LITURGIA PER NON CREDENTI

La Pasqua è una festività religiosa. Ma è anche una festività per i laici che, beneficiando comunque delle "feriae" pasquali, condividono, almeno in parte, qualcosa con i credenti. Per i cristiani è la festa della Resurrezione di Cristo e, metaforicamente, della rinascita di ognuno dei fedeli, che nel simbolo della resurrezione trovano il motivo di un rinnovamento generale dell'esistenza.

F. Di Eugenio, Olio su tela

Per i non credenti è la festa della Primavera, che è il trionfo del risveglio della natura e, metaforicamente, la riscoperta della propria interiorità e della parte migliore di se stesso. Per tutti, quindi, un passaggio da un periodo di oscurità e di chiusura, ad un altro di luce e rinnovamento. Trascrivo un post dello scorso anno sul tema 

DELLE LITURGIE PASQUALI

Proprio perché non abbiamo la fede, caro Lucio - e non "nonostante" come dici tu - per noi vi è una difficoltà ad apprezzare i benefici della liturgia ecclesiastica che nel periodo pasquale è particolarmente ricca di segni e di significati. Non si tratta di vuota esteriorità, ma della rappresentazione dei momenti più salienti della passione di Gesù in quanto uomo, non ancora del Cristo, "l'unto del Signore" e, se permetti, a questo possiamo partecipare senza tema di contraddirci.

C'è poi nel misto di religiosità e di superstizione tipico della nostra gente, qualcosa di commovente in sé, come fenomeno collettivo di compassione, al quale è bello partecipare, che si abbia la fede oppure no. Io per esempio, assistendo alla processione del venerdì, in mezzo alla folla, una folla diversa, non la solita, apatica ed indifferente che affolla spesso le chiese domenicali, non posso non commuovermi, nel vedere tanta partecipazione sincera di popolo al dolore di una madre che ha visto il proprio figlio martoriato sulla croce e che ora ne insegue il feretro che sembra fuggirle davanti trasportato dai necrofori incappucciati. C'è qualcosa di ancestrale che risveglia la nostalgia dell'innocenza perduta e ci riporta a quando eravamo bambini, attoniti davanti ad avvenimenti più grandi di noi . Ma ci affidavamo alla compunzione dei grandi che ci dava conforto e noi partecipavamo con loro al mistero. Il discorso della montagna o delle beatitudini è senza dubbio un vertice dell'insegnamento di Gesù e prefigura un mondo dove finalmente tutti quelli che non hanno avuto nulla nella vita avranno tutto e potranno finalmente godere di ogni cosa e sebbene questo nuovo mondo non sia quello terreno, ma un supposto regno dei cieli, in cui gli ultimi saranno i primi, non si può negare che il risvolto positivo di tutto quanto sia anche politico, perché si ammette che un risarcimento debba esservi per i diseredati di tutto il mondo.

Ecco allora che questo discorso utopistico si fa rivoluzionario, fatto non per consolare gli animi degli uomini afflitti, ma per modificare le cose di questo mondo che non vanno bene, nel senso di rovesciare tutto e portare un sovvertimento totale che nessun partito politico aveva fino ad allora propugnato. Ed in seguito non si è mai verificato. E' il motivo per cui il popolo manipolato come sempre dai potenti e dai manipolatori delle coscienze (abbienti e sacerdoti), di fronte alla proposta di Pilato di liberare Gesù o Barabba, preferisce salvare Barabba, un brigante come tanti e condannare Gesù, il pericoloso ideologo, visionario che voleva sovvertire il mondo, dando a ciascuno il giusto ed abolendo i privilegi.

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