LETTERA DAL FRONTE

Era da poco rientrato al comando, dopo una notte passata sull'argine del fiume insieme a due commilitoni, a seguire eventuali movimenti nel campo nemico e dopo aver riferito al tenente l'esito della missione, "non si vedono movimenti di truppe sull'altra sponda del fiume e tutto sembra tranquillo", si era sdraiato per terra, in un posticino riparato e cercava di trovare la concentrazione necessaria per pensare a quello che doveva scrivere alla moglie ed ai suoi due figli. Per come si erano svolti gli ultimi avvenimenti, pensava di dover informare i suoi cari della eventualità che non gli fosse possibile di scrivere ulteriormente. Il suo reparto, dopo l'ultimo assalto nemico, era stato decimato ed molti suoi compagni erano morti.

Monumento (Peschiera - 2012)

Tirò fuori dallo zaino il quadernetto la penna ed il calamaio e si accinse a tradurre in parole la pena che sentiva nel petto.

"San Marco Veneto, 15 giugno 1918
Mia carissima moglie e miei adorati figli
",

alzò gli occhi dal foglio; stava scomodo, così, appoggiato allo zaino, per scrivere ed aveva poca luce, quella di un mattino livido rischiarato dai lampi delle esplosioni dei colpi di mortaio, alcune lontane, altre più vicine, che scuotevano le balze delle trincee, facendo rotolare all'interno pietre e detriti. E non sapeva come continuare. Raccontare tutto e farli preoccupare? Oppure sorvolare e mandare solo i saluti? Certo doveva riferire di fatti importanti, ma, in quel momento, non poteva immaginare che lui, il piccolo soldato di artiglieria, venuto dal sud, rozzo, ignorante, mandato a combattere contro gli austriaci, sul Carso, che lui nemmeno sapeva, prima, dove si trovasse, stava vivendo uno di quei momenti in cui la storia (che sapeva lui della storia?) incrociava i destini di tutti in modo tale che anche una semplice lettera, scritta da un soldato illetterato, un domani, poteva avere un valore storico, in quanto coglieva l'attimo in cui la storia faceva una svolta, piegando da una parte anziché dall'altra.

Quella sembrava proprio una svolta contro di loro, i soldati italiani, che avevano subito una sconfitta, ed ora non facevano che arretrare da una linea di trincee all'altra, in una ritirata senza fine. Era invece l'inizio di una battaglia che rimarrà negli annali della storia come "la battaglia del solstizio" o seconda battaglia del Piave, 15 – 23 giugno 1918, gli austriaci sferrano un attacco in forze sul fronte del Piave, riuscendo a sfondare le linee italiane ed avanzando vittoriosi ben dentro il territorio già tenuto dalle nostre truppe. Era quindi il momento dello sgomento.

Noi qui siamo in una situzione di grannde proriclo. Ieri i Teschi (tedeschi) sono venuti a cacciarci e col volere del Sig. Iddio, noi ci siamo ritirati di molti km. E non sappiamo dove si va a finire. Io per me spero sempre che il sig. mi faccia sano esalvo . Forunati quelli che vengono feriti che csi psono tornare a casa.

Non so se potrò scrivere ancora, siamo nelle mani del Sigore. Vi aamo molto e spero ardenmente di rivedervi e abraciarvi.

Tanti cari baci . Vs. aff.mo Domenico
”.

La lettera fu spedita e fortunosamente recapitata alla moglie del caporale Domenico alcuni mesi dopo, gettando nella prostrazione la povera donna e i due figli piccoli, i quali non conoscevano gli sviluppi della situazione successivi a quel solstizio d'estate che in realtà doveva preludere ad una svolta definitiva nei destini dei due popoli confinanti. Dopo i primi successi, l'armata austriaca su era fermata. Trascorsa che fu l'estate senza grandi spostamenti, all'inizio di ottobre le cose cominciarono a muovere in favore degli italiani. A novembre fu combattuta la terza battaglia del Piave (Vittorio Veneto) nella quale gli austriaci opposero una strenua resistenza, ma alla fine dovettero cedere e fu una rotta senza fine. Il 4 novembre 1918, il Gen. Armando Diaz, comandante supremo delle truppe italiane, potè emettere il famoso Bollettino col quale annunciava la definitiva sconfitta degli austriaci e la vittoria italiana in quella che era stata, all'interno delle prima guerra mondiale, la quarta guerra di Indipendenza dell'Italia dall'Austria. Il Bollettino dopo essersi soffermato sugli ultimi fatti di guerra, così concludeva:

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza quelle valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Nonostante l'eccitazione del momento, vi fu chi rilevò nel comunicato un vistoso errore sintattico, dettato dall'euforia della vittoria, consistente nel fatto che a discendere "quelle valli" che ora "i resti" risalivano non erano stati i resti dell'esercito, ma l'esercito. Tra i documenti lasciati dal caporale Domenico Scarpantonio, da Pietralcina, classe 1888, morto nella terza battaglia del Piave il 25 ottobre 1918, decorato con medaglia di bronzo, fu trovata una foto in cui il soldato era stato ripreso in compagnia di un militare americano che prestava servizio nella Croce Rossa italiana in qualità di autista di autoambulanze.

Sul resto delle cartolina, una dedica: a Domenico, amico italiano 16 giugno 1918 f.to Ernest Hemingway.

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