L'UOMO CHE VIDE COLOMBRE

E' un ricordo di molto tempo fa, i miei figli erano piccoli e passeggiavamo una sera sull'arenile di Tortoreto, come ogni anno d'estate, il nostro luogo di villeggiatura. La spiaggia era quasi deserta, non per l'ora, ma per la stagione ormai declinante. Ad un tratto scorgemmo sulla riva un uomo, chino per terra, intento in un lavoro di costruzione di forme strane con la sabbia. Ci avvicinammo silenziosamente ad osservare e l'uomo non alzò nemmeno gli occhi per vedere chi fossero i curiosi spettatori che gli si erano parati intorno.

Modello per lo studio della prospettiva (ricostruzione 3D) di Piero della Francesca - Museo Civico di Sansepolcro, 2018

In un grande riquadro di terra, lavorato con cura, l'artista aveva costruito una cosa che non riuscivamo a decifrare, forse un pesce, forse una medusa con molti tentacoli, comunque un essere che aveva qualcosa di mostruoso, impressionante, ma anche un po' ridicolo. Fiorella ed io ci guardammo di sottecchi con uno sguardo ironico; i bambini osservavano in silenzio.

Alla fine del suo lavoro, l'uomo scrisse sulla sabbia una frase che avrebbe dovuto darci il senso della sua opera, ma che invece ce la rese ancora più criptica e misteriosa, dopo di che si alzò in piedi, era alto e con una folta barba, ci guardò con occhi cupi ed intensi, uno per uno con uno sguardo amichevole, pronunciò alcune parole in una lingua incomprensibile e si allontanò. La scritta diceva "Hombre que vide Colombre" ed a distanza di anni ancora mi chiedevo, fino a ieri sera, che significato potessero avere quelle parole apposte sotto un quadro rappresentante un mostro. Mia figlia Valentina, dopo cena, ricordando l'episodio si è incuriosita ed ha voluto andare a fondo.

Ha quindi scoperto, con una rapida ricerca sul web, che il Colombre è un mostro marino, che come il Leviatano, Moby Dick, l'orca assassina, rappresentano nelle leggende marinaresche, il culmine di tutte le paure, il mostro che è dentro di noi e col quale ci dobbiamo confrontare se vogliamo continuare a vivere. La settima onda sulla quale cavalca la morte, La Ballata del Vecchio Marinaio di Coleridge, perseguitato dalla sfortuna per essersi reso colpevole della morte di un albatros, sono tutte figure delle nostre paure, immagini suggestive che imprigionano la nostra anima, che si creda o non si creda. Il Colombre, muso di bue, faccia da mostro, è il misterioso persecutore che insegue un marinaio per tutta la vita. Egli crede che voglia ucciderlo e lo fugge, ma alla fine, quando finalmente accetta di incontrarlo, si accorge che il mostro lo inseguiva non per perderlo ma per consegnargli un dono del re del mare.

E' al centro di un racconto di Dino Buzzati, che ripete in breve quello che ha sviluppato estesamente nella sua opera maggiore, il romanzo  "Il Deserto dei Tartari". In entrambi, tutta la vita in attesa di qualcosa che deve avvenire, che si teme e che si fugge e quando alla fine la cosa avviene è troppo tardi perché produca gli effetti che avrebbe potuto produrre se affrontata per tempo. Quello che noi pensavamo di volere non era ciò di cui avevamo veramente bisogno. Mi piace pensare che l’uomo sulla spiaggia, quella sera, fosse lì per noi, per consegnarci un qualche messaggio che noi all'epoca non potevamo capire e ancora ora ci intriga con il suo senso sfuggente: l'uomo che vide Colombre è quello che ha superato le sue angosce?

Commenti

  1. Sono molto contento: le tue foto sono sempre più pertinenti e stimolanti.

    RispondiElimina

Posta un commento