SCURRILE

"Maurizio mi sai dire se scurrile deriva da scoreggia?". La voce era partita da un punto centrale della sala, dove erano assembrati alcuni buontemponi e non era difficile indovinare che la domanda fosse una provocazione per mettere in difficoltà il sublime oratore che da poco aveva terminato di illustrare, da par suo, il significato della parola ameno. Intorno a Pancrazio, che aveva assunto un poco il ruolo di bastian contrario, fulcro dell’opposizione a prescindere, erano infatti alcuni marpioni ben noti, come Mauriello, Calcinaccio e Burchiato, che fino a pochi giorni prima passavano il tempo per lo più sulla soglia del bar e nelle immediate vicinanze, con lazzi, motti e battute irriverenti nei confronti di tutti quelli che entravano o uscivano con l’aria contegnosa di professori, o, anche leziosa, di alunni molto disciplinati. Con il mal di pancia, per nulla dissimulato, di Sebastiano il barista, che li avrebbe volentieri scacciati fuori a pedate.

Lacco Ameno.

"No", iniziò Maurizio, piuttosto titubante, "non deriva da lì. E nemmeno da infingardo, che invece voi sapete essere la qualifica che si dà a chi parla senza farsi vedere, o, come si suol dire, lancia il sasso e nasconde la mano. Infingardo che vuol dire mentitore, colui che finge, si mantiene nelle retrovie. Diverso dal guadalone, parola che non trovate sul vocabolario, ma a cui noi diamo un senso ben preciso, diverso dal primo e tuttavia anch’esso molto adatto a voi, fannulloni e perdigiorno che venite qui solo per dare fastidio. Scurrile, viene da scurra, che vuol dire buffone", continuò, meravigliando non poco i suoi sostenitori, per la prontezza della risposta, "ma non nel senso alto di chi possiede la vis comica, l’arte di far ridere in maniera elegante, ma in quello deteriore del ridanciano sguaiato e sbracato, aduso alla volgarità. Che si rotola nel fango e suscita disprezzo."

Guardò un attimo verso il gruppo dei buontemponi per godersi il trionfo di quella risposta azzeccata ed ecco che Pancrazio, uscendo allo scoperto e costituendosi come autore della insolenza precedente, colpito da quello che si stava dicendo, smise di fare il finto tonto e, con interesse sincero, chiese:

"Ma allora scurrile è il contrario di ameno, di cui hai parlato finora!"
"Solo se intendi dire che sono due cose completamente diverse", disse Maurizio. "Per dirsi opposte due parole debbono essere una l’esatto contrario dell’altra e qui non mi sembra che ciò si verifichi."
"Però, mentre l’ameno è gaio, sereno, ispira buoni sentimenti, insomma è allegro, lo scurrile è sordido, licenzioso e non mette allegria", insistette il Greve.

"Quest’uomo mi nasconde qualcosa, o gioca un gioco sporco", pensò Maurizio. "Ha delle qualità che cerca di tenere nascoste: quando vuole parla in modo forbito e le sue osservazioni non sono sciocche; finora ha fatto di tutto per farci credere il contrario, temo che tutte le volte che egli, confrontandosi con noi, storpiava le parole, fingendo di averne frainteso il significato, lo abbia fatto per millanteria, per far credere agli altri di essere un rozzo ignorante, mentre invece è probabile che abbia molte frecce al suo arco, con le quali si ripromette di colpire a tempo debito i suoi presunti avversari". Decise quindi di stare in guardia e non offrire il destro per uno scontro sanguinoso. Lo stimolo comunque ad andare vanti, nel discorso, era grande.

"Vedi", riprese concentrandosi, "lo scurrile, che si adatta a persone, discorsi, scritti, atteggiamenti, si gioca tutto entro una dimensione comica, anche se come abbiamo detto si tratta di una comicità deteriore, che l’ameno non ha. Quanto all'allegria che caratterizza l’ameno, come tu hai detto, è chiaro che stiamo parlando dell’allegria dello spirito, non della comicità del guitto, o, peggio, dello sguazzone (a proposito come ti suona questo termine? se ti interessa, puoi vedere l’omonimo post pubblicato sullo Zibaldino il 19 giugno 2018, tu allora non eri ancora con noi). Ma vedo che il tuo intervento, questa volta è stato tutt'altro che inutile: è servito a far capire a tutti noi che tra le due parole, scurrile e ameno, sebbene lontanissime tra di loro, popolando mondi completamente diversi, scorre una linfa vitale che noi questa mattina, quando abbiamo cominciato, nemmeno sospettavamo e di questo dobbiamo essere grati a te.

Poi proseguì: "Sempre questa mattina, quando stavamo parlando dell’aggettivo ameno, ci hai detto di essere stato questa estate all’Isola di Ischia e di aver visto un posto bellissimo che si chiamava Locco, Lucco o non ricordavi bene come, Ameno e mi hai chiesto cosa fosse un ameno, forse voleva dire armeno? In fin dei conti, hai aggiunto nella chiesa del paese non si trova pure una statua di S. Giovanni Armeno? Il nostro discorso poi, è degenerato, come forse tu volevi, e non ho potuto darti una risposta. Come tu ben sai, vecchio marpione, il luogo si chiama Lacco Ameno e Lacco vuol dire, forse dal greco, pietra. È un posto dove dal mare, esce fuori questo roccione coperto di una rada vegetazione marina, molto caratteristico e dove si fanno ottime cure termali, e, forse questo non lo sai, prima dell’unità d’Italia si chiamava soltanto Lacco, nel 1863, dietro domanda del sindaco di allora, Vittorio Emanuele III, re d’Italia, con decreto, concesse alla cittadina di aggiungere al nome Lacco, l’aggettivo bellissimo di Ameno (con buona pace degli armeni)".

"Pace fatta, compare? Questa volta il veleno lo offro io. Sebastiano, per favore, prepara la pozione che ti ho detto. Solo uno; io prendo un caffè".

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