LA MORTE
Ho visto mio figlio in una bara e questa è stata in assoluto
la cosa più straziante ed inaccettabile che io abbia dovuto affrontare nella
vita, l’ultima alla quale mi sarei aspettato di poter sopravvivere. L’ho visto
in un video girato da mia figlia Valentina, perché le mie condizioni fisiche
non erano tali da consentirmi di essere presente alla cerimonia funebre, svoltasi
a Bologna a gennaio scorso.
Mi è parso di notare che, contrariamente a quanto accaduto
in altre occasioni del genere, nelle quali il corpo del defunto, disteso sul
catafalco, appariva come appiattito, con il volto solitamente atteggiato ad una
serenità innaturale, data dal rilasciamento dei muscoli facciali, il busto di
Giuseppe sembrasse proteso in avanti, forse per l’inclinazione della bara, con
in volto un’espressione consapevole, quasi pensosa.
Ho provato, oltre allo strazio della privazione, ancora una
volta, un senso di colpa, per essere io, vecchio di 87 anni, vivo e lui, un
uomo di appena 57, morto.
Ancora una volta, perché la stessa cosa è capitata con mio
padre, anch’egli morto a 57 anni, nei confronti del quale, mi porto dietro un
debito di trenta anni vissuti in più, mi sembra indebitamente.
Ho anche sognato di un vecchio che in un’atmosfera irreale, si incontra con due uomini che hanno la stessa età e camminano uno di fianco all’altro, e sono rispettivamente suo padre e suo figlio, scomparsi prematuramente ma in tempi diversi, cosa per loro irrilevante perché nell’altra dimensione, la differenza di tempo non esiste e si chiede: cosa ci faccio qui? Non dovrei essere io al loro posto?
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