DISCRIMINARE

Chi mi ha seguito fino all'ultimo post da me pubblicato, sa che io non amo i motti. Sono secondo me quelle frasi che cercano di condensare in poche parole un patrimonio di saggezza, che vengono proposte come il vertice dell'acume umano, oltre il quale non si può andare. E molti corrono ad ornarsene, facendole proprie per elezione.

Ne esistono raccolte a non finire che in massima parte ripetono cose già risapute e scontate o assiomi di assoluta banalità. Pochissimi di questi "preziosi suggerimenti", sono veramente illuminanti, tali cioè da aprirti davanti agli occhi una nuova via, oltre il risaputo, facendoti notare un aspetto che tu non avevi considerato e sul quale vale la pena di soffermarsi a pensare.

Fiera di S. Orso, Aosta 2016

Ho proposto su questa scia il mio "il dubbio è il nutrimento dell’anima", frase che molti possono ritenere blasfema, ma che in realtà è solo una banale affermazione di una cosa molto discutibile. Con l'aggravante che la parola "anima" suscita sentimenti non condivisi, nella parte in cui si riferisce a quella scelta per molti fondamentale del credere o non credere. Non è questo l'argomento che mi interessa al momento, bensì fare una discrimina che tocca uno degli altri argomenti di portata immensa, quale quella della distinzione tra il bene e il male.

Nel nostro piccolo non possiamo avventurarci su sentieri così impervi, senza una guida alpina esperta e consapevole. Mi accontento di fare la solita lezioncina pedante su un termine che in questo caso è  "discrimina". In realtà come sostantivo non è usato se non in casi di estrema necessità: viene da "discrimen", latino, a sua volta derivato da "discernere", che vuol dire separare. Detta com'è, sarebbe soltanto l'indicativo presente o al massimo l'imperativo presente prima persona singolare del verbo italiano discriminare. Ma dal discernere latino al discriminare italiano esiste una differenza che si allarga sempre di più. Il significato originario del primo, separare, è stato trasfuso nell'equivalente italiano "discernere" che vuol dire esaminare in ogni suo componente una cosa e quindi "distinguere", mentre l'atto del discriminare, la discriminazione, nella nostra lingua ha assunto un disvalore, quasi il senso di una distinzione a scopo di isolare, voler mettere da parte con un'etichetta, come quando si vuole separare una parte della popolazione su base etnica o religiosa o di orientamento sessuale. A scopi tutt'altro che di discernimento.

La discrimina quindi di cui parlo non è la discriminazione, con la sua deriva scivolosa verso il segregazionismo che è proprio quello cui porta la parola.

Pessimi prodromi di quello che sto dicendo si riscontrano in quello che sta avvenendo ultimamente, in questi tempi di involuzione della politica mondiale nell'operato di Trump in America sui flussi migratori, che ha riscoperto le gabbie per separare i bambini, figli di immigrati illegali, dai genitori, nel paese che si è formato sull'immigrazione. O quello che vorrebbe fare Salvini in Italia, con un censimento dei rom (per il momento solo rom, domani potrebbero musulmani, neri, gay), presenti nel nostro paese, a fini sicuramente discriminatori ("gli italiani purtroppo ce li dobbiamo tenere; tutti gli altri, fora dai ball").

Una discrimina allora si impone su certe questioni irrinunciabili. Una separazione netta, un "distinguo" tra noi e loro. Massimo Cacciari ritiene il modo di far politica di quel signore che parla sempre di "popolo, il popolo sono io, il popolo è con me", stia facendo dei guasti irreparabili nella cultura democratica del paese, con l'inquinamento, aggiungo io, delle menti deboli di molti dei nostri concittadini, che con lui stanno riscoprendo gli istinti peggiori che covavano dentro di loro e che pensavano di aver abbandonato per sempre.

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