LABIRINTI
Cè un posto dove si va per trovare beatitudine. E' un posto fantastico, sembra piccolo, ma è tanto grande. Una volta entrati, è difficile uscire, perchè ci si perde nei meandri, ma non si soffre di alcuna mancanza. Anzi, sembra che il piacere aumenti mano a mano che ci si addentra in questo spazio misterioso.
E' una specie di ritrovo che apre presto al mattino, o forse non chiude mai. Fin dalle prime ore, c'è l'aroma inconfondibile del caffè che si spande e si mescola all'odore di pasticceria alla crema. All'ingresso non c'è un vero bar, ma soltanto un cucinino dove la macchina è sempre sotto pressione e chiunque ne ha voglia, si serve da solo. Caffè lungo, caffè ristretto, un bricco per versare, tazze grandi, all'americana. Ognuno prende la sua e si sceglie un tavolo.
Io ci trovo sempre un uomo di mezza età, radi capelli grigi arruffati, un mozzicone di sigaro spento nel posacenere che emana un odore un po' greve, maniche di camicia arrotolate sugli avambracci e occhiali; ha davanti un giornale aperto alle pagine interne, con a fianco la tazza, dalla quale ogni tanto sorbisce un sorso di liquido caldo, fumante. Di tra le tavole, tra i libri sparsi un po' dappertutto, spunta il musetto di un topolino, tutti dicono che si chiama Firmino, che con i suoi occhietti, osserva attentamente l'uomo e cerca di capirne il pensiero; è chiaro che è un abituè del luogo che per lui è un deposito di carta buona da mangiare, è da tempo che si nutre di parole stampate. Senza fare indigestione. Ma non è l'unico interessato ai libri. Ci sono altre figure che si aggirano tra gli scaffali e sembrano ombre. Qualcuno siede già ai tavoli, con parecchi libri davanti e sembrano tutti assorti in una specie di rapimento che fa di ogni uomo un'isola a sè, come in un mare grande dove ognuno pensa a se stesso. Solo ogni tanto, incrociando gli sguardi, un muto cenno di saluto.
C'è un grande vecchio che legge i libri con le mani. Sembra che sia cieco, argentino dicono, ed è come se si fosse smarrito in un Labirinto dove si agitano fantasmi stravaganti. Pensa a "Finzioni" di cose reali e "Aleph" immaginari. C'è un esule cileno con davanti un libro immenso: 2666, il titolo è incomprensibile, ma dentro c'è di tutto, almeno a detta di chi lo ha letto. E' attorniato da "detective dall'aspetto poco rassicurante che sembrano selvaggi" ed alcune donne di malaffare che dicono, siano delle Puttane Assassine. In un angolo un giovane americano dall'aria molto sofferente, la barba di alcuni giorni, una fascia sulla fronte ha un taccuino su cui sono più le note che aggiunge, che il testo che egli sta scrivendo. Non si sa se il meglio della sua produzione sia nei suoi sequel inesauribili, un unico racconto tra l'ironico-amaro e il grottesco reale di libri che narrano di "infinite gesta" e "re pallidi" (più di mille pagine ognuno), o nei suoi componimenti brevi, occasionali, addirittura commissionati, in cui ha riversato la sua vena più gioiosa, di quando il male oscuro lo lascia per un poco, ed allora le idee zampillano come "questa è l'acqua" e "l'esperienza di una cosa bella che non farà mai più", i racconti dell "Oblio", "La ragazza dai capelli Strani", ecc. Ma "la cosa brutta" avrà il sopravvento quando meno te lo aspetti.
Andando oltre, mi avvio lungo il corridoio che ha porte aperte da un lato e dall'altro, in cui è possibile vedere ogni tanto uno, due, che si sporgono lungo le scansie, a volte su alte scale, per prendere un libro in alto. Sui tavolini delle sale ad est, la luce del giorno risplende sui libri aperti, il primo sole riscalda come una Benedizione; le pagine, mosse dal vento leggero, che porta l'eco di un Canto della Pianura sottostate, mentre ad ovest, nelle stanze più buie, si respira l'aria di un Crepuscolo permanente. Incrocio un sessantino, come direbbe un caro amico siciliano, ormai novantenne, che al mio passaggio, si scosta di lato e mi saluta cortesemente. Ha l'aspetto di un abitante di una delle tante fattorie americane del mid west, che insegna al college e alleva cavalli. Nella fantastica contea di Holt, un piccolo mondo subliminale.
