GROTTESCO
In un bel giorno d'estate di un anno qualsiasi della prima metà del '500, alcuni eminenti personaggi di quello che poi fu chiamato il Rinascimento Italiano, si incontrarono a Roma in località Colle Oppio, dove qualche tempo prima si era verificato un evento sensazionale, un giovane era caduto dentro una buca (le famose buche di Roma), che si era aperta davanti ai suoi piedi e si era ritrovato in un ambiente favoloso: tra macerie, calcinacci e polvere, egli era dentro una stanza dalle pareti decorate con affreschi, che sulle prime egli non seppe decifrare. Le immagini erano sbiadite dal tempo e rovinate dalle intemperie; a stento riuscì a distinguere strani animali di cui non aveva conoscenza, altri noti ma contraffatti, figure umane improbabili per dimensioni e fattezze.
La cosa destò molto scalpore ed artisti, speleologi ed intenditori di cose antiche, si recarono sul posto e cercarono di capire di cosa si trattasse. Senza saperlo quel giovane aveva scoperto la famosa Domus Aurea che Nerone si era fatta erigere come prima casa, così denominata perché ricolma di fregi preziosi, maniglie dorate, marmi molto costosi, inimmaginabili sfarzi, che al popolo lo facevano apparire, come egli credeva effettivamente di essere, un vero Dio sulla terra, anche se, per modestia, appena insediato nella nuova dimora, disse: "Ora sì che posso vivere come un uomo!".
Lo scopo dei nostri convenuti era quello di prendere visione di tanta meraviglia e darne un giudizio, pur nella esiguità del sito che non era stato ancora bonificato, né reso facilmente accessibile, anche perché lì per lì, non ci si rese conto che i reperti venuti alla luce erano solo una piccola parte del gigantesco edificio della Domus. Per visitare il sito era necessario farsi calare, uno alla volta, nel luogo sotterraneo, con pali sospesi alla sommità, corde e pulegge, cosa che, oltre ad essere disagevole, esponeva a rischi e pericoli non di poco conto per la tenuta dei sostegni e l'eventualità di crolli e cedimenti strutturali.
Facevano parte della comitiva esimi pittori, scultori, architettori (alla Vasari), i quali viaggiavano in incognito per non alimentare false aspettative, ma tra i presenti ci fu qualcuno che credette riconoscere i futuri componenti di quella che sarà chiamata la triade massima del Rinascimento, Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio.
Un tale si stava lamentando di non avere molto tempo perché era atteso alla Zecca Vaticana dalla quale aveva avuto una commessa per la creazione di una moneta con l'effigie di papa Leone X.
"Quello è Benvenuto Cellini - diceva all'orecchio del vicino un distinto signore con la barba, l'orafo di Firenze, un violento che ha commesso diversi omicidi. Però come artista è molto bravo."
"Se vuole posso fargli vedere alcuni bozzetti che ho nel mio studio del volto di Leone X, per un quadro che sto realizzando per lui", rispose l'ascoltatore.
"Non credo gli interessi; è un arrogante violento e presuntuoso. Tu piuttosto, non sei quel Raffaello che ha fatto Il Matrimonio della Vergine, già tanto famoso?"
"Sì, e allora che mi dici tu della tua Monna Lisa?".
"Zitto, non parliamo, il Buonarroti che è dietro potrebbe offendersi e anche lui non è tipo da fartela passare liscia."
Forse scherzavano: facevano solo finta di essere quello che l'altro diceva. Ma altri c'erano che tacevano ed aspettavano. Tra questi un certo Pinturicchio ed un triste figuro in un angolo che tutti chiamavano "Morto", Morto da Feltro.
La visita si protrasse per alcune ore e fu alquanto movimentata. Gli ambienti erano abbastanza vasti, ma molto scarsamente illuminati. Furono accese delle lampade ad olio ed ognuno si dispose a seguire un itinerario per conto proprio.
Che cosa si poteva dire di quelle immagini sfocate, che il tempo sembrava aver deturpato, tanto erano deformate, irreali, da non credere che chi le aveva ideate avesse voluto veramente ritrarle così come apparivano allora? Braccia corte, nasi lunghi, animali mai visti, espressioni truculente, creature con due, tre teste. Un bestiario incomprensibile.
Ciononostante tra i visitatori cominciò a serpeggiare una euforia come di cosa che richiedesse un superiore ingegno per capirne il valore. E si formarono due gruppi, il primo che esaltava il genio del creatore di quelle opere e l'altro che perplesso ne ammirava solo il lato fantastico. Ecco che qualcuno disse "Grottesco" per dire che quello che era davanti ai loro occhi era ciò che era uscito dalla grotta. Grottesche furono chiamate le figure enigmatiche che erano dipinte sulle pareti di quell'antro.
