FARFUGLIARE

Parlare smozzicato, mangiandosi le parole, fra sé e sé, a bassa voce, tra le labbra e i denti, a rischio di o proprio per non essere capito, l'esatto contrario del parlare a voce alta, chiara, scandendo le sillabe, in modo da essere compreso senza possibilità di equivoci.

Lecca-lecca, 2012


In un immaginario libro di etimologie fantastiche, io vedo il farfugliare come il balbettare dei bimbi, che cercano di farsi capire in modo tutto loro e farei derivare la parola dal verbo latino "fari", che vuol dire "parlare", con l'aggiunta di quel "fugliare" che rappresenterebbe il livello di fantasia immaginifica del bambino che ha bisogno di esprimersi compiutamente e non ha ancora i mezzi per farlo. Ma così non è. Le fonti non fanno cenno al "fari" e parlano invece di etimo incerto, forse derivante dallo spagnolo "farfular", di origine onomatopeica. Peccato, questa dipendenza da una lingua neolatina come la nostra, per un risultato così esiguo.

Il "fari" è invece ben presente nella struttura di un'altra parola che a me piace molto, "ineffabile", che proviene da "in" con valore di "non" e "exfabilis", che vuol dire "dicibile", composto da "ex", che significa "fuori" e "fari", dire e dà l'idea di una cosa tanto grande o eccelsa, che non si riesce a dirla a parole. Ineffabile è una parola molto luminosa, aperta verso l'infinito (l'ineffabile profondità della mente divina), con un risvolto semantico che va oltre il non potersi dire, nel senso che non si trovano le parole, ma più ancora, che non si capisce fino in fondo l'oggetto della nostra osservazione, che contiene qualcosa di enigmatico, che non si può spiegare; è il caso del sorriso ineffabile della Gioconda, di Leonardo o quello altrettanto misterioso dell'ignoto marinaio del pittore siciliano Antonello da Messina.

Farfugliare sinonimo di bofonchiare. Che differenza di suono, ragazzi! Dove nel primo si intravedono farfalline intorno alla bocca di un bambino, nel secondo si sentono brontolii di bronchi asmatici. Il farfugliare dell'ebete, il bofonchiare dell'accidioso o dell'iracondo, il borbottare dell'ipocrita, del vile, del miserabile, dell'insoddisfatto. Più interessante l'assonanza con "farfanteria", che inaspettatamente introduce un elemento di torbida baldanza, cioè la menzogna, a cui spesso si abbandona spavaldamente o spudoratamente il furfante, per non dire del fanfarone che è uno sbruffone, bugiardo patologico. In questi casi si confondono l'atto dell'ingannare con le parole, con l'arte del parlare per ingannare.

A proposito del "percepire" e del "capire", permettetemi a questo punto una piccola divagazione in un campo non mio, che mi piace fare per civetteria, avendo da poco appreso che nel processo di apprendimento si distinguono due fasi: la prima è costituita da un "sistema di rappresentazione percettiva", che è installato nel nostro cervello, consistente nella capacità di conservare traccia di ciò che si apprende senza conoscerne il significato, mentre la seconda, che deve collaborare attivamente con la prima, è formata dalla c.d. "memoria semantica", che invece è il momento dell'acquisizione della conoscenza vera e propria.

Ma c'è anche il farfugliare che non è frutto di inganno o sintomo di mala fede, ma espressione reticente del bisognoso che non vuole umiliarsi, come è il modo di rivolgersi a noi, che abbiamo avuto la fortuna e non il merito di nascere nella metà "buona" del mondo, da parte degli sfortunati abitatori dell'altra metà di esso, dalla quale cercano di fuggire, chiedendo asilo nel nostro. Siamo di fronte al dramma dell'immigrazione. Milioni di persone che chiedono aiuto volendo conservare la propria dignità ed il loro modo di parlare può sembrare alle nostre orecchie sorde, un farfugliare che induce nel migliore dei casi ad un fastidio da parte dell'udente.

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