In una stanza, tutta sola, c'è una signora, dall'aspetto distinto, elegante, non più giovane, ma con i segni di un'antica bellezza e una grande nobiltà d'animo. Eppure ha sofferto diverse traversie. E' sempre immersa in una storia, nè lunga, nè breve, dove ogni volta si toccano le corde del sentimento, con un lama affilata che sa incidere dove è necessario espungere un dolore profondo, per esorcizzarlo. E' canadese, ma di origine irlandese. Rimpiange la Vista da Castel Rock e la Danza delle Ombre Felici. Sempre in mezzo alla gente, ma solo in definitiva, con la sua donna del momento, alticcio già a quest'ora, in cerca di una improbabile via di uscita da tutti i suoi guai, un uomo, ripensa a quella volta che dopo una festa, mentre si riposava con la moglie, parlando del più e del meno e scherzando su storie passate che ormai hanno perso importanza, poco alla volta venne a scoprire i particolari di un lontano tradimento che ancora gli brucia il cuore; ed allora: 'Vuoi star zitta per favore?'.
Ed il revisore che gli tagliava interi brani dai racconti e lui che doveva subirli perchè aveva bisogno di soldi. Il corridoio ad un tratto svolta a sinistra e si apre su una serie di altri corridoi che portano a diverse destinazioni. Giù in fondo, del fumo e vivide fiamme: un tale brucia libri. Sono suoi può farne quel che vuole. Ha perso la fiducia sulla loro utilità. Ma è un modo di tenerli sempre con sè, vivi nella memoria.
Avventurarsi su una delle diramazioni, non è prudente, almeno senza una guida. Sarebbe bello anche perdersi in questo dedalo dove si svolgono mille storie contemporaneamente e non hanno mai esito, ma io preferisco sostare in una piccola stanza, nascosta dietro l'angolo, tra pile di libri mai aperti, e cercare la compagnia di una persona alla quale voglio dedicare questo pensiero mattutino, un nottambulo, che non sarebbe improbabile, trovare da queste parti, al mattino, anzi al sorgere del sole, che ha passato la notte per strada, ma non è stanco. Egli sfoglia con mano leggera vari libri e medita sui casi della vita. E' il mio amico Alfredo; tra poco saranno sei mesi da quando non è più tra noi; diceva di non leggere più se non cose futili, ma in realtà era sempre aggiornato su tutto. Conosceva i libri, specie quelli alternativi, di un'altra cultura e conosceva gli uomini e le loro debolezze. Amava la cucina e il buon vino ed era amico di tutti i negozianti che gli davano garanzia di genuinità dei prodotti che cercava. Qui, tra questi scaffali reali e virtuali, lui, che conosceva il computer solo per fare giochi e solitari, starebbe proprio bene. Sono certo che , prima o poi, verrà; è qui che lo aspetto ed altri che vogliono godere della sua compagnia, possono aspettare insieme a me. Parleremo di tante cose.
Matera - 2011 |
E' una specie di ritrovo che apre presto al mattino, o forse non chiude mai. Fin dalle prime ore, c'è l'aroma inconfondibile del caffè che si spande e si mescola all'odore di pasticceria alla crema. All'ingresso non c'è un vero bar, ma soltanto un cucinino dove la macchina è sempre sotto pressione e chiunque ne ha voglia, si serve da solo. Caffè lungo, caffè ristretto, un bricco per versare, tazze grandi, all'americana. Ognuno prende la sua e si sceglie un tavolo.
Io ci trovo sempre un uomo di mezza età, radi capelli grigi arruffati, un mozzicone di sigaro spento nel posacenere che emana un odore un po' greve, maniche di camicia arrotolate sugli avambracci e occhiali; ha davanti un giornale aperto alle pagine interne, con a fianco la tazza, dalla quale ogni tanto sorbisce un sorso di liquido caldo, fumante. Di tra le tavole, tra i libri sparsi un po' dappertutto, spunta il musetto di un topolino, tutti dicono che si chiama Firmino, che con i suoi occhietti, osserva attentamente l'uomo e cerca di capirne il pensiero; è chiaro che è un abituè del luogo che per lui è un deposito di carta buona da mangiare, è da tempo che si nutre di parole stampate. Senza fare indigestione. Ma non è l'unico interessato ai libri. Ci sono altre figure che si aggirano tra gli scaffali e sembrano ombre. Qualcuno siede già ai tavoli, con parecchi libri davanti e sembrano tutti assorti in una specie di rapimento che fa di ogni uomo un'isola a sè, come in un mare grande dove ognuno pensa a se stesso. Solo ogni tanto, incrociando gli sguardi, un muto cenno di saluto.
