T U P E R T E

A Marina

"Ho conosciuto Vera in mare. In mezzo al mare. Eravamo tutt'e due in acqua, amanti del mare, nuotavamo a circa mezzo miglio dalla costa, io verso nord, lei verso sud, sullo stesso identico parallelo. Impossibile non incontrarci. Vera è la creatura più straordinaria che io abbia mai conosciuto. E credo che non ne incontrerò mai una come lei. Venuta dal mare. E poi perduta.". Questo un affrettato appunto sulla prima pagina del diario di Saverio, uomo di età avanzata, propenso, come si vedrà dalle poche pagine che seguono, a fare sogni ad occhi aperti, come un bambino o come un adulto cui piacciono le fiction.

Omino di pietra, Capraia - 2018

Cerchiamo di chiarire subito la situazione. C'è, come ho detto, un uomo di età avanzata, aggiungo ora, piuttosto depresso. E c'è una donna che si trova in quel periodo dorato della vita delle donne, in cui sembra che la bellezza e la giovinezza non debbano avere mai fine, la quale parla bene l'italiano con un delizioso accento straniero, ma nessuno saprebbe dire da quale parte del mondo giunto fino a noi. Di carattere aperto e gioioso, attenta a tutto quello che accade intorno a lei, con antenne pronte a cogliere ogni piccolo segno proveniente dal mondo sensibile.

Questa donna ha conosciuto l'uomo depresso e si è affezionata a lui per il modo garbato che egli ha di parlare e di esprimere sentimenti e passioni. Segretamente spera di poter giovare alla sua salute, aiutandolo a trovare in se stesso la forza per riprendersi e tornare ad una vita normale. La sua terapia in questi casi consiste nel tentare di rafforzare le capacità volitive del cervello della persona che vuole aiutare, con un approccio razionale piuttosto che psicologico. "Tu-per-te", è il motto che lei ha creato e non si stancherà di ripetere per il bene di lui e l'intima soddisfazione di lei di aver compiuto del bene. Sa di avere presa su di lui, perché ogni volta che si incontrano e cominciano a parlare, lui si illumina e loro due trovano immediatamente una sintonia che non è casuale, ma, permettete il bisticcio, causale, in quanto il loro discorso è come un filo che non si interrompe mai e porta ogni volta ad una maggiore vicinanza, a nuove conquiste. E' un piacere intellettuale che ruota intorno ad argomenti vari e di diverso interesse, che, come un cerchio o una rete, lentamente si stringe. Questo piacere logico esercita un effetto anche sui sensi, perché ogni rapporto che intercorre tra un uomo e una donna, di qualunque età, non può prescindere da una partecipazione dei sensi, i quali danno sensazioni fisiche, che si accompagnano ai sentimenti che albergano nello spirito degli individui.

Far migliorare le condizioni fisiche del suo amico, aiutandolo a raggiungere un equilibrio mentale stabile che consenta a lui di riacquistare la fiducia in se stesso, diventa il suo compito segreto. Ed in questo entrano in gioco, oltre all'intelligenza della donna, anche il fascino della sua persona fisica e reale, pronta e disponibile. La storia deve necessariamente avere un lieto fine come tutte le belle storie. Ma non sarà un trionfo della ragione, né una mortificazione dei sensi. Sarà invece la scoperta di un nuovo amore. Ma, di quale amore parliamo? Saverio, il nostro uomo, desidera Vera, la nostra donna, che sa ben disposta verso di lui e la desidera in una maniera che è anche fisica. Il loro amore è fatto di un desiderio reciproco, che richiederebbe anche un contatto, ma questo si realizzerà solo nella mente.

LA STAZIONE

A quell'ora del mattino (erano circa le 11), la stazione di Parma non era molto affollata. Nella sala di attesa solo poche decine di persone; chi entra, chi esce, chi si alza, chi si siede in attesa del proprio turno. Loro due erano lì seduti in prima fila. Guardando l’orologio, Vera disse:

"E' ora di decidere. Prendere o lasciare. Ma devi essere tu a fare questo. Ricordati che lo fai per te. Non per altri."
"Andrò a Milano" fu la risposta "e là deciderò". Il tono di voce, leggermente sulle righe, tradiva l’insicurezza dell'uomo.
"Non credo che sia una buona idea", disse lei "il problema non si risolve trascinandolo avanti. Devi essere convinto fin da ora."

