INNOCENZA

"Siamo tutti assassini", recitava qualche decennio fa il titolo di un film del regista francese Andrè Cayatte, di denuncia contro la pena di morte, che, al di là del tema, sempre attuale, cito, per contrapposizione ad un ugualmente valido "siamo tutti innocenti", che a me preme in questo momento illustrare.

"Innocente", viene dal latino "in", "senza" e "nocens", "dannoso", quindi vuol dire, che non nuoce, non arreca danno. Noi più che al danno pensiamo alla colpa. Si è innocenti se si è esenti da colpa. L'eventuale danno è valutato a parte.

Lo stato di innocenza è innato nell'uomo. Alcune religioni e la cristiana in particolare, affermano invece che l'uomo nasce già con una colpa, quella del peccato originale, commesso dal nostro progenitore Adamo, trasgredendo al volere di Dio. Da questa colpa bisogna purificarsi, pena la dannazione dell'anima. Nel racconto biblico, la vera peccatrice è Eva che si lascia tentare dal serpente, mentre Adamo è un povero ingenuo che cede per dabbenaggine all'invito di Eva. Ma lasciamo perdere.

Ricordo una frase di un libro dell'autore inglese Somerset Maugham, intitolato "Pioggia", in cui si descrive la crisi di coscienza di un prete cattolico (credo), di fronte allo stato di innocenza delle popolazioni indigene della Polinesia, espressa con queste semplici parole (cito a memoria): "Ho impiegato tanto tempo a tentare di inculcare nell'animo di queste ingenue persone il concetto di colpa, ma non credo di esserci riuscito". Nel vedere quella forma di innocenza che caratterizza lo spirito di certe popolazioni che vivono felici, senza il concetto di colpa, il prete perde la fede e scompare insieme ad una prostituta.

San Galgano (SI) - 2017

Torniamo così alla teoria del "buon selvaggio" che ha appassionato gli illuministi del XVIII secolo(1). Un uomo nato libero e lasciato vivere nel suo ambiente, senza entrare in contatto con la civiltà, è una "tabula rasa", che sviluppa la capacità di sopravvivenza, nel suo interagire con l'ambiente che lo circonda, senza alcuna colpa. Come fa il leone, che quando sbrana un uomo, non ha alcuna colpa, perché non ha fatto altro che seguire il proprio istinto. Infatti il leone è feroce per sua natura, ma non crudele.

L'innocenza, qualificata bella, santa, beata è quella che solitamente si attribuisce ai bambini, nella fase in cui non hanno sviluppato il senso della malizia. Essi sono innocenti anche quando producono un danno, perché non conoscono ancora il mondo e le sue complicazioni. In questa fase, all'innocenza si aggiunge anche l'ingenuità, tipica di una mente non smaliziata. Ma sembra che anche al di fuori di questo ambito strettamente infantile, una certa dose di ingenuità possa riscontrarsi, almeno in determinati casi, anche nell'innocente, sebbene tra le due cose esista una netta differenza.

L'ingenuità è quella dell'inesperto, è la fiducia eccessiva negli altri, la sincerità che sfiora la semplicità. La parola viene dal latino "in", più "gignere" che vuol dire "io genero". Infatti nell'antica Roma, l'ingenuo era il nato libero, non il servo o lo schiavo. Dal facile pregiudizio che la lealtà sia più facile da trovarsi in un uomo libero che non in uno schiavo, per vulgata popolare sempre subdolo, la parola poi è passata a significare quello che intendiamo oggi.

Quel tanto di bontà con un piccolo risvolto negativo consistente nella facile credulità, per cui oggi, anche nell'innocente c'è chi vuole vedere doti di non particolare acutezza, per non dire che talvolta, all'innocenza possa abbinarsi una dose di dabbenaggine, magari nel suo senso più nobilitante, d'un misto di bontà non avveduta. Come quando uno dice, con commiserazione: "aveva uno sguardo pervaso da velata innocenza". Innocenza velata, nel senso di "portata da persona non troppo sveglia".

Tralascio di parlare dell'innocenza giudiziaria, che è quella che il giudice accerta nell'imputato assolto perché ritenuto esente da qualsiasi colpa.

(1) Riferimento a "Candido" di Voltaire e "L'Emilio" di Rosseau.

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