C'è un grande vecchio che legge i libri con le mani. Sembra che sia cieco, argentino dicono, ed è come se si fosse smarrito in un Labirinto dove si agitano fantasmi stravaganti. Pensa a "Finzioni" di cose reali e "Aleph" immaginari. C'è un esule cileno con davanti un libro immenso: 2666, il titolo è incomprensibile, ma dentro c'è di tutto, almeno a detta di chi lo ha letto. E' attorniato da "detective dall'aspetto poco rassicurante che sembrano selvaggi" ed alcune donne di malaffare che dicono, siano delle Puttane Assassine. In un angolo un giovane americano dall'aria molto sofferente, la barba di alcuni giorni, una fascia sulla fronte ha un taccuino su cui sono più le note che aggiunge, che il testo che egli sta scrivendo. Non si sa se il meglio della sua produzione sia nei suoi sequel inesauribili, un unico racconto tra l'ironico-amaro e il grottesco reale di libri che narrano di "infinite gesta" e "re pallidi" (più di mille pagine ognuno), o nei suoi componimenti brevi, occasionali, addirittura commissionati, in cui ha riversato la sua vena più gioiosa, di quando il male oscuro lo lascia per un poco, ed allora le idee zampillano come "questa è l'acqua" e "l'esperienza di una cosa bella che non farà mai più", i racconti dell "Oblio", "La ragazza dai capelli Strani", ecc. Ma "la cosa brutta" avrà il sopravvento quando meno te lo aspetti.
Andando oltre, mi avvio lungo il corridoio che ha porte aperte da un lato e dall'altro, in cui è possibile vedere ogni tanto uno, due, che si sporgono lungo le scansie, a volte su alte scale, per prendere un libro in alto. Sui tavolini delle sale ad est, la luce del giorno risplende sui libri aperti, il primo sole riscalda come una Benedizione; le pagine, mosse dal vento leggero, che porta l'eco di un Canto della Pianura sottostate, mentre ad ovest, nelle stanze più buie, si respira l'aria di un Crepuscolo permanente. Incrocio un sessantino, come direbbe un caro amico siciliano, ormai novantenne, che al mio passaggio, si scosta di lato e mi saluta cortesemente. Ha l'aspetto di un abitante di una delle tante fattorie americane del mid west, che insegna al college e alleva cavalli. Nella fantastica contea di Holt, un piccolo mondo subliminale.
In una stanza, tutta sola, c'è una signora, dall'aspetto distinto, elegante, non più giovane, ma con i segni di un'antica bellezza e una grande nobiltà d'animo. Eppure ha sofferto diverse traversie. E' sempre immersa in una storia, nè lunga, nè breve, dove ogni volta si toccano le corde del sentimento, con un lama affilata che sa incidere dove è necessario espungere un dolore profondo, per esorcizzarlo. E' canadese, ma di origine irlandese. Rimpiange la Vista da Castel Rock e la Danza delle Ombre Felici. Sempre in mezzo alla gente, ma solo in definitiva, con la sua donna del momento, alticcio già a quest'ora, in cerca di una improbabile via di uscita da tutti i suoi guai, un uomo, ripensa a quella volta che dopo una festa, mentre si riposava con la moglie, parlando del più e del meno e scherzando su storie passate che ormai hanno perso importanza, poco alla volta venne a scoprire i particolari di un lontano tradimento che ancora gli brucia il cuore; ed allora: 'Vuoi star zitta per favore?'.
Ed il revisore che gli tagliava interi brani dai racconti e lui che doveva subirli perchè aveva bisogno di soldi. Il corridoio ad un tratto svolta a sinistra e si apre su una serie di altri corridoi che portano a diverse destinazioni. Giù in fondo, del fumo e vivide fiamme: un tale brucia libri. Sono suoi può farne quel che vuole. Ha perso la fiducia sulla loro utilità. Ma è un modo di tenerli sempre con sè, vivi nella memoria.
Avventurarsi su una delle diramazioni, non è prudente, almeno senza una guida. Sarebbe bello anche perdersi in questo dedalo dove si svolgono mille storie contemporaneamente e non hanno mai esito, ma io preferisco sostare in una piccola stanza, nascosta dietro l'angolo, tra pile di libri mai aperti, e cercare la compagnia di una persona alla quale voglio dedicare questo pensiero mattutino, un nottambulo, che non sarebbe improbabile, trovare da queste parti, al mattino, anzi al sorgere del sole, che ha passato la notte per strada, ma non è stanco. Egli sfoglia con mano leggera vari libri e medita sui casi della vita. E' il mio amico Alfredo; tra poco saranno sei mesi da quando non è più tra noi; diceva di non leggere più se non cose futili, ma in realtà era sempre aggiornato su tutto. Conosceva i libri, specie quelli alternativi, di un'altra cultura e conosceva gli uomini e le loro debolezze. Amava la cucina e il buon vino ed era amico di tutti i negozianti che gli davano garanzia di genuinità dei prodotti che cercava. Qui, tra questi scaffali reali e virtuali, lui, che conosceva il computer solo per fare giochi e solitari, starebbe proprio bene. Sono certo che , prima o poi, verrà; è qui che lo aspetto ed altri che vogliono godere della sua compagnia, possono aspettare insieme a me. Parleremo di tante cose.
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