SGUAZZONE

Sguazzone è un termine dialettale di origine napoletana. Qualcuno tenta di accreditare che sia un prodotto originale del nostro idioma regionale, vantando una pretesa nascita in Abruzzo della parola, ma ritengo che sia molto più probabile l'ipotesi che essa sia giunta a noi attraverso i funzionari e gli attaché del Regno di Napoli, di cui noi abruzzesi eravamo l'estrema propaggine.

"Bisogna farsi un'ottica" di Franco Angeli, 1968

Ai confini dello Stato del Vaticano, avevamo l'ultimo baluardo del potere borbonico nella Fortezza di Civitella, i cui ufficiali e soldati provenivano da Napoli e dintorni e questi esercitavano sulla popolazione quell'influenza anche nella lingua che risulta inevitabile tra dominati e dominanti, sebbene attenuata nei suoi contenuti dalla distanza del presidio dal potere centrale.

Sguazzone vuol dire ragazzaccio, giovinastro, mascalzoncello, con un senso di bonaria ironia nei confronti di chi, pur non avendo niente, riesce a cavarsela senza far pesare lo stato della sua condizione di diseredato.

Lo sguazzone, che "sguazza" come può con ingegno e furberia, rispetto ad un mondo che non gli regala niente e tutto deve essere conquistato, con ogni mezzo, è visto con simpatia da chi, avendo una posizione di preminenza, può permettersi di guardare con indulgenza alla miseria altrui, ammirandone l'arte di sopravvivere con una certa dignità da parte sua e condiscendenza da parte degli altri.

A favore dell'origine abruzzese del termine, sembrerebbe il fatto che Gabriele D'Annunzio, il fiero pescarese che era orgoglioso della propria città natale, pur non essendoci vissuto che nei tempi della prima giovinezza, amava farsi chiamare "sguazzone", per sottolineare il suo carattere bizzarro, estroso e molto vivace, quale può essere stato quello da lui manifestato, all'origine, studente indisciplinato, bocciato all'esame di licenza, dicono per aver espresso opinioni non condivise dall'esaminante, ma forse più a causa del suo comportamento strafottente.

E sguazzone egli è rimasto per le sue imprese temerarie che lo resero subito famoso e il fervente irredentismo, fino all'incontro con Mussolini, che, pur ammirandolo molto e proponendolo come icona del regime che stava mettendo su, lo ritenne da subito pericoloso a causa della indipendenza intellettuale di questo grosso personaggio, per certi versi ingombrante, che confliggeva con la sua idea di governo, al punto da rischiare di scalzarla e fece di tutto per isolarlo.

Allora il grande Vate, che tanta influenza aveva esercitato sulla moda e sui costumi del suo tempo, divenne l'icona di se stesso, chiudendosi in un maschera tragica che dello sguazzone non aveva più nulla.

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