Il doppio senso era inevitabile: grottesche le figure o grottesco il genere, fu il nome dato a quelle opere perché provenienti dalle grotte e perché contenevano qualcosa di indecifrabile.
Indecifrabile in un modo particolare.
L'esagerazione, le storpiature delle figure, sicuramente volute e non frutto di ignoranza o di follia, erano tali da muovere al riso o andavano a colpire più in profondità, a toccare quella terra incontaminata dei sentimenti che ci rimanda ad una comune condizione di umanità in cerca di qualcosa?
Ebbene, mentre tutti erano intenti a discutere animatamente sui fini e i destini dell'arte, ad un tratto, da un angolo remoto della sala, dietro una parete semi diroccata, si levò un trambusto, un urlo soffocato, forse un singhiozzo e poi un'esplosione di risa che inondò tutta la stanza. I primi ad accorrere furono il presunto Raffaello, il sedicente Cellini o quelli che potevano essere ritenuti Leonardo e Michelangelo. Dietro la spalletta della parete caduta, riverso per terra in preda a convulsioni, c'era il Morto, che tanto morto non era, anche se sembrava in procinto di diventarlo di lì a poco, soffocato dalle risa. Davanti a lui, su una parte di parete ancora intatta, era possibile vedere abbastanza distintamente una figura raffigurante l'Imperatore Nerone in tunica bianca, con la cetra in mano che cantava davanti ad un paesaggio di Roma in fiamme, con un enorme pene che usciva dalla tunica, grande quanto l'intero suo busto.
"E' una presa per il culo, urlava il Morto tra un accesso di risa e l'altro, è una presa per il culo e voi tutti ci siete cascati. Nerone era un beffardo e vi ha beffato. Sono millecinquecento anni che vi beffa".
Ne nacque una colluttazione: Benvenuto voleva uccidere il Morto seduta stante. Buonarroti era per una solenne legnatura, da rompergli tutte le ossa. Raffaello il più mite. Forse perché arcanamente conscio del fatto di avere ancora poco da vivere (sarebbe morto di lì a poco a meno di 40 anni), si ritirò verso l'uscita e chiese di essere tirato fuori.
Una volta tutti fuori, mentre si battevano con le mani sulle braccia sulle gambe e sul busto, per far cadere la polvere che si era depositata sui loro abiti, videro una piccola folla che si era radunata nei pressi dell'entrata della voragine ed erano curiosi di sapere cosa avevano visto e perché ad un tratto era successo tutta quella confusione. Fu detto loro della immagine oscena di Nerone e poco altro. Due vollero scendere a constatare di persona.
Quando uscirono, un'ora dopo, il gruppo si era diradato. A chi chiese, fu risposto che non c'era nessuna figura di Nerone col membro eretto, la parete in fondo alla sala era completamente crollata e quella parte del sito era del tutto inaccessibile.
Area archeologica di Ercolano - 2011 |
La cosa destò molto scalpore ed artisti, speleologi ed intenditori di cose antiche, si recarono sul posto e cercarono di capire di cosa si trattasse. Senza saperlo quel giovane aveva scoperto la famosa Domus Aurea che Nerone si era fatta erigere come prima casa, così denominata perché ricolma di fregi preziosi, maniglie dorate, marmi molto costosi, inimmaginabili sfarzi, che al popolo lo facevano apparire, come egli credeva effettivamente di essere, un vero Dio sulla terra, anche se, per modestia, appena insediato nella nuova dimora, disse: "Ora sì che posso vivere come un uomo!".
Lo scopo dei nostri convenuti era quello di prendere visione di tanta meraviglia e darne un giudizio, pur nella esiguità del sito che non era stato ancora bonificato, né reso facilmente accessibile, anche perché lì per lì, non ci si rese conto che i reperti venuti alla luce erano solo una piccola parte del gigantesco edificio della Domus. Per visitare il sito era necessario farsi calare, uno alla volta, nel luogo sotterraneo, con pali sospesi alla sommità, corde e pulegge, cosa che, oltre ad essere disagevole, esponeva a rischi e pericoli non di poco conto per la tenuta dei sostegni e l'eventualità di crolli e cedimenti strutturali.
Facevano parte della comitiva esimi pittori, scultori, architettori (alla Vasari), i quali viaggiavano in incognito per non alimentare false aspettative, ma tra i presenti ci fu qualcuno che credette riconoscere i futuri componenti di quella che sarà chiamata la triade massima del Rinascimento, Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio.
Un tale si stava lamentando di non avere molto tempo perché era atteso alla Zecca Vaticana dalla quale aveva avuto una commessa per la creazione di una moneta con l'effigie di papa Leone X.
"Quello è Benvenuto Cellini - diceva all'orecchio del vicino un distinto signore con la barba, l'orafo di Firenze, un violento che ha commesso diversi omicidi. Però come artista è molto bravo."