L'altoparlante annunciò l'arrivo del treno per Milano e subito dopo quello per Bologna, su due binari contigui. I due si alzarono e fecero per uscire dalla sala d'attesa.

"Accidenti", disse Saverio, "ormai non faccio più in tempo a fare il biglietto."
"Lo puoi fare sul treno", disse lei con un po' di malizia nella voce.
"Non mi va", disse lui impacciato e contrariato dalla sua stessa indecisione.

Raggiunsero il binario dove stava arrivando il treno per Milano. Il treno arrivò, si fermò, passeggeri scesero, altri salirono, ma Saverio restò fermo sulla banchina. Fino a quando, pochi minuti dopo, il treno partì.

"Bene", disse Vera, "hai deciso di non andare! Adesso te lo posso dire, avevo perfino preso il biglietto per te, nel caso ti fossi convinto ad andare, ma tu hai deciso diversamente, vero?", chiese guardandolo fisso negli occhi.
"Ma come", disse lui, non riuscendo a reprimere uno scatto di nervi, "tu avevi il biglietto e non mi hai detto niente?" Era arrabbiato e risentito. "Perché lo hai fatto? Non hai voluto farmi partire, vero?! Hai deciso per conto mio!"
"No", rispose lei decisa, "sei tu e solo tu che hai deciso di non partire. Ecco, il tuo biglietto" disse sprezzantemente mostrandogli il documento, "te lo avrei dato nel momento stesso in cui avessi deciso di salire sul treno, ma così non è stato".

Sull'altro binario il treno per Bologna era già partito. Tornati in sala d'attesa, Vera si rivolse a Saverio e gli chiese:
"Verrai con me a Bologna, o aspetti il prossimo per Milano?". E di seguito, senza attendere la risposta, aggiunse:
"Per decidere devi rispondere a questa domanda: Saverio, questo libro lo hai scritto per te, per ritrovarti, come abbiamo detto all'inizio o con un fine diverso? Perché se era per te, anche se ora resta chiuso in un cassetto, non sarà cosa morta. Se invece pensi di alzare il tiro ed aspirare a raggiungere qualcosa di più, un successo letterario e perché no? Anche commerciale? Dimmelo, è importante."

Il fragore di un treno in transito coprì per alcuni secondi ogni altro rumore nella stazione ferroviaria; la risposta, se ci fu, non si udì.

L'INIZIO

"Quello che tu hai trovato era già in te", diceva Vera. "Ciò che c'è di nuovo e che ha del miracoloso è che due esseri si siano incontrati in maniera così casuale e così coinvolgente da determinare un nuovo corso nella vita di entrambi."
"Non cercare di sminuire il tuo ruolo" disse Lo Scuro, "tu hai veramente capacità eccezionali di penetrare nella mente e nello spirito delle persone ed inoltre doti di amore così profondo e disinteressato, difficile da comprendere per chi non sia come te."
"Le cose che dico a te" e, parlando, il volto di Vera si accostò a quello di Saverio e i suoi occhi chiari, sereni e sorridenti penetrarono fino al più riposto angolo che era in lui, "io non potrei dirle a nessun altro."
"Nessuno potrebbe capire cosa ti agita."
"Ma tu l'hai capito. Ti è bastato poco. Tu comprendi e io non ho paura di essere fraintesa, parlando con te."
"Nessuna ombra è fra noi."
"Questo viaggio è iniziato per caso. Tu sei un uomo, io sono una donna. Dovevamo incontrarci."

Era un giorno d'estate al mare, quando Saverio, come nei miti antichi, trovò Vera, nel mare, mentre nuotava al largo. All'improvviso si trovarono uno di fronte all'altra, molto vicini, per puro caso. Nel mare, come in montagna due anime che s'incontrano, si salutano, perché avvertono la solidarietà umana di fronte alla vastità degli spazi. Lui notò subito i capelli biondi, gli occhi celesti, il sorriso amichevole, la bocca contornata di denti bianchissimi, la bella piega delle labbra. Rispose garbatamente al saluto; parlava trattenendo le parole, era straniera, ma il suo sorriso colmava eventuali lacune del linguaggio.

