CUPIDO AL RICOVERO

Voi credete che, superata una certa età, anche se si sono perse alcune attitudini, proprie della giovinezza, sia morta negli uomini e nelle donne ogni richiamo di amore e non si avverta la dannazione della gelosia? Ebbene, non è così. Per vie misteriose, Cupido, il Dio dell’amore, si insinua dappertutto e spande nell’atmosfera quel sottilissimo velo che va sotto il nome di erotismo, quella forza vitale che informa di sè tutta la nostra vita e che può far compiere cose strane, sotto ogni costellazione a qualsiasi età.

Nel tunnel (Monti Sibillini, 2018)

L’avv. Augusto Cazzola che di erotismo sapeva assai, per averlo a lungo praticato e coltivato, amava rallegrare l'atmosfera durante le riunioni che intratteneva con gruppi di suoi colleghi, raccontando storielle erotiche, prese per lo più da un suo archivio personale, insistendo su un concetto al quale teneva molto, forse perché aveva superato una certa età: non esiste nella vita di un uomo un’epoca in cui gli sia inibito l'accesso all'amore. Tutte le età sono buone, sia per gli uomini che per le donne.

Un esempio? Eccovi serviti: Processo a carico di Arturo Referza, di anni 80, ospite permanente della Casa di Riposo per Anziani di Anzio, accusato di aver assassinato Giorgio Delle Fave, anche egli ospite permanente della stessa Casa di Riposo, per motivi di gelosia. La Casa di Riposo ospitava all’epoca circa cento ricoverati, di ambo i sessi, tutti di età piuttosto avanzata, dai 75 anni in su, parzialmente inabili e non autosufficienti. Sembra impossibile, ma tra tutti i ricoverati, l’erotismo serpeggiava ed in continuazione e Cupido scagliava le sue frecce e si formavano coppie di innamorati che poi si disfacevano, oppure divenivano stabili, ma in una rotazione che era abbastanza vertiginosa.

Il suddetto Arturo Referza, nonostante l’età avanzata, dimostrava di avere sufficiente autonomia ed una buona vivacità intellettuale. Egli si era invaghito di una signora, Maria Delle Monache, di qualche anno più giovane, sembra con successo, perché la stessa accettava di buon grado la compagnia dell’uomo ed i due cominciarono ad apparire in pubblico sempre insieme, al punto di essere scambiati per coniugi regolari. Chiesero ed ottennero di poter convivere in una stessa camera ed erano entrambi felici e contenti. Ciò mosse l'invidia di molti ed in particolare di un certo Giorgio Delle Fave, che molestava la donna e provocava l'uomo ad ogni occasione, rivelandosi un elemento alquanto pericoloso. Il suo scopo era di far separare i due innamorati e di conquistare lui stesso le grazie della bella signora al posto del Referza.

"Credi di aver conquistato una verginella, brutto babbeo, gli diceva incontrandolo. Ne ha fatte più lei che chiunque altra. Apri gli occhi: è stata anche con me."

Arturo taceva e sopportava, studiando il modo di farlo stare zitto in un modo o nell’altro. Cercava di tenere gli occhi bene aperti e, specialmente di notte, non perdeva mai di vista il letto della sua protetta, che dormiva insieme a lui in una cameretta sul corridoio. Era così certo che le virtù di quella che chiamava moglie, sarebbero state preservate. Ma una notte ebbe buoni motivi per dubitarne. Cominciò che aveva fatto una specie di sogno premonitore. Maria, completamente nuda di fronte ad un gruppo di uomini, si mostrava sfrontatamente ed era sorda ad ogni suo richiamo che la implorava di coprirsi. Anzi, per tutta risposta, agendo come in trance, si mostrava agli sbavanti spettatori ancor più volentieri. E più lui cercava di stare sveglio, più gli occhi gli si chiudevano e cadeva nel sonno. "Sono stato drogato" pensò e perse conoscenza. Quando si riebbe, all’alba di quel giorno maledetto, Arturo ebbe la netta sensazione di essere stato tradito. Per tutta la notte, lungo il corridoio non aveva fatto altro che sentire un trapestio di passi furtivi; aveva visto fasci di luce che si proiettavano nel buio da lampade a pila che sventagliavano dall’alto verso il basso, a seconda di come si muovevano coloro che armeggiavano dietro la porta e ricordava un sommesso parlottare che essi facevano tra di loro, di cui però non riuscì a capire niente, al di fuori di qualche parola smozzicata.

