LA DISCENDENZA

Chi fur li maggior tui? Guarda che bella ragazza; di chi è figlia? La discendenza è importante; tutti noi possiamo avere degli avi di cui gloriarci o di cui vergognarci, ma la maggior parte di noi non arriva oltre il terzo grado, i bisnonni. Ed è già fortunato se di loro conserva un pallido ricordo, molto spesso basato non su una reminiscenza diretta, ma indotta dal racconto di altri.

A makeshift home in a barraks Anonymous, 1943-45 From: silver bromide gelatin/paper, 24x36 cm Fondo Franco Cristofori – Cineteca di Bologna

Già dei nonni spesso non si arriva a sapere granché e questo perché troppo tardi insorge in noi, poveri cristi privati del nostro passato, il desiderio di ricostruire quell’albero genealogico che invece nelle case nobiliari, dei ricchi o comunque ben strutturate, è bello e fiorente, ricco di rami e di frutti, mentre viceversa è secco e rachitico o addirittura del tutto inesistente laddove l’incuria e l’abbandono hanno impedito la nascita di una coscienza per i tanti, troppi che non vantano nobili natali e fanno parte di quella moltitudine di gente senza storia.

La mia famiglia appartiene, mio malgrado a quest’ultima categoria, con l’aggravante che ormai è troppo tardi per cercare di recuperare quello che fino a qualche tempo fa era ancora possibile reperire, attraverso ricordi e testimonianze, per la scomparsa di tutti i protagonisti della storia che avrebbero potuto aiutare a ricostruirla. Mi affido pertanto alla mia scarsa memoria, con l’invito a chi di noi avesse più ricordi di me, a fare altrettanto per cercare di racimolare quanto più possibile di tante vite, di uomini e di donne che non si sono spese inutilmente ma di cui purtroppo ignoriamo il valore.

Da parte di mio padre ho il ricordo del luogo natale, Città S. Angelo (Ciusantagnl’ per gli iniziati), allora compresa nella Provincia di Teramo, ora gemma delle colline pescaresi, un paese popoloso di media collina, prevalentemente agricolo, con un ospedale ed una cattedrale, nonché uno splendido panorama. Sono stato con mio fratello e le mie sorelle ospiti della famiglia di mio padre nella casa di proprietà, ed il primo ricordo non è dei più belli: si era in tempo di guerra e di notte, spesso sentivamo il rumore sordo e cupo di pesanti arei che andavano a bombardare la stazione di Pescara e dalla finestra della nostra camera vedevamo le vampate delle bombe che scoppiavano, incendi che si formavano in più punti, il tutto alla luce spettrale dei razzi illuminanti che scendevano lentamente dal cielo.

Ma il ricordo più caro è quella di nonna Rita, una vecchietta piccolina, sempre sorridente, con il volto segnato dalla fatica e dal sole, la quale tutte le sere ci attendeva sulla soglia di casa di ritorno dalla campagna dove eravamo stati con zio Luigi per l’intero giorno, per chiederci cosa volevamo mangiare per cena. Ed immancabilmente la nostra scelta cadeva sui tagliolini col sugo di pomodori freschi portati dalla campagna. Cosa che lei preparava miracolosamente in un tempo che a noi sembrava brevissimo mettendo la caldaia sul fuoco del camino, preparando la pasta nel mentre l’acqua raggiungeva il bollore e in men che non si dica eravamo a tavola con il profumo del basilico del pomodoro e l’aggiunta di un po’ di peperone e tagliolini a volontà.

(1. Continua)

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