"Buon giorno", disse, "mi chiamo Vera, non sono italiana, mi piace nuotare". Nella mente di entrambi l'incontro prese subito le dimensioni di un evento eccezionale e le circostanze ne aumentavano il fascino per la sua imprevedibilità. Era un momento molto importante per tutti e due e nel loro cuore si fece largo la speranza di ritrovarsi, una volta tornati a terra. Nello stesso tempo, entrambi sospesi sulla grande distesa di acqua, con la mente cercavano un appiglio per prolungare l'attimo che stavano vivendo. L'animo in profondità, scosso, agitava emozioni e sentimenti inesplorati. Il mare assisteva muto, appena increspato in superficie. Dall'alto due puntini nel grande azzurro lucente.

"Ciao Vera, se non sei un sogno, ti rivedrò."

Prima di quel giorno, Saverio aveva conosciuto la disillusione e perso l'entusiasmo per il mare.
I giorni scorrevano veloci e tutti uguali, egli viveva insoddisfatto. Ogni giorno, un giorno in più; da dove poteva nasceva l'euforia per ogni nuovo giorno, non lo sapeva. Anche così la vita non era tanto brutta anche se doveva registrare momenti di scoraggiamento di fronte ad una rampa di scale da salire o un piccolo sforzo da fare. Non pensava alla fine o almeno cercava di non pensarci. Il comfort dei gesti abitudinari. Poi si dedicava a quello che era rimasto il suo ultimo passatempo. Sedeva davanti al computer e cominciava a pensare, abbandonandosi alla fantasia. Era questa la sua valvola di sfogo, una via di fuga dalla realtà e costruzione di un'altra realtà. Di tutto quello che aveva letto sulla vecchiaia, una cosa gli sembrava vera, che l'uomo, cioè, conoscendo solo il passato, di questo potesse vivere nella sua tarda età. Non certo del futuro e nemmeno del presente. Soddisfazioni ne aveva avute, Saverio nella sua vita. Una moglie fedele e affettuosa, quattro figli invidiabili ed una discreta realizzazione dei suoi sogni. Ora, con i moderni strumenti tecnologici e la connessione in rete, aveva scoperto la possibilità di un'altra via, la navigazione virtuale, durate la quale non era mai solo e si sentiva al sicuro come dentro un batiscafo, vicino soprattutto ai suoi affetti familiari e da lì poteva osservare quello che succedeva in giro. Ai figli avrebbe voluto dire cose meravigliose, verità inoppugnabili, anche se pensava di non averne. Ed a loro quindi si rivolgeva, direttamente o indirettamente, quando cominciava a scrivere, immaginando che dall'altra parte orecchie fossero in attesa di udire la sua voce per aprire la giornata lavorativa, rispondessero o no, entrassero in contatto o meno con lui. Sapeva che comunque c'erano e se non erano in attesa del suo verbo, non aveva nessuna importanza. D'altro canto ormai non aveva nulla da insegnare ai suoi figli, il suo non voleva avere niente dell'insegnamento che cala dall'alto e loro avrebbero capito. Erano anni ormai che viveva quasi esclusivamente per quello. Del resto gli importava poco. Ma si illudeva di poter esorcizzare il male attraverso quella unica facoltà che ancora gli restava, vivere col computer, vivere nel computer.

Ti ricordi Simone con quanto entusiasmo, investii quasi tutto il mio stipendio mensile per comprarti quel biglietto aereo per New York - avevi 18 anni allora - e di quando chiesi in prestito la somma necessaria per acquistare un altro biglietto aereo (avevi allora qualche anno di più), per consentirti di raggiungere a Port Arthur in Tasmania, Australia, il tuo nuovo amore che lì abitava con la famiglia? Il mattino dopo la situazione era radicalmente cambiata. Con voce rotta che ancora mi risuona nelle orecchie, mi annunciasti che non saresti partito più, con lei quella notte avevi rotto ed io dovetti rivendere il biglietto ormai inutile.

