SE ESISTE L'ALDILA'

 

 


                                                               

Se esiste un aldilà, come forma di sopravvivenza individuale, o se non esiste, lo sapremo solo quando saremo giunti al “passo estremo”. O non lo sapremo affatto perché scompariremo nel nulla.

Se dovessimo discutere dell’aldilà, sulla base dei nostri convincimenti personali e formulare delle ipotesi nel caso affermativo, su come esso possa essere fatto, non basterebbe l’intera memoria del mio computer.

Né io saprei come farlo.

So soltanto che anche quelli che si dichiarano credenti, hanno del mondo delle anime, un’idea vaga che prevede una grande luce proveniente dall’alto, un paesaggio nebuloso ed evanescente, un senso di pace diffuso.

Certo credo che nessuno si aspetterebbe di trovare in un ipotetico aldilà un mondo fatto a misura di questo nostro, che rimane fino alla fine, l’unica certezza. 

Mia madre, negli ultimi anni di vita teneva con sé, sul comodino, un libro dal titolo “La vita oltre la vita” che parlava di esperienze extra sensoriali fatte da alcuni in occasione di morti apparenti, o contatti con anime di defunti, avuti per il tramite di un medium e, ossessionata da questo pensiero, ogni tanto mi chiedeva: ”Ma tu che ne pensi?”

Io, con l’intento di distoglierla da questi pensieri molesti, le dicevo che si trattava di cose inventate alle quali non bisognava assolutamente credere.

                                                                                                                                                                                  Qualcuno, giorni fa, probabilmente al corrente della morte di Giuseppe, credendo di farmi cosa gradita, mi ha fatto recapitare da Amazon, senza indicazione del mittente, un libro dal titolo apoditticamente assertivo “Esiste l’Aldilà”.

Sono sicuro che l’intento di chi me lo ha mandato era quello di dare un senso al mio dolore riaffermando un credo che è alla base della religione cristiana e molte altre, quello della sopravvivenza, pensando così di arrecarmi sollievo invitandomi a credere che mio figlio viva, sia pure in un’altra dimensione e sia ancora presente anche se non visto, tra di noi, suoi cari.

Il libro, ad una prima sommaria e frammentaria lettura, si  è rivelato essere il resoconto di un’esperienza fatta da un padre che ha perso in circostanze misteriose un figlio in età molto giovanile, che non si rassegna alla sua perdita e per questo batte tutte le strade per capire le ragioni di quella morte prematura, entrando anche in contatto con una sensitiva, trovando alla fine una sorta di consolazione nel convincimento che la morte del figlio sia stata finalizzata ad una missione unica e straordinaria, quella di trasmettere all’umanità un messaggio, diretto soprattutto agli scettici, ma anche ai tiepidi che, pur credenti, covano dei dubbi, invitandoli a convertirsi e abbandonarsi alla fede: “l’aldilà esiste e io ne sono la prova”,  sulla base di una testimonianza, diciamo così, autentica, perché proveniente proprio dall’altro mondo.

 Giuseppe teneva molto alla sua indipendenza intellettuale e alla sua autonomia spirituale e su ogni questione o argomento aveva un suo punto di vista, che arrivava a volte, più in là di quello di molti altri osservatori.

Quello che si rileva nel libro, dai “colloqui” intrattenuti dall’autore con il figlio morto e “verbalizzati” puntualmente dal padre, non si avverte nulla di veramente “diverso”, che possa provenire da un’altra dimensione, qualcosa di “divino”, non si respira nessuna “aria” che non sia di questo mondo,

una dimensione domestica e riduttiva fatta di luoghi comuni, come appunto la grande luce, la sensazione di pace e di benessere, tutte cose alle quali aspiriamo noi sulla terra e proiettiamo in un futuro immaginario.

Amo credere che mio figlio “viva” nella natura che amava e sia ancora presente in tutto quello che in vita ha  toccato, sfiorato o fatto ed amato, perché sono convinto, sulla scia di una felice intuizione dello scrittore francese Patrick Modiano, che il passaggio di un uomo lasci tracce nei luoghi da lui frequentati, invisibili, ma avvertibili con una sensibilità particolare, solo in determinate circostanze e condizioni di spirito che portino ad una immedesimazione con quanto dallo stesso visto e vissuto, fino a quando ne duri il ricordo in quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato.

Credo anche che il nostro amore crei dei rapporti così intensi, da evocare, a volte nell’immaginazione la persona amata defunta e creare una specie di “presenza” con la quale dialogare, come avveniva quando tutto era reale. 

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