NEL MEZZO DEL CAMMINO


                                                                       

Al punto in cui siamo di questa narrazione fantastica (perché frutto di fantasia, non perché sia poi tanto affascinante), si avverte, a mio parere (ma di chi?  Chi è che parla?) la necessità di far emergere un altro personaggio, che dovrebbe essere l’io parlante, quello che raccoglie le varie storie dei diversi protagonisti e li collega, li rabbercia come può, tentando di farne qualcosa di uniforme, utile e commestibile (che si possa mandar giù senza troppe difficoltà, come una medicina).  

Questo ruolo è stato finora svolto dai protagonisti dei diversi episodi, i quali però hanno soprattutto parlato per loro stessi, mentre rimaneva in ombra il rabberciatore, che ora vuole venir fuori. Ma non è una persona reale, non è l’autore. I suoi pensieri non sono - sempre – quelli di chi scrive. Così non è con lui che ve la dovete prendere.  


                                                         Foto dal  diario di Valter Di Giacinto

                     
Sebastiano, forse nel suo intimo, pensava di essere quello che, avendo fornito, peraltro senza alcun compenso, il locale dove far riunire quella entità strana che era il Circolo, avesse maggior titolo a svolgere anche quella funzione di collettore (questa parola l’aveva letta sul giornale) dei diversi rivoli (l’idea poetica, invece, era sua) rappresentati dalle storie di ciascuno di loro.

Quella sera stava giusto meditando quale fosse la sua parte nella storia. Era solo nel locale deserto, ed il suo pensiero si spinse un poco oltre il consentito, cioè quello che lui stesso avrebbe immaginato.

Per esempio, prendiamo Maurizio, diceva fra sé. Chi è Maurizio? Ha un’età indefinibile, anzi più ancora indefinita. A volte sembra che abbia 20 anni a volte 100. Ma l’età vera, chi la conosce? Forse nemmeno lui.

Fra tutti è il personaggio più emblematico (questa l’aveva sentita senz’altro da lui, si riservava però di andare a controllare il vocabolario, per capirne il significato). Dietro il suo occhialetto, lo sguardo sempre fisso, al contrario d Pancrazio che l’aveva troppo mobile, il volto pallido e il corpo rigido come uno stoccafisso, qualche volta incuteva timore riverenziale, altre volte faceva ridere, ma veramente chi si credeva di essere? Cicerone, o Papa Sisto? (chi erano costoro? A lui, dopo tutto non interessava gran che).

Di Pancrazio si poteva dire tutto e il contrario di tutto: buon amico, compagnone, da prendere con le pinze.

Ottavio era una brava persona, si faceva i fatti suoi, ma era sempre disponibile, preciso ed efficace, uno di quelli su cui si poteva contare di più.

E le donne? Non aveva per niente pensato alle donne. Ma avevano un ruolo le donne, in quella congrega di sbandati?

Chiara, la donna del capo, al contrario del suo uomo, aveva un’età ben definita, 27 anni, né uno di più, né uno di meno.  

Delle altre, Silvana e Marta, avevano perso un po’ della loro verve iniziale e se ne stavano buone, senza emergere. Probabilmente, però, avevano altre frecce al loro arco. (senti quante belle espressioni ho imparato a stare con questi, mi sembra di essere un letterato!).

Evelina, piuttosto, appena arrivata era balzata subito in primo piano. Una ragazza in gamba, la figlia di quel bestione di Pancrazio!


Mentre Sebastiano, così argomentava dentro di sé, chiuso nel suo bar, ed era convinto di avere nelle sue mani le sorti di tutti questi soggetti ai quali aveva dato ospitalità, che pertanto da lui dipendevano per il seguito della storia, il principale implicato in essa, che se vogliamo era quello al quale si doveva l’iniziativa di fondare un Circolo, Maurizio, a sua insaputa (di Sebastiano) e quindi autonomamente, senza alcun condizionamento altrui, nella sua dimora, era ugualmente assorto nei suoi pensieri, rivolti a ripercorrere ancora una volta gli ultimi avvenimenti.

Con Chiara era ormai in una specie di pace armata permanente. Lei non accettava che lui, nonostante le affermazioni in senso contrario sue, nutrisse ancora dei dubbi su quella maledetta sera del lago. E lui, non riusciva a digerire la frase detta da lei, in un momento di rabbia, ebbene sì ho fatto l’amore con lui, che ora smentiva, appellandosi alla fiducia tra innamorati che non deve essere mai tradita. Lui voleva credere, ma chi può conoscere fino in fondo l’animo umano?   

Con Licius pensava di essere stato troppo duro, severo. In fin dei conti la sua storia del mendicante epicureo, come egli stesso aveva chiarito, non era altro che una riflessione, scontata finché vuoi, ma innocente, leggera, senza alcuna pretesa didattica, né di insegnamento morale e la dedica agli amici dello Zibaldino, voleva essere un omaggio, nonostante la pochezza della materia.

Aveva imparato a voler bene a quel benedett’uomo, così pieno di complessi, remore e ciononostante deciso a farsi avanti senza timori, con le sue idee, alle quali attribuiva forse un’importanza eccessiva, ma che esprimevano bene la sua personalità di un certo rilievo. Lo dimostrava il fatto che ogni volta che lui diceva qualcosa, lo stesso Maurizio doveva ammettere che, anche se contrariato, era costretto a rivedere le sue, di idee e non di rado a modificarle.

Qui torniamo al punto di partenza. Ma insomma chi è che governa questa nave in gran tempesta che è lo Zibaldino? Chi è che raccoglie tutte le fila e fa di tutt’erbe un fascio (non di combattimento, per fortuna, ma anche da sola quella parola fa paura, che sia stramaledetta!).

Ma in fin dei conti è importante sapere chi è? A voi interessa? Per quanto ne so io, non dev’essere lontano.

Commenti

  1. "Ho capito" - pensò Rimiratore - " me sa che devo dà na mano de nascosto a sti simpatici amici che me piace accimentà pe provocalli senza fajje male; me dispiace che stann'a passà na crisi che po' sfascià sto circolo. Mo scrivo na cosa simpatica anonima che poi incarico Evaristo de fajiela avè". - Uscì dal caffè Grande Italia, dove quella mattina era stato da solo, e si diresse verso casa mentre rimestava i pensieri per preparare la lettera.

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    1. Mo' vojo vède...ma chi è che parla con sto romanesco che manco alla suburra...

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