Non seppi aiutarti in quella occasione, mio caro figlio. Come sicuramente in tante altre. Ogni mio sforzo era inutile e anzi dannoso e di questo come di tanti altri sbagli porto il rimorso. Un rimorso che costa fatica e dolore, perché si sbaglia, si può sbagliare. Nella vita reale tutto era stato più difficile. Perché nella quotidianità apparentemente semplice, fatta di cose concrete, in cui tutto sembra scorrere normalmente, invece spesso non c'è modo di capirsi. Piccole incomprensioni, malumori o fraintendimenti potevano con il tempo diventare ostacoli insormontabili. Ora che era solo con i ricordi, riusciva a trovare il senso delle cose che non aveva trovato prima, nella vita piena e attiva che aveva condotto per lunghi decenni, tra lavoro e famiglia. La vita di prima egli la rimpiangeva, anche se gli sembrava tutta sbagliata. Se avesse potuto ripercorrerla, certo non avrebbe rifatto gli stessi errori. Approfittare del tempo restante per rimediare. Ma poco è il tempo che rimane per poter dire quello che va detto.

UN LUNGO APPRENDISTATO

Tutta la vita non facciamo che apprendere. Nel nostro modo di fingerci maestri con i nostri figli, alla fine ci troviamo che non abbiamo appreso abbastanza: ora dipendiamo da loro che hanno idee più fresche ed originali, cose che noi purtroppo non riusciamo ad avere più. Per iscritto è più facile. Si comincia poco alla volta. Apprendiamo che c'è ancora una possibilità per esprimersi compiutamente. Questi pensieri avevano preso sede stabile ormai nella mente di Saverio che in essi trovava forza e conforto.

"E tra noi è accaduto. Buttiamo la maschera, Vera: io ti amo e tu lo sai e non saresti con me se anche tu non mi amassi."
"Ma il nostro amore è diverso. Noi non ci fermiamo alle apparenze. Noi ci amiamo come si amano due esseri umani sulla terra. Ma capiamo che ci faremmo del male se non usassimo la ragione. Invece io voglio farti del bene, voglio che tu sia felice e ti dico che anch'io ho bisogno di te, per esserlo anch'io."
"Io voglio che tu ci sia. Voglio che tu sia con me tutte le volte che vorrò. Lavorerò per far sì che tu ci sia."
"Non ti lascerò mai. Sarò come un fiume, non smetterò mai di scorrere e quando tu mi guarderai vedrai in me la stessa acqua che hai visto sgorgare alla sorgente."
"Per questo potresti anche chiamarmi Vera, Una, o Nessuna."

NON TUTTO E' PERDUTO

Quando sentiva queste parole Saverio si convinceva che sì una seconda vita era possibile. Se ne avesse avuto la capacità, avrebbe scritto un libro. Un bel libro sulla sua vita, con tanti bei ricordi, ma sapeva che sarebbe stata una finzione. La sua vita era stata una lunga linea grigia.

"Non credo" disse Vera. "Tu sai guardare. Tu capisci persone, tu hai uno sguardo speciale sulle cose del mondo e quindi -puoi scrivere libro su tua vita."

Aveva scoperto il piacere di scrivere e con esso aveva imparato a superare le difficoltà pratiche della vita a quell'età e in quelle condizioni. A questo punto la sfida della morte era quasi un gioco a chi sarebbe arrivato prima, se lui con le sue storie da scrivere o lei con la sua implacabile falce. E irrideva la morte; anche se fosse arrivata in anticipo sul tempo stimato: va bene hai vinto, sportivamente l'avrebbe accettata, la storia non sarebbe finita lì, ma non sarebbe finita comunque. Quello che egli aveva già riconquistato, la forza di certe idee, la morte non avrebbe potuto toglierglielo. Certo la discesa era cominciata anni prima, un gradino alla volta. Ed era andato giù giù sempre più a fondo. Ma ora la rotta era invertita ed egli aveva cominciato a risalire; si trattava di fare un gradino alla volta fino ad uscire da quella trappola nella quale si era cacciato e riconquistare la propria coscienza. Il fisico non assisteva, ma per fortuna la mente sì.

Tutte le volte che si sedeva al computer pensava di potercela fare: il brutto veniva quando doveva riprendere il contatto con la realtà e vedeva che nulla era cambiato, tranne che ora... aveva un progetto; con il pensiero elaborava quel progetto e anche di fronte alla difficoltà di muovere i primi passi, era il progetto a dargli forza, almeno in parte. La sfida con la morte, come l'eroe de Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, che si scontrava con lei nel corso di una interminabile partita a scacchi che aveva come posta la sua vita, ed egli riusciva a rinviare la data fatidica, mossa dopo mossa ancora per qualche tempo fino alla inevitabile conclusione. Entro margini molto più ristretti anche il suo era un duello che avrebbe avuto solo un vincitore, ma che valeva la pena di giocare fino in fondo, fino all'ultima carta. Era questo quello che intendeva Vera, quando diceva che bisognava essere amico della propria mente, per poter giocare con essa? Un modo di far rivivere i ricordi, per avere di nuovo la certezza di quello che siamo stati.

