NON TI SCORDAR DI ME
Un vento lieve soffiava lungo gli argini e l'odore caratteristico del fiume era più intenso del solito. Si respirava con voluttà, nonostante la grevità di certe esalazioni vagamente putrescenti. La gente del luogo era abituata a quell'aria e non avrebbe saputo trovarne una migliore. Ricordò quel giorno sullo Stradivario, i tavolini apparecchiati sul ponte coperto, i riflessi del fiume ondeggianti sulle pareti, quell'odore che solleticava le narici e creava un'atmosfera di leggera esaltazione, quasi di ebrezza, suo figlio e la moglie, pronubi per l'eccezionalità della situazione, il menu diverso da ogni altro, quasi un mondo a parte, fra le altre particolarità, offriva un coregone in umido al profumo di fiume che lo colpì con un senso di calda, dolorosa simpatia. I volti, le parole, i rumori dell'ancoraggio, il leggero beccheggiare dello scafo, tutto concorreva a rendere il giorno luminoso di una luce fuori del comune. Il capitano che si aggirava nella cabina di comando, attendeva la fine dell'ora di ristorazione; nel pomeriggio era prevista un'escursione lungo le rive del grande fiume e tutto doveva essere pronto per la partenza.
Gli tornarono in mente le immagini di un film intenso, problematico, girato nell'ambiente fluviale del Po, dove con amore sono illustrate forme di vita nascosta brulicanti lungo le rive, barboni solitari che abitano baracche fatiscenti e piccoli nuclei familiari addensati in dimore primordiali tra le piante, tuguri o casupole, le bande di turisti che chiassosamente affollano le prode più aperte, in cerca di una fugace evasione, il traghetto, illuminato e pavesato che ogni tanto appare come un fantasma evocato dalle brume delle acque e scivola placido lungo il fiume, portando con sé gente che balla al suono di un'orchestrina, e l'eco di una canzone, d'altri tempi, che attraversa da una lato all'altro lo schermo, creando col suo effetto di lontananza-vicinanza in dissolvenza, l'incanto di un mondo fuori del tempo, tanto irreale quanto patetico nella sua struggete umanità. Il vento agitava le foglie tra gli sterpi, con folate carezzevoli, e dai gorghi fluidi della corrente e dalle sponde melmose si levava il respiro profondo del fiume incurante nella sua corsa, della piccola lancinante fitta procurata nel petto di chi sulla riva inconsapevolmente raccoglieva la testimonianza di un tempo che non sarebbe tornato più.
Gli tornarono in mente le immagini di un film intenso, problematico, girato nell'ambiente fluviale del Po, dove con amore sono illustrate forme di vita nascosta brulicanti lungo le rive, barboni solitari che abitano baracche fatiscenti e piccoli nuclei familiari addensati in dimore primordiali tra le piante, tuguri o casupole, le bande di turisti che chiassosamente affollano le prode più aperte, in cerca di una fugace evasione, il traghetto, illuminato e pavesato che ogni tanto appare come un fantasma evocato dalle brume delle acque e scivola placido lungo il fiume, portando con sé gente che balla al suono di un'orchestrina, e l'eco di una canzone, d'altri tempi, che attraversa da una lato all'altro lo schermo, creando col suo effetto di lontananza-vicinanza in dissolvenza, l'incanto di un mondo fuori del tempo, tanto irreale quanto patetico nella sua struggete umanità. Il vento agitava le foglie tra gli sterpi, con folate carezzevoli, e dai gorghi fluidi della corrente e dalle sponde melmose si levava il respiro profondo del fiume incurante nella sua corsa, della piccola lancinante fitta procurata nel petto di chi sulla riva inconsapevolmente raccoglieva la testimonianza di un tempo che non sarebbe tornato più.
Cavoli, che finale a sorpresa! Bellissima la descrizione di questo vascello fantasma
RispondiEliminaGrazie, figlia.
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