"Pia...no...ru...m...ore...si sve...glia..."

Allora si accorse che Maria non era nel suo letto e non sapeva da quanto tempo. La vide furtiva che rientrava dalla porta a vetri e si rimetteva a letto, coprendosi con il lenzuolo fino agli occhi.

"Maledizione", mormorò fra sé, "quel diavolo d’un Giorgio me l’ha fatta! Ahhh, ma non la passerà liscia, se ne pentirà amaramente. Mi dispiace solo se Maria è stata consenziente. Ma io penso di no, sennò, a che pro tutta quella manfrina? E tutto quel passa e ripassa? Deve essersi messo d’accordo con altri delinquenti come lui e con qualche espediente l’hanno convinta ad alzarsi ed uscire dalla camera. Chissà, forse con la scusa di una visita medica o qualcosa del genere e dopo l’hanno violentata, certo è facile, povera Maria, sola nelle mani di questi stupratori! Ma io li ucciderò, li farò piangere. Si dovranno pentire di essere nati!" 

Sceso dal letto si avvicinò a quello della moglie.

"Maria, amore mio, non piangere, io ti vendicherò; dimmi chi è stato, le sussurrò in un orecchio.
"Eh? Che cosa? Chi è?", fece lei ancora insonnolita, "lasciatemi stare."
"E’ traumatizzata", pensò tra sé e sé, "potrebbe anche non ricordare. E’ meglio lasciarla riposare."

Andò al suo armadietto e prese dalla sua valigia il coltello a serramanico che si era portato dai tempi della vita selvaggia nei boschi e se lo mise nella tasca del pigiama, quindi uscì dalla porta vetri, guardandosi dietro perché nessuno lo seguisse e con circospezione, per non farsi notare. Camminò rasente il muro fino all’ingresso della cucina, che era illuminata e sentì alcune voci che provenivano dall’interno.

"Questa notte c’è stata una certa agitazione in questo reparto, dobbiamo accertare che cosa è successo, disse qualcuno."
"C’è qualche galletto qui dentro al quale bisogna lisciare un po’ le piume, disse un altro." 
"Conviene tenere gli occhi aperti, sennò succede che accadrà qualcosa di grave e allora ci andremo di mezzo noi."
"Io tengo d’occhio quel Giorgio, prima o poi finisce che fa qualche fesseria. S’è risvegliato il maschiaccio che forse non c’è stato mai in lui e quando vede una sottana non lo si riesce a tenere a freno."
"Dov’è che possiamo trovarlo?"
"Al gioco delle bocce, è sempre il primo la mattina."
"Andiamoci a parlare. Ma dobbiamo aspettare che tutti abbiano fatto colazione. Dopo andremo a sentire cosa ha da dirci."

Intorno alle dieci del mattino del giorno 27 aprile dell’anno del Signore 2012, quattro infermieri dell’Ospizio per vecchi scoprirono presso il campo di bocce che era deserto, il corpo di un ricoverato, riverso per terra in una pozza di sangue. Il morto che non rispondeva più al nome di Giorgio Delle Fave, di anni 75, risultò essere stato assassinato per motivi di gelosia da un altro ospite del Ricovero, tale Arturo Referza, di anni 80. Al processo ho sostenuto che si era trattato di un duello regolare. I due si erano dati appuntamento al campo di bocce fuori dall’orario di apertura e lì si erano battuti all’ultimo sangue per contendersi la donna. Come ai tempi primigeni e Arturo aveva avuto la meglio. Se la cavò con il minimo della pena, da scontare ai domiciliari presso la stessa Casa di Riposo, ma in isolamento. Poveraccio, non ebbe il tempo di scontarla per intero, perché morì prima. Maria fu l’unica persona presente alla cerimonia funebre e l’unica ad accompagnare il corpo del defunto all’ultimo domicilio.

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