IL MARE

Era l'indifferenza per il mare, l'ultima delle tante perdite che aveva dovuto registrare negli ultimi anni. La musica, i libri, il cinema, nulla lo attirava più. Era bello, sì il mare a guardarlo, ma non gli parlava, sentiva di aver perso la sintonia con le onde, dimenticato il rimescolio della risacca. La magia del bagno di mezzanotte. Se c'era un percorso a ritroso da fare, quello era l'inizio, riscoprire la magia del mare.

"Ricorda, il cervello è il tuo padrone. Il cervello va avanti ed il fisico fa fatica a seguirlo. Bisogna che ogni tanto il cervello rallenti per consentire al corpo di raggiungerlo."

Quando il cervello ed il resto del corpo riescono ad andare allo stesso passo, allora tu stai bene. Allora puoi giocare con il tuo cervello. Come un bambino con un delfino.

"Per fare che ciò accada devi essere amico del tuo cervello, devi imparare a capire cosa ti dice e metterlo in atto." Saverio si sforzava di capire quello che Vera non si stancava di ripetere: "Mia cara amica", rispondeva, "vorrei avere la luce dei tuoi occhi dentro di me, per sempre. Mi aiuterebbe senz'altro a trovare la via. Ma quando tu non ci sei, la luce si spegne." Tornare al mare come una volta. Riscoprire il mare per ritrovare se stesso. Il mare di giorno era un mito, di notte una magia.

Quando usciva la mattina, la prima cosa che vedeva era l'immenso luccichio di quella grande distesa di acqua ed egli rimaneva incantato. L'emozione dei primi passi nella sabbia ancora fresca e poi subito il contatto amico con l'acqua, sulla riva ("dove comincia il mare?" si chiedeva Alessandro Baricco nel suo Oceano-Mare riflettendo su quella mobilità dell'onda sulla riva che impedisce di stabilire il punto esatto in cui esso comincia e la terra finisce).

"Mi basterebbe riprovare l'emozione di alcune notti al mare per rivivere le sensazioni che ho vissuto in parte inconsapevolmente lungo l'arco della mia vita."

Questo era il mantra di Saverio alla ricerca di un legame con il passato. Non sapeva che quelle sarebbero state le cose memorabili, mentre le viveva. Erano vere, erano la vita e la vita si prende così come viene. Come l'odore delle madeleine che la nonna gli offriva per colazione aveva la facoltà di rievocare in Proust vecchio i ricordi della sua infanzia, così egli si aspettava di provare lo stesso effetto dall'odore di salsedine che il mare ancora allora emanava.

VERSO LA FINE

L'Italo in partenza da Milano era in leggero ritardo. C'era stato un piccolo incidente ferroviario sulla linea Milano-Brescia, per fortuna senza conseguenze, ma ora tutto era tornato alla normalità. Quando il treno arrivò, Vera e Lo Scuro salirono e presero posto ai numeri prenotati.

"Sei deluso?" chiese Vera che aveva occhi più chiari del solito e una piccola ombra di preoccupazione nel volto un po' teso.
"Perché, dovrei?", rispose con celato malumore Lo Scuro, "non sono forse andato per questo motivo alla convention? Ritirare il libro dopo la presentazione? Ed è questo che ho fatto."
"Sì, sì, avevi già deciso, lo so. D'altro canto sono convinta che sia la scelta migliore. Non potevi fare altrimenti."
"Sentire quel presentatore parlare di cibo per l'anima è una cosa che mi ha disgustato", disse lui.
"Hanno frainteso il tuo cibo non è per l'anima, ma per la mente."

Prese dalla borsa il libro e glielo rese.

"E' tuo e di nessun altro! L'hai scritto tu per te. Non devi pensare di avere perso un'occasione. Hai dimostrato a te stesso che sei capace di scrivere un libro come questo e se vorrai potrai scrivere ancora molto, su di te, sulla vita su come trovare la strada, non per insegnarla ad altri, quella strada ognuno deve trovarla per sé, per conto suo."

