STUPENDO

Quando ci troviamo di fronte a qualcosa di stupendo, diventiamo stupidi. Stupendo è gerundivo di stupire e significa che quello che stiamo guardando è talmente bello o grande, che qualunque nostra considerazione sembra inappropriata ed allora stiamo zitti, perché appunto ci stiamo "stupendo" in tempo reale - diremmo oggi. Lo stupire è come istupidire, almeno temporaneamente e noi acquisiamo l'aspetto ebete dello stupefatto, occhi sgranati, bocca aperta, passo incerto; ci guardiamo intorno sbalorditi, cioè divenuti balordi e l'unica cosa che ci viene in mente è "vedono gli altri quello che vedo io?"

Dirigibile, 2012

Molte parole della nostra lingua, nate per star buone lì, con un significato piano, hanno avuto il destino di essere scagliate lontano dalla fantasia di una lingua e di un popolo che della fantasia ha fatto una regola e sono andate a significare cose molto diverse e in taluni casi opposte al senso originario. Tra queste ultime non rientra "stupendo", nata per "stupire" e tale rimane, "ne' secoli fedele". Una parola che racchiude il processo di una presa di coscienza che ci coglie impreparati e ci fa sentire piccoli di fronte all'immensità del bello, procurandoci un vero e proprio oscuramento dell'intelligenza; siamo cioè contemporaneamente stupiti e stupidi.

Vi sono parole iperboliche . L'iperbole è lo scatenamento della fantasia verso l'assurdo: "mi trovo in un mare di guai", "è affogato in un bicchier d'acqua" e via dicendo. Il significato iniziale della parola "iperbolico" è quello di "cosa scagliata lontano"; ma con la fantasia, il lontano diventa ciò che va oltre il normale, cioè l'eccesso, l'esagerazione. Per esempio "non ci vediamo da un secolo"; questa espressione che noi usiamo normalmente, poteva essere normale solo al tempo dei patriarchi, dei quali i meno longevi potevano avere quattrocento-cinquecento anni, gli altri tutti di più e più di tutti Matusalemme che arrivò a novecento.

Per facezia sono tutti d'accordo nel dire che si tratta di una spiritosaggine arguta ed elegante. E che si applica sia alla cosa prodotta ("se la cava sempre con qualche facezia"), sia a chi la produce ("quell'uomo è tutta una facezia"), escludendo che possa contenere anche un senso di negatività.

Ma non sarei così sicuro, né categorico. Secondo me le facezie, almeno in qualche caso, non sono del tutto così amene come si vuol far credere. Esiste un tipo di facezia del quale si farebbe volentieri a meno. Come quando si parla vanvera e si dicono cose fuori luogo. Come quando nella stanza in cui si trova un malato in coma, qualcuno, riferendosi al carattere irascibile del malato, fa dell'ironia dicendo "e chi glielo dice, ora che si sveglia, che ha solo pochi mesi di vita?".

Facoltoso è il ricco, perché "ne ha facoltà". In questo caso il "fa" deriva da "facere" (fare) quindi il facoltoso è chi può "fare" cioè dispone di mezzi abbondanti e può permettersi anche stravaganze.

Per il fantastico si potrebbero dire molte cose, ma in fin dei conti è solo il prodotto della mente. Il "phantasma" è un'apparizione, generata dalla "phantasia" dell'interessato e può essere sia una visione paradisiaca, che un comune horror di dubbio gusto ed effetto.

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