può sottilizzare troppo, ma è comunque interessante notare che Dio accoglie tutte le richieste di Abramo. E' Abramo che non ha il coraggio di andare oltre e chiedere di salvare Gomorra, anche solo per un unico uomo buono che casualmente colà si trovasse. Ma Abramo ebbe paura di spezzare la corda della disponibilità divina e giustizia fu, sì, ma a metà.

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