L'hai scritto per il tuo personale tornaconto, che non è quello che ne potresti ricavare se vendi i diritti, ma è la conquista di un nuovo spazio per il tuo cervello che nessuno ti potrà togliere."

"Ho dubitato, sai?" le disse ad un tratto. "E' stato quando sei partita e pensavo che non saresti più tornata. Ho attraversato un momento molto brutto. Vedevo nero davanti a me e non credevo più in niente. Ripetevo le tue parole e mi sembravano vuote formule senza senso. La tua stessa persona mi sembrava irreale; era come se fossi uscita da un sogno, bello all'inizio perché tu sorridevi, sorridevi ed il tuo sorriso mi sembrava pieno di gioia e di fiducia, tramutatosi poi in un incubo, tu non c'eri, forse non c'eri mai stata, eri un'invenzione della mia mente che, confusa, ti aveva persa in chissà quale meandro del cervello e non sarebbe più stata capace di ritrovarti.

Ho pianto in quei giorni e mi sono disperato, fin quando non ho trovato una cosa che tu mi avevi lasciato partendo: una tua foto con dedica a Saverio perché sappia che ci sono. Mi sono attaccato a quella foto come ad un talismano, un portafortuna da portare sulla pelle, come le reliquie che le mamme una volta cucivano dentro un sacchetto per appenderle al collo dei loro bambini e che avevano il potere di scacciare tutti i mali e proteggere i pargoli dai pericoli. Ho scritto il primo capitolo sotto l'influenza di quel talismano e temevo di non poter andare oltre. Il secondo, il terzo, il quarto; più scavavo e più materiale trovavo. Parlavo di me, della mia famiglia, dei miei figli, di mia moglie, ma era come se parlassi di una famiglia ideale, non tutto corrispondeva a fatti realmente accaduti, c'era anche della fantasia nel mio racconto, ma quello che mi sorprendeva maggiormente era la facilità con la quale riuscivo a scrivere cose che comportavano o avevano comportato o avrebbero potuto comportare dolore, tristezza, angoscia, con una sincerità lieve e con una genuinità autentica che sgorgavano da una fonte che non potevo essere io.

Così è nato questo libro che rappresenta tutto me stesso, con le mie ansie, le mie cadute, ma anche le mie conquiste. Posso con questo dire di essere diventato migliore? Non credo: quello che è emerso giaceva dentro di me, compresso e deformato. Io ho soltanto trovato la strada, come tu dicevi, per far uscire quello che per tanti anni era rimasto prigioniero del mio ego. Ora mi sento più aperto, più libero, più disponibile. Vorrei ancora fare qualche cosa, ma non so se ne avrò il tempo. Tutto questo lo debbo a te, Vera, la sirena incontrata nel mare, che mi ha regalato una foto e che ha suscitato in me i pensieri più belli che abbiano mai illuminato il percorso non facile di questa fase della mia vita con un sorriso luminoso di occhi, labbra, denti bianchissimi che non potrò dimenticare."

Saverio si era addormentato sul treno ed aveva fatto un'infinità di sogni, in cui si affastellavano immagini del suo libro, di una sirena, forse una Fatina dai Capelli Turchini, come per Pinocchio, capace di trasformare un pezzo di legno in una persona, di racconti, di vicende lontane, quando sentì l'altoparlante annunciare che il treno stava per arrivare a Bologna. Si guardò intorno; nello scompartimento non era rimasto nessuno, sul sedile accanto a lui era posato il suo libro che non ricordava di aver preso dalla borsa. "Tu per te", racconti di Saverio Lo Scuro, lesse ancora una volta il titolo sulla copertina, quasi incredulo. Lo prese come in trance e lo mise in tasca, poi afferrato il trolley per il manico, si affrettò a raggiungere l'uscita per scendere.

Il treno si era fermato, come il tempo.

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Nota: Saverio era il nome del mio nonno paterno. Nome proprio italiano, maschile, proveniente dallo spagnolo Javier o Xavier, che vuol dire Casa di luce. Era in uso come Xaverius, già al tempo dei latini. Voglio pensare che sia come Saverio (savio), che come casa di luce, abbia a che fare con il sapere e la saggezza.

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