LA MORTE DI OGNI UOMO

 

 


                                                                 

"Ogni morte di uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell'umanità: e così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te". Questa citazione del poeta e religioso inglese John Donne è riportata sulla copertina del libro di Hemingway: "Per chi suona la campana".

C’è chi afferma senza esitazione “la morte di ogni persona è la fine di un mondo”, il che contrasterebbe con l’assunto dal quale parte l’affermazione del Donne, che “nessun uomo è un’isola”. All’interno della società di cui facciamo parte, partecipiamo tutti, di tutto, nessuno vive da solo, ma è vero anche che ogni uomo racchiude in sé un piccolo mondo che scompare con lui, quando viene a mancare.

Sullo stesso metro è anche l’affermazione di chi paragona la perdita di un uomo – specie se di valore – alla perdita, per l’umanità, di un’intera biblioteca, pensando, immagino, al complesso delle conoscenze acquisite dal defunto durante la vita, che con lui scompaiono e che costituiscono il retaggio morale ed intellettuale dello scomparso. 

Tutti perdiamo un pezzetto di umanità, ogni volta che viene a mancare qualcuno, che sia un parente, un amico o un conoscente, o un personaggio verso il quale sentiamo di avere un debito di riconoscenza per quello ci ha dato in vita e non potrà più darci.

La campana suona per noi, perché tutti moriamo un po’ con lui.

L’idea della biblioteca, comunque non è poi tanto peregrina; Il pensiero va subito alla Biblioteca di Alessandria, con i suoi quarantamila volumi, andati in fumo, nel 47 a.c., per un incendio divampato nel porto cittadino, durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo. E quello fu veramente l’affondamento di un intero mondo di conoscenze che perì divorato dalle fiamme.

A me viene da pensare, a proposito della morte di ogni uomo, al naufragio di un grande veliero, o un vascello nella cui stiva erano riposte spezie variamente preziose, perché ogni uomo ha il suo valore, che si è infranto contro le rocce di una scogliera, mentre attraversava un percorso accidentato tra le isole di un arcipelago infido, come è la vita di ogni uomo.

Questo naturalmente, pensando in grande, sulla scia della prima affermazione, che vuole ogni uomo meritevole del massimo della considerazione, sul semplice presupposto dell’appartenenza a quella stessa umanità della quale siamo anche noi parte non indifferente.

Per restare nel campo dei libri,  mi accontenterei  che la mia dipartita venisse avvertita come una perdita, paragonabile al più, alla scomparsa di una bancarella di libri usati, come quella che vediamo ogni giorno all’angolo di una strada e l’omino con gli occhiali e il basco in testa, seduto su una sedia sgangherata, ammiccante benevolo nei confronti di qualche curioso, che si accosta, osserva interessato, sceglie un volumetto nel mucchio dei tanti e ne accarezza con mano leggera la copertina, ne sfoglia le prime pagine annusa l’odore della carta stampata antica e poi lo riposa.

Per qualche attimo, qualcosa che viene da lontano è tornato a galla, con quel curioso distratto e subito lasciato andare.

Forse l’immagine di un mondo remoto che si affaccia dai fondali del tempo, come Il relitto di una imbarcazione, forse quello stesso veliero di cui sopra, con il suo piccolo mondo racchiuso in sé, affondato e riemerso dagli abissi della memoria e subito riscomparso, forse per sempre.

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