"Se vuole posso fargli vedere alcuni bozzetti che ho nel mio studio del volto di Leone X, per un quadro che sto realizzando per lui", rispose l'ascoltatore.
"Non credo gli interessi; è un arrogante violento e presuntuoso. Tu piuttosto, non sei quel Raffaello che ha fatto Il Matrimonio della Vergine, già tanto famoso?"
"Sì, e allora che mi dici tu della tua Monna Lisa?".
"Zitto, non parliamo, il Buonarroti che è dietro potrebbe offendersi e anche lui non è tipo da fartela passare liscia."
Forse scherzavano: facevano solo finta di essere quello che l'altro diceva. Ma altri c'erano che tacevano ed aspettavano. Tra questi un certo Pinturicchio ed un triste figuro in un angolo che tutti chiamavano "Morto", Morto da Feltro.
La visita si protrasse per alcune ore e fu alquanto movimentata. Gli ambienti erano abbastanza vasti, ma molto scarsamente illuminati. Furono accese delle lampade ad olio ed ognuno si dispose a seguire un itinerario per conto proprio.
Che cosa si poteva dire di quelle immagini sfocate, che il tempo sembrava aver deturpato, tanto erano deformate, irreali, da non credere che chi le aveva ideate avesse voluto veramente ritrarle così come apparivano allora? Braccia corte, nasi lunghi, animali mai visti, espressioni truculente, creature con due, tre teste. Un bestiario incomprensibile.
Ciononostante tra i visitatori cominciò a serpeggiare una euforia come di cosa che richiedesse un superiore ingegno per capirne il valore. E si formarono due gruppi, il primo che esaltava il genio del creatore di quelle opere e l'altro che perplesso ne ammirava solo il lato fantastico. Ecco che qualcuno disse "Grottesco" per dire che quello che era davanti ai loro occhi era ciò che era uscito dalla grotta. Grottesche furono chiamate le figure enigmatiche che erano dipinte sulle pareti di quell'antro.
Il doppio senso era inevitabile: grottesche le figure o grottesco il genere, fu il nome dato a quelle opere perché provenienti dalle grotte e perché contenevano qualcosa di indecifrabile.
Indecifrabile in un modo particolare.
L'esagerazione, le storpiature delle figure, sicuramente volute e non frutto di ignoranza o di follia, erano tali da muovere al riso o andavano a colpire più in profondità, a toccare quella terra incontaminata dei sentimenti che ci rimanda ad una comune condizione di umanità in cerca di qualcosa?
Ebbene, mentre tutti erano intenti a discutere animatamente sui fini e i destini dell'arte, ad un tratto, da un angolo remoto della sala, dietro una parete semi diroccata, si levò un trambusto, un urlo soffocato, forse un singhiozzo e poi un'esplosione di risa che inondò tutta la stanza. I primi ad accorrere furono il presunto Raffaello, il sedicente Cellini o quelli che potevano essere ritenuti Leonardo e Michelangelo. Dietro la spalletta della parete caduta, riverso per terra in preda a convulsioni, c'era il Morto, che tanto morto non era, anche se sembrava in procinto di diventarlo di lì a poco, soffocato dalle risa. Davanti a lui, su una parte di parete ancora intatta, era possibile vedere abbastanza distintamente una figura raffigurante l'Imperatore Nerone in tunica bianca, con la cetra in mano che cantava davanti ad un paesaggio di Roma in fiamme, con un enorme pene che usciva dalla tunica, grande quanto l'intero suo busto.
"E' una presa per il culo, urlava il Morto tra un accesso di risa e l'altro, è una presa per il culo e voi tutti ci siete cascati. Nerone era un beffardo e vi ha beffato. Sono millecinquecento anni che vi beffa".
Ne nacque una colluttazione: Benvenuto voleva uccidere il Morto seduta stante. Buonarroti era per una solenne legnatura, da rompergli tutte le ossa. Raffaello il più mite. Forse perché arcanamente conscio del fatto di avere ancora poco da vivere (sarebbe morto di lì a poco a meno di 40 anni), si ritirò verso l'uscita e chiese di essere tirato fuori.
Una volta tutti fuori, mentre si battevano con le mani sulle braccia sulle gambe e sul busto, per far cadere la polvere che si era depositata sui loro abiti, videro una piccola folla che si era radunata nei pressi dell'entrata della voragine ed erano curiosi di sapere cosa avevano visto e perché ad un tratto era successo tutta quella confusione. Fu detto loro della immagine oscena di Nerone e poco altro. Due vollero scendere a constatare di persona.
Quando uscirono, un'ora dopo, il gruppo si era diradato. A chi chiese, fu risposto che non c'era nessuna figura di Nerone col membro eretto, la parete in fondo alla sala era completamente crollata e quella parte del sito era del tutto